Chapeau alla Leggenda
Sono trascorsi otto decenni dall’altra epica impresa della Juventus che immortalò i ragazzi di Carlo Carcano dal campionato 1930-31 al 1934-35, a tutti noto come il Quinquennio d’Oro.
Giovanotti facenti parte della Leggenda nazionale e mondiale, gli indimenticabili Combi, Rosetta, Calligaris, i fratelli Varglien, Cesarini, Orsi, Bertolini, Ferrari, Munerati, Depetrini, Gabetto, i quali tra una partita e l’altra ebbero anche il tempo di vincere il primo Campionato del Mondo, all’epoca denominato Coppa del Mondo Jules Rimet, nel 1934 ed un paio di campionati europei.
Presidente del club era Edoardo Agnelli, il padre di Gianni e Umberto.
Pagine di storia calcistica e sociale scritta a caratteri cubitali e utilizzando un inchiostro indelebile. Trascorrono una ottantina d’anni e, adattando il pensiero filosofico del partenopeo Giambattista Vico, faccio mio il suo motto dei “corsi e ricorsi storici”, per constatare che cicli si ripetono.
In questo lasso di tempo, per coerenza e correttezza, è d’uopo rimembrare il quinquennio del Grande Torino dal 1942-43, saltando quello successivo per motivi bellici, al 1948-49.
Solo i granata sono riusciti ad emulare i bianconeri, ed alla pari di questi anche il club di Via Arcivescovado è zeppo di splendidi campioni a partire da Valentino Mazzola, Valerio Bacigalupo, Franco Ossola, Rigamonti, Loik, Castigliano, Menti, Grezar, Ballarin, e via via tutti gli altri nessuno escluso.
Scomparsi tragicamente con il trimotore Fiat G.212 ai piedi della Basilica della Madonna di Superga.
Il 3 maggio 1949 allo Stadio Nazionale di Lisbona i granata guidati dal trentasettenne tecnico inglese Leslie Lievesley hanno affrontato in amichevole il Benfica, i lusitani si aggiudicano l’incontro per 4-3.
L’indomani al ritorno su Torino vi è una fitta nebbia, l’aereo è privo di radar e la pista d’atterraggio di Caselle non è dotata di congegni segnalatori.
Alle 17,05 del 4 maggio 1949 il trimotore si schianta sulla collina di Superga. Si chiude tragicamente il ciclo torinista.
Da allora ad oggi nessun’altra formazione ha saputo emulare le gesta dei bianconeri e dei granata, non era riuscita la Juve di Boniperti, Sivori e Charles, né l’Inter di Herrera, Suarez e Picchi, come pure la Juve mondiale di Zoff, Gentile, Cabrini, Scirea, Tardelli e Rossi, non ce l’aveva fatta nemmeno il Milan olandese di Maldini, Baresi, Gullit, Van Basten.
Nel 2006 gli azzurri cuciono sul petto la quarta stella e nella finale Italia-Francia ben otto calciatori appartengono alla società della famiglia Agnelli.
Vi è poi la parentesi, grigia e indecente, della penalizzazione da parte di una Figc alla sbando ed al cui vertice per pochissime settimane viene nominato commissario l’avvocato interista Guido Rossi il quale dopo aver assegnato a tavolino lo scudetto all’Inter per il campionato 2005-6, vinto sul campo dalla Juventus, ed aver revocato sempre alla Juve quello del campionato precedente, si dimette e scompare dagli ambienti calcistici.
Il club di Corso Galileo Ferraris vive giornate turbolente ed il 28 aprile 2010 alla guida della società viene eletto il trentacinquenne Andrea Agnelli. A giugno telefona ad Antonio Conte e gli affida la guida tecnica, l’ex capitano rimane in panchina per tre anni e per tre anni è campione d’Italia.
Nella stagione 2013-14 stabilisce un record che ha del sensazionale totalizza 102 punti con una media a partita di 2,68. Non va altrettanto bene al di là delle Alpi in Champions League.
Alla pari di quei temporali estivi il connubio si scioglie, la vera ragione non ancora è nota. Sono stati tre anni di soddisfazione e di disintossicazione dopo gli anni di veleno, di fango e di tossicità.
Andrea riporta la società al vertice e al ruolo che le compete in campo nazionale ed internazionale.
Sono campionati di record e di gratifiche, la proprietà costruisce lo Juventus Stadium che si posiziona tra i più belli ed efficienti d’Europa.
Oggi si possono effettuare programmazioni a medio e lungo tempo.
Secondo la rivista americana Forbes la Juventus è al settimo posto, nella stagione 2014-15, tra le più redditizie in Europa con 81 milioni di dollari, a guidare la graduatoria vi è il Manchester United con 190 milioni, poi il Real Madrid con 162 milioni ed il Machester City con 131 milioni, seguono Arsenal con 122 e Liverpool con 108 e solo sesto il Barcellona con 108, i club italiani sono relegati nelle retrovie.
