Internet compie 30 anni
In molti oggi racconteranno di come hanno visto nascere e crescere l’internet, io invece posso dire che internet ha visto nascere me. Sono una nativa digitale. Ho 24 anni e la parola internet per me ha sempre suonato con la stessa familiarità di “mamma”, “papà”, “nonna”, “gelato”.
Siamo cresciuti insieme, lui forse più velocemente, negli ultimi anni con una spinta straordinariamente forte da far perdere l’orientamento.
Pensare che 30 anni fa, nel 1986 l’Italia si connetteva ad internet per la prima volta, mi suscita un sorriso di tenerezza. Il nostro Paese, in questo giorno di tanti anni fa, ha vissuto come passaggio epocale un atto che oggi compiamo svariate centinaia di volte al giorno. Siamo la generazione degli “always connected”, sempre connessi.
Da quella giornata storica al Centro Nazionale Universitario di Calcolo Elettronico (Cnuce) del Cnr di Pisa, internet ha colonizzato col tempo i nostri pc, i nostri telefoni, ha influenzato la nascita dei tablet e delle smart tv.
Internet è ovunque, e sta nelle nostre vite con la stessa essenzialità del frigorifero, con la stessa insostituibilità di un mezzo di trasporto.
Ha interpretato e soddisfatto alcuni bisogni, e, urge dirlo, ne ha plasmati di nuovi.
Non deve, però, sfuggire un passaggio.
Internet come lo conosciamo oggi è figlio di un padre il cui nome si scrive WWW e si legge World Wide Web, ”rete di grandezza mondiale”, per gli amici semplicemente Web.
È lui che ha permesso di navigare e usufruire di un insieme vastissimo di contenuti amatoriali (multimediali e non) collegati tra loro attraverso link. Ed è grazie a lui che oggi tutti, ma proprio tutti possono essere non solo consumatori di contenuti, ma anche produttori.
Per citare Alvin Toffler, siamo tutti “prosumer” (producer + consumer).
Ecco. Io e il web siamo coetanei, più o meno.
Non posso raccontare qui di come fosse la vita senza internet, semplicemente perché non l’ho vissuta. Certo l’evoluzione del mondo web e delle nuove tecnologie è esplosa irrimediabilmente nell’ultimo decennio, ma in qualche forma la possibilità di connettersi col mondo per me c’è sempre stata.
Il cavo beige che partiva dal telefono e arrivava al pc, il rumore della connessione in corso, e mia madre che si accorgeva quando navigavo internet perché telefonava a casa e rispondeva la segreteria, sono tutti ricordi che popolano la mia infanzia. Ed internet in qualche modo c’è sempre.
Ricordo quando mi sono dovuta impegnare per non lasciare il mio smartphone e usare il pc per fare le ricerche. La connessione era nella mia mano, ma la mia mente ci ha messo un po’ a focalizzarlo.
Internet ha cambiato il mondo e il cambiamento è ancora in corso.
Ha plasmato il nostro linguaggio, forme e contenuti della comunicazione, ha accorciato le distanze tra persone lontane e nei casi peggiori allungato quelle tra persone vicine.
Forse è banale ricordarlo ma è così.
Oggi quello sconosciuto che sbarcò in Italia nel 1986 ha il volto di Facebook, di Twitter, di YouTube, di Instagram, di Google, di WhatsApp, e con essi il volto delle persone alle quali siamo connessi.
E da nativa digitale, lascio a quelli che Marc Prensky chiamava immigrati digitali la voglia di fare dello snobismo, di storcere il naso e di raccontare quanto internet “ci abbia fritto il cervello”, di quanto si stava meglio quando si stava peggio e tutte le prese di posizione che vedono nel web il demonio della nostra società.
Ma qualcuno più saggio e forse più santo di tutti noi una volta ha detto “Internet è un dono di Dio”. Quel qualcuno è Papa Francesco e, a mio parere, ha ragione.
Sarah Scorpati
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