Beppe Furino Ottoscudetti tra storia e leggenda
La Juventus è stata la sua seconda pelle. La maglietta bianconera per Beppe Furino ha rappresentato l’infanzia, l’adolescenza, la gioventù e la maturità. Torino l’ha adottato molto volentieri. Ancora oggi, alla vigilia delle settanta primavere, la sua mente e il suo cuore sono sempre in contatto diretto con la zebra, non si è allontanato di un millimetro dalla gloriosa società di Corso Galileo Ferraris.
Beppe è l’unico italiano ad aver vinto otto scudetti con la stessa società, Giovanni Ferrari anche lui otto titoli ma con la Juve d’Oro poi con l’Ambrosiana e infine col Bologna, mentre Virginio Rosetta col Pro Vercelli e con la Juve d’Oro.
A chi non è stata concessa la gioia di applaudirlo o di ammirarlo sul rettangolo d’erba, rimane la gioia di ascoltare estasiato quanti ne declamano le gesta con affetto e con rispetto.
Va specificato, però, che Gigi Buffon di tricolori ne ha vinti nove sul campo se si considerano i due strappati dall’avvocato interista Guido Rossi, commissario straordinario Figc nell’estate 2006 per pochissimi giorni.
Oggi che la Juve ha eguagliato il suo prestigioso record dei 5 (cinque) scudetti consecutivi, record condiviso con i Campionissimi del Grande Torino.
Mi è sembrato doveroso fare una chiacchierata con Beppe su questa formazione che ha compiuto grandi imprese ma che di avversari degni di nota, quantomeno in Serie A, non ne ha incontrati e con un futuro che si presenta azzurro e privo di nubi.
Il mediano per antonomasia cresce nel Nagc della Juve, per irrobustire i muscoli e la mente lo cedono in prestito al Savona e al Palermo. Nell’estate del ‘69 rientra sotto la Mole ed il 14 settembre esordisce proprio contro il Palermo e, ironia della sorte, mette nel sacco il pallone del 4-1.
Sino al 6 maggio 1984 disputerà 361 gare di campionato marcando 8 volte. Dal campionato 1976-77 prende la fascia di capitano lasciatagli da Pietro Anastasi. Il suo palmares oltre agli otto scudetti comprende due Coppa Italia, una Coppa Uefa e 1 Coppa delle Coppe.
Il cantore per eccellenza, e maestro di numerosi colleghi, delle imprese juventine, il palermitano Vladimiro Caminiti, così annota sul conto di Beppe “Non credo di esagerare dicendo che il primato di Furino è disumano. Nella sua storia leggendaria la Juve ha avuto eccelsi gregari. Ma nessuno all’altezza di questo nano portentoso, incontrista e cursore, immenso agonista, indomabile nella fatica