C’era una volta l’on. Peppone
Si offusca un altro pezzo di storia e di ricordi di un’Italia che non riesce a privarsi di scandali e intrallazzi strettamente connessi alla politica, si frantuma un’altra statua fortemente collegata alla nostra storia dell’immediato dopoguerra, quella di Bartali e Coppi, del Grande Torino, di Nella Colombo che canta In cerca di te, di Antonio Pallante che tenta di assassinare Palmiro Togliatti.
Quella era una nazione politicizzata e separata, da una parte i bianchi di Alcide De Gasperi e dall’altra i rossi del Migliore, un periodo un cui i valori, le bandiere e gli ideali contavano e parecchio pure.
Nel mentre gli italiani si rimboccavano le maniche per ricostruire un paese perdente e distrutto dagli odi interni e dalle bombe alleate, la sapiente penna del parmense Giovannino Guareschi portava sullo schermo gigante le vicende seriose e farsesche di un parroco della bassa padana emiliana e di un sindaco voglioso di approdare a Roma.
I racconti del giornalista-scrittore, il più tradotto in assoluto, sono ambientati a Brescello, cittadina reggiana con cinquemila anime, poco più poco meno.
Da quelle parti lo scomparso Pci ha retto l’amministrazione locale sin dalle prime consultazioni repubblicane, al defunto falce e martello è subentrato prima il Ds e successivamente il Pd.
Nel 1982 in soggiorno obbligato arriva a Brescello il giovane Francesco Grande Aracri, soprannominato mano di gomma (manuzza), proveniente da Cutro, Crotone, ufficialmente come bidello. Da molti don Ciccio è ritenuto al vertice della cosca di Cutro.
Nel 1999 il leghista Mario Borghezio durante un comizio denuncia le infiltrazioni della ‘ndrangheta nel territorio brescellese.
Sindaco di Brescello dal 12 maggio 1985 risulta eletto l’avvocato Ermes Coffrini.
Il 22 ottobre 1992 a Brescello la cronaca registra un omicidio mafioso, Giuseppe Ruggiero viene freddato da Angelo Salvatore Cortese durante un regolamento di conti tra famiglie malavitose. Per quell’omicidio il Cortese verrà assolto ma poi sarà lui stesso a confessare il reato.
Cortese è il primo collaboratore di giustizia della ‘ndrangheta.
Sino al 14 giugno 2004 Ermes Coffrini rimane sulla poltrona da primo cittadino, gli subentra Giuseppe Vezzani che resta in carica sino 26 maggio 2014, eletto in una lista civica e appoggiato dal Ds-Pd.
In un’intervista rilasciata nel 2003 il sindaco Coffrini a proposito di Ciccio Grande Aracri dichiara: “A noi non risulta nulla, qui si è sempre comportato bene, ha fatto anche dei lavori in casa mia e si è visto assegnare dei lavori dal Comune”.
Quello stesso anno un barista locale espone il cartello “Chiuso per mafia”, perché, racconta, qualche ben intenzionato si era presentato per chiedergli il pizzo e lui in risposta tira giù il bandone.
L’avvocato Ermes reagisce forte e gli revoca la licenza adducendo come motivazione la tutela del buon nome della cittadina che non può subire offese e insulti gratuiti e distanti dalla realtà, da quelle parti neppure si conosce il significato di organizzazioni criminali: “non risulta il radicamento nei nostri territori”, sostiene il sindaco.
Solo alcuni anni dopo si scoprirà che l’avvocato Coffrini aveva difeso alcuni componenti della famiglia Grande Aracri davanti al Tar di Catanzaro, dal 2002 al 2006. Così motiva la sua decisione ad un cronista della Gazzetta di Reggio “Se viene un signore e ha bisogno di un legale io non gli chiedo il certificato penale o attinenze con la sua moralità. Io tutelo un diritto particolare, altrimenti qui un avvocato non deve più difendere un eventuale mafioso, oppure un medico non deve curarlo?”.
Il filo logico non fa una grinza.
Seppure in presenza di siffatti episodi il Partito Democratico rimane in silenzio e in disparte.
Nel 2008 Ciccio Grande Aracri subisce una condanna per mafia e nel 2013 gli è inflitta la sorveglianza speciale. Nello stesso anno, l’8 novembre 2013, i carabinieri di Reggio Emilia sequestrano ad Aracri beni immobili per un valore complessivo di 3 milioni di euro. Trascorrono due settimane e questa volta gli ufficiali dell’Arma lo denunciano, insieme ad altre 4 persone, per concorso in occupazione di un terreno demaniale, visto che si era impossessato abusivamente di un terreno pubblico adibendolo a deposito di materiale edile proprio.
A guardare e ad ascoltare tutte queste letamate le statue di don Camillo e Peppone, poste nella piazza importante del paese, sussultano e inorridiscono.
Per gli inquirenti della Dda, Direzione Distrettuale Antimafia, di Bologna don Ciccio è considerato “un elemento di spicco della omonima cosca della ‘ndrangheta capeggiata dal fratello Nicolino”, così viene riportato in una sentenza passata in giudicato.