Tutto ciò per sostenere che anche dal punto di vista economico e finanziario in Corso Galileo Ferraris si gongola. Parte Antonio e arriva Allegri, si tratta sempre di “A” e difatti il Massimiliano da Livorno non interrompe la tradizione e porta a casa il quarto scudetto, la finale di Champions e la Coppa Italia giusto per smentire gli scettici, anch’io tra questi, poi però luglio ed agosto del 2015 sono tra i più terribili dell’ultimo quinquennio.
Svuotano l’armadietto dello spogliatoio con destinazioni euroamericane: Andrea Pirlo, Arturo Erasmo Vidal Pardo e Carlos Alberto Martinez Tévez, per alcuni Carlitos per altri l’Apache visto che è nato nel barrio di Ciudadela che è soprannominato Fuerte Apache.
In sostanza la parte nevralgica della formazione è smantellata e ci vorranno settimane e settimane per rimetterla in sesto.
Il torneo 2015-16 peggio non può iniziare, dato che l’italico costume è quello di addossare al mister colpe e misfatti, non sono pochi coloro che chiedono l’allontanamento di Allegri, personalmente non sono tra questi.
Il peggio del peggio lo si annota mercoledì 28 ottobre 2015 allorquando in notturna si disputa la decima giornata e le dirette concorrenti fanno man bassa di risultati.
Napoli, Roma Inter e Fiorentina strapazzano le avversarie e guidano la classifica; la Roma ha 23 punti mentre le altre sono distanziate di due lunghezze a 21.
Il Frosinone è quart’ultimo con appena 10 punti.
I bianconeri alle 20,45 di quel nefasto mercoledì si recano al Mapei Stadium di Reggio Emilia per vedersela con i neroverdi del Sassuolo. Al 20’ Nicola Sansone viene sollecitato a battere una punizione, lui non si fa pregare e con tiraccio scavalca la barriera e Gigi Buffon, il portierone rimane pietrificato.
Poco dopo Giorgio Chiellini viene sollecitato a recarsi sotto la doccia con largo anticipo. Il match si chiude 1-0 a favore dei padroni di casa.
Nello spogliatoio succede di tutto ma all’esterno non trapela un bel niente. La classifica dice che la Juve in dieci gare ha incassato 12 punti, ossia zona retrocessione.
Dov’è finito il temibile squadrone che in Italia per quattro anni ha deriso e strapazzato gufi e avversari? I nuovi arrivati, dal curriculum altisonante, faticano ad entrare negli schemi e nell’armonia del gruppo, se non funziona lo spogliatoio molto difficilmente funziona il campo.
I graduati e i reduci delle vittoriose campagne guardano fissi negli occhi le reclute e non concedono sconti e dilazioni: si deve tornare a vincere.
La domenica, il 31, è in programma il derby, concedere ulteriore vantaggio al quartetto significherebbe chiudere il discorso scudetto con sette mesi di anticipo. Al di là del valore storico ed emotivo che procura la stracittadina una gara in quelle condizioni si carica di ulteriore pathos e adrenalina.
Le sfere dell’orologio che sino a quel momento avevano girato a fasi alterne allo Juventus Stadium finalmente diventano regolari e pochi secondi prima del triplice fischio del fiorentino Rocchi, il colombiano Cuadrado da un calcio alla jella ed uno alla tristezza nel mentre il Torino impreca per quel 2-1 all’ultimo minuto.
Il 31 ottobre diventa una pietra miliare nella cavalcata della walchiria bianconera.
Dall’ultima domenica ottobrina ad oggi si sono disputate 25 partite in questo lasso di tempo le cronache ci riferiscono che vi è stato un solo ed unico mezzo passo falso al Dall’Ara di Bologna nella notturna del 19 febbraio col risultato inchiodato sullo 0-0.
Per il restante periodo il varesino dg Beppe Marotta ha raccolto 24 successi da guinness, inframmezzati da un ennesimo record quello dell’inossidabile Gigi Buffon che ha portato a casa 973’ di imbattibilità, nulla ha potuto il carrarese al cospetto del torinista Andrea Belotti che interrompe la serie dal dischetto.
Massimiliano ha inanellato ben 15 successi consecutivi.
Il campionato ha aggiudicato la vincente con 270’ di anticipo.
Tante le critiche e tante le lagnanze, ma forse pochissimi hanno la forza di mirarsi allo specchio e scoprire che la proprietà della Roma è made in Usa, quella dell’Inter un indonesiano, il Milan brancola per il pianeta alla ricerca di un buyer, la Fiorentina la possiede un marchigiano di Sant’Elpidio a Mare, l’unico presidente indigeno risulta essere Aurelio De Laurentis che, però, è nato a Roma ma di origine nunziatese, Torre Annunziata, il quale diviene presidente della Napoli Soccer il 6 settembre 2004 in seguito al fallimento della Società Sportiva Calcio Napoli ed ora la proprietà risulta essere la Filmauro srl.
In un panorama del genere come mai ci si dovrebbe meravigliare se la Juventus, sinonimo di Famiglia Agnelli dal 24 luglio 1923, ha vinto e stravinto nella penisola a ritmo industriale seppure non ce la faccia a fare altrettanto nel vecchio continente? Perché obiettare sulla realtà? Le Leggende non si discutono si amano, o quantomeno si rispettano, tra gentleman. Il resto conta zero, o qualcosa di meno.
Bruno Galante
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