Il Cherubini fucina di virtuosi
Ho fissato con Paolo Zampini, maestro e direttore del Conservatorio Luigi Cherubini di Firenze, nella tarda mattinata, per una chiacchierata musicale. Puntuale quasi fossimo in Svizzera mi presento al Conservatorio, attaccato alla Galleria dell’Accademia e a due passi da Piazza San Marco, all’orario concordato. Ci troviamo nella capitale mondiale del Rinascimento e della Cultura.
La piazzetta antistante l’ingresso principale è un continuo vociare per le migliaia di visitatori che da tutto il mondo si mettono in fila per ammirare e fotografare il David di Michelangelo.
Superata la porta in vetro mi accoglie una signora sorridente, le spiego dell’incontro e mi fa cenno di proseguire per il primo piano.
Alzando lo sguardo si rimane affascinati da un lampadario che sparge luce e illumina la mente.
Mi convinco che in questi ambienti si è “costretti” a studiare e ad applicarsi per non offendere il passato e la bellezza dalla quale si è circondati.
Salgo una scalinata alla Wanda Osiris, con tanto di tappeto rouge, e mi viene incontro con uno sguardo rassicurante Paolo Zampini, stretta di mano atletica ma non pesante.
Ci accomodiamo nella sua stanza e ci sediamo su un divano pieno di storia.
Le pareti sono colme di ricordi del passato con tele che meritano di essere osservate con attenzione, però il tempo è tiranno e prima di occupare i velluti gli chiedo se preferisce la scrivania di oggi o rimpiange il palcoscenico di ieri.
Mi accorgo di aver colto nel segno e di aver posizionato l’indice sulla cicatrice.
Il maestro non si fa cogliere dall’emozione, il suo vascello ha navigato parecchio ed ha attraccato in numerosi porti. Ci guardiamo diritti negli occhi e schiettamente risponde:
“Mi manca il palcoscenico e l’insegnamento”.
Mi convinco che si svilupperà una gradevole chiacchierata.
Zampini, pistoiese di nascita, ha studiato flauto seguendo gli insegnamenti di Mario Gordigiani, successivamente si è arricchito professionalmente con i maestri Roberto Fabbriciani e Severino Gazzelloni.
Ultimati gli studi ha intrapreso ad esibirsi sia come solista che con orchestre ed ensemble di tutto rispetto. Ha suonato nella Sinfonica della Rai di Roma, nell’Orchestra Nazionale Santa Cecilia di Roma ed altre ancora. Ha collaborato con Nicola Piovani, con Luis Bacalov.
Nel 1985 entra fra i collaboratori più stretti di Ennio Morricone e lo seguirà per tre decenni. Ha girato tre quarti del pianeta calcando le pedane più famose.
L’arte musicale non conosce confini e Paolo Zampini trova il tempo per dedicarsi al teatro, offre la collaborazione a Massimo Ranieri, Ottavia Piccolo, Arnoldo Foà, Nando Gazzolo e tanti, tanti altri ancora.
Dal 1980 ha principiato ad insegnare agli alunni dei conservatori di Reggio Calabria, successivamente a quelli di Frosinone ed infine a Firenze ove ha seguito tutta la trafila prevista sino ad occupare la poltrona più importante.
Il suo curriculum è prestigioso.
Spengiamo i cellulari e ci avviamo per i sentieri dell’amena chiacchierata.
Gli chiedo subito che rapporto ha instaurato con la burocrazia e con la pubblica amministrazione che conta. Spunta una rughetta sulla fronte.
“Non sempre idilliaco, a volte indecifrabile, potremmo fare di più, molto di più. Tutto l’apparato che ruota attorno alla musica potrebbe offrire un sostanzioso contributo alla crescita del nostro Paese. Si potrebbero programmare numerosi concerti capaci di movimentare economia e benessere”.
Come in tutte le cose vi sono le regole e vi sono le eccezioni.
“Sì, in effetti noi siamo un’eccezione. Il Cherubini organizza diversi concerti nel corso dell’anno ma diversi conservatori di periferia languono e sono in sofferenza, bisogna anche considerare che vi sono alcune città che vantano delle tradizioni musicali di altissimo lustro e perciò taluni conservatori sono avvantaggiati rispetto ad altri. Firenze è privilegiata per la sua tradizione secolare nei confronti della cultura a 360 gradi”.
Nell’aria si avverte una fame ed una voglia di musica, di quella con la M maiuscola.