Nicola Gratteri, che in questi giorni è stato nominato capo della procura di Catanzaro dopo aver svolto per tanti anni il compito di aggiunto a Reggio Calabria, intervistato dal Corriere della Sera a proposito degli episodi di Brescello ha dichiarato che “ci sono amministratori che pur non essendo collusi non riescono a comprendere alcune dinamiche tipicamente mafiose. Bisogna capire che è un comportamento tipico del mafioso quello di mostrarsi gentile, garbato e affabulatore. Lo fa esclusivamente per radicarsi bene in una determinata realtà”.
Il 26 maggio 2014 la lista civica di sinistra Insieme per Brescello, appoggiata dal Pd, capeggiata da Marcello Coffrini vince le consultazioni amministrative ed il figlio di Ermes si insedia su quella poltrona che per quasi vent’anni l’aveva occupata il padre. Il 20 febbraio scorso dimissioni in blocco della giunta e dopo tre giorni si presenta il commissario.
Si giunge al 20 aprile ed il Consiglio dei Ministri delibera lo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose.
Chi ha intuito e denunciato lo stravolgimento socioeconomico di Brescello con largo anticipo è stata Catia Silva, segretaria sezionale della Lega Nord e responsabile regionale per la Giustizia, insieme al reggiano Gianluca Vinci, da dicembre 2015 segretario per l’Emilia.
Catia è una giovane signora con un figlio carabiniere mentre Gianluca esercita la professione di avvocato.
Le prime battaglie hanno avuto inizio nel 2009 allorquando Silva sulla stampa locale denuncia una realtà che tanti fingono di non vedere, è talmente insistente che alla fine un quintetto calabrese, guidato da un capobastone, l’avvicina e senza tante perifrasi le ingiunge di porre termine alle sue rimostranze se vuole proseguire a condurre una vita all’insegna della tranquillità. Si sentono talmente gagliardi e baldanzosi da pronunciare minacce anche nei confronti del figliolo, giovane carabiniere.
Minacce non di quelle che non hanno un seguito, sono minacce che si trasformano in atti concreti: diverse volte le gomme dell’auto sono punteruolate, spesso è pedinata, nella buca delle lettere trova proiettili nuovi di zecca, una notte entrano nel giardino di casa e bruciano le bandiere della Lega, in numerose circostanze viene affrontata nel centro del paese.
Ma Catia non arretra.
Si rivolge al Comando Provinciale dei carabinieri e spiattella la sua realtà, le sue impressioni, i suoi timori. Coraggio e senso civico. Mai nessuno prima di lei si era spinta così in avanti.
Dal Comando la indirizzano alla Dda di Bologna ove ascoltano, prendono nota e comprendono di non trovarsi di fronte ad una visionaria. Al suo fianco si schiera tutta la Lega emiliana e qualcuno trasforma Brescello in Cutrello vista la folta presenza di calabresi di Cutro nella cittadina narrataci da Giovannino Guareschi.
Ovviamente il commissariamento del Palazzo di Città è un bel successo anche per Gianluca Vinci che è convinto della ramificazione della ‘ndrangheta pure nella provincia di Modena, Parma, Mantova e Piacenza.
Nella lunga chiacchierata telefonica che ho fatto con lui mi ha spiegato il motivo per cui cova un tenue ottimismo: “ho una fondata fiducia nell’Arma e nei suoi uomini i quali hanno dimostrato di essere capaci, preparati ed intenzionati ad agire; l’altro punto che mi fa ben sperare è la crisi edilizia che il nostro territorio sta attraversando. Tutti sappiamo che gran parte dei proventi della malavita finiscono nel mattone, che qui da noi si è sviluppato in maniera distorta e selvaggia, costruendo appartamenti obbrobriosi e qualitativamente scadenti. Nel contempo stiamo monitorando il settore dei locali pubblici tipo bar, ristoranti, pizzerie, pub, discoteche come pure la gestione delle slot machine e i comprooro, siamo più che certi che in questi ambienti esiste un giro vertiginoso di euro dove è facile investire e camuffare i proventi derivanti dalle operazioni di mafia”.
Per intanto il consiglio comunale da oltre due mesi è stato sciolto con decreto del Presidente della Repubblica e si è insediato il commissario straordinario Michele Formiglio il quale deciderà la data delle prossime consultazioni amministrative.
Siamo nella terra di don Camillo e dell’on. Peppone, delle faide partigiane e delle rappresaglie post belliche, è una terra sulla quale la bandiera rossa ha sempre sventolato.
Nel frattempo Catia Silva è costretta a vivere un tantino blindata, a muoversi con cautela e a guardarsi intorno prima di fare un passo, spesso l’accompagnano baldi giovanotti con la cravatta verde. Non si sa mai.
Gianluca Vinci è ben consapevole che nonostante tutto ciò che è successo dovrà lottare ed impegnarsi con tutte le energie se vorrà vedere sulla prima poltrona di Brescello un suo candidato. È vero che in Emilia sette municipi sono nelle mani della Lega ma da quelle parti la pelle la vendono a caro prezzo.
Bruno Galante
Il Commissariamento di Brescello è un grande successo della Lega Nord, dopo anni di denunce da parte nostra ora ci viene riconosciuto anche dalla stampa nazionale, Catia Silva ormai rilascia interviste a tutto campo rendendo noti i particolari più forti, come il proclama fatto da una persona vicina al clan dal balcone del Municipio di Brescello la sera delle elezioni comunali 2009 con l’esclamazione: “Il Comune è nostro!”
Ma ora la nostra onda verde sta finalmente per ripulire tutta l’Emilia!