“Noi lo riscontriamo sempre più durante i concerti che presentiamo nel corso dell’anno, sale gremite e pubblico attento ovunque ci rechiamo”.
Un po’ di merito va riportato sulla pagella del Cherubini.
“Come scuola abbiamo oneri ed onori. La docenza del nostro Conservatorio è di primissimo piano e consente continuità didattica anche se il sistema italiano è leggermente diverso da quello di diverse nazioni. Negli Stati Uniti alla chiusura dell’anno accademico si stila il bilancio e qualora un professore ha demeritato non gli si rinnova l’insegnamento”.
Si parla spesso di fuga di cervelli, anche da voi è la stessa musica?
“Molti nostri ragazzi si trasferiscono all’estero perché vincono concorsi e cattedre, di ciò ne siamo orgogliosi, significa che li abbiamo preparati bene. Noi abbiamo la capacità di inventare e siamo dotati di ottima fantasia inoltre a volte partiamo svantaggiati per cui dobbiamo impegnarci maggiormente rispetto alla concorrenza”.
L’insegnamento dell’arte musicale a Firenze è retrodatata di almeno due secoli, la città del giglio è la culla del melodramma e del Rinascimento e già dal Trecento si insegnava musica, seppure scuole ed accademie fossero in mano a privati.
Ma è dal 1811 che ci sono pervenute notizie più dettagliate, mentre nel 1849 un decreto del granduca Leopoldo II, da poco rientrato a Firenze dopo i moti indipendentisti, converte la scuola musicale dell’Accademia delle Belle Arti in Istituto Musicale e nomina Giovanni Pacini come direttore.
Trascorrono 10 anni ed il 27 aprile 1859 la rivoluzione lo costringe ad abbandonare per la seconda volta la Toscana, questa volta definitivamente.
Firenze si appresta a divenire capitale d’Italia, re Vittorio Emanuele II con decreto del 15 marzo 1860 distacca la scuola dall’Accademia e la trasforma in Regio Istituto Musicale di Firenze sotto la direzione di Luigi Ferdinando Casamorata.
Nel 1910 si festeggiano i 150 anni della nascita di Luigi Carlo Zanobi Salvadore Maria Cherubini il più illustre figlio che l’Arno ha donato all’arte musicale. Per onorarlo adeguatamente il Regio Istituto viene intitolato all’autore di Medea, mentre il 31 dicembre 1923 diviene Regio Conservatorio di Musica.
Ogni tre minuti qualcuno bussa ed educatamente si affaccia per chiedere qualcosa sottovoce. “Abbiamo oltre 700 studenti ed il 20 per cento di essi proviene dall’estero, dai cinque continenti, ed un corpo docente di 105 professori stabili che arrivano anche a 125, inoltre con le convenzioni di Erasmus abbiamo notevolmente ampliato gli orizzonti”.
Da queste aule sono passati ragazzi che oggi hanno raggiunto traguardi importanti, un nome fra tanti: Stefano Bollani.
“Non solo Bollani ma tanti altri studenti si sono affermati a livello nazionale ed internazionale, ogni anno qualche nostro allievo si aggiudica premi di assoluto valore. Con la recente riforma il docente può esprimersi meglio ed instaurare con i ragazzi un rapporto diverso e più redditizio”.
Nel menzionare il Conservatorio si nota lontano un miglio che si sente gratificato da questi risultati.
“I primi due, tre mesi avvertivo una sorta di disagio e mi pareva persino strano che mi chiamassero direttore, lentamente sono entrato nel ruolo. Ho dovuto abbandonare l’insegnamento ciò mi ha procurato enorme dispiacere, mi manca il contatto con i ragazzi, il dialogo e la chiacchierata. Ora la mia settimana lavorativa è di sette giorni e per 24 ore al giorno. Il momento in cui decisi di partecipare al concorso lo feci solo perché ero più che certo di poter contare su un corpo docente di altissimo livello professionale ed umano, non avessi avuto la certezza di fare affidamento su di loro avrei proseguito ad insegnare”.
Ma in questo rosaio spine non ve ne sono?
Il suo ruolo gli impone equilibrio e riflessione, però è risaputo il particolare che l’accogliente Sala del Buonumore è priva di agibilità e che pertanto non può essere utilizzata e sfruttata come docenti e amministratori del Cherubini desidererebbero.
Paolo Zampini è stato per una trentina d’anni primo flauto dell’orchestra di Ennio Morricone e quando al maestro hanno assegnato l’Oscar ha gioito consapevole che una piccola parte di quel riconoscimento planetario gli competeva.
“ Ho cominciato a suonare con Morricone nel 1985 ed ho smesso nel 2015 quando ho assunto questo incarico. Il maestro ha avuto il merito di circondarsi e scegliere sempre e solo orchestrali di professionalità e serietà. Avesse maturato anni addietro il desiderio di spostarsi con maggiore frequenza all’estero ma soprattutto negli Stati Uniti di Oscar gliene avrebbero attribuito di versi e con largo anticipo”.
Ora anche il figlio di Zampini ha deciso di intraprendere la carriera da musicista.
“Lo ha deciso dopo essersi diplomato all’Istituto Tecnico Buzzi di Prato come chimico, gli piaceva suonare la chitarra ma pochi giorni dopo aver ultimato il percorso di studio mi ha confidato la sua scelta di abbandonare la chimica e di seguire la musica. In questo periodo si trova in Olanda ove è iscritto ad un biennio di specializzazione. Avevo più o meno la sua età quando uno dei miei primi insegnanti previde per me un futuro roseo, che possedevo le qualità per emergere e che se avessi proseguito con lo stesso impegno e dedizione ce l’avrei fatta. Mi commosse e mi riempì di gioia”.
Le lancette dell’orologio si sono mosse ad una velocità esagerata.
Bussa ed entra e si dirige verso di noi un signore distinto ed elegante.
Zampini me lo presenta e non appena pronuncia il cognome intuisco che deve essere conterraneo. Giampiero Basile, di professione avvocato e per diletto presidente del Conservatorio.
Nativo di Francavilla Fontana, Brindisi, dopo aver conseguito il titolo universitario matura esperienze professionali all’estero, si ferma a Bruxelles presso l’Ufficio per il Commercio Estero poi a Stoccolma ove i funzionari dell’Ambasciata gli conferiscono l’incarico di insegnamento della lingua italiana, qualche altra girata per il vecchio continente sino al 1982 allorché si stabilisce a Firenze.
Nel 2010 viene nominato presidente del Conservatorio e presidente del Consiglio di Amministrazione dal ministro Mariastella Gelmini. Ci tiene a precisare che la passione per il bel canto se la porta dietro dall’infanzia.
“Mio nonno era un attore e regista teatrale con un amore particolare verso la musica. Molte mattina veniva a svegliarmi che era buio e mi portava in una stanza per ascoltare la radio, la sintonizzava su un canale che trasmetteva lirica nel mentre lui recitava e cantava. Mi infondeva tanta di quell’emozione che non poche volte dal mio visino sono scese lacrimucce”.
Questo per quel che concerne l’aspetto artistico ma il compito di un presidente è ben altro, Giampiero Basile ne è consapevole.
“Tra due mesi mi scade il mandato, da una parte mi dispiace perché questo è un ambiente meraviglioso, ma dall’altra un po’ no perché è un incarico impegnativo e sacrificante. Vi sono giornate in cui viene voglia di abbandonare tutto ma poi si riflette e si lascia perdere, il confronto con le istituzioni parecchie volte è mortificante. Eppure il Cherubini è una struttura di altissimo valore che meriterebbe un trattamento diverso, in tante occasioni ci hanno messo il bastone tra le ruote. Noi non cerchiamo privilegi o corsie preferenziali, desideriamo solo di non essere ostacolati”.
Mi verrebbe voglia di chiedergli se si è reso conto di risiedere in uno stato ove i lacci della burocrazia rallentano e boicottano idee e progetti, ma desisto.
Riaccendiamo i cellulari e gli squilli riprendono.
Il mio pensiero si dirige verso Salisburgo dove la festa dura tutto l’anno in onore di Wolfgang Amadeus Mozart. Di sicuro il genio salisburghese è stato una stella di immenso splendore, però una parte del merito del suo splendore odierno lo si deve a quanti hanno creduto e investito sulla bontà progettuale di un turismo culturale e musicale.
Una domanda sorge spontanea: ma perché noi italiani, che pure siamo vocati per la cultura ed il turismo, non abbiamo saputo valorizzare adeguatamente la spinta che possono offrire Giuseppe Verdi, Giacomo Puccini, Gaetano Donizetti, Giovanni Paisiello, Vincenzo Bellini, Pietro Mascagni, Gioacchino Rossini, giusto per citarne qualcuno?
Ma perché in Italia non riponiamo la dovuta fiducia nella musica e in quanti la diffondono?
Bruno Galante
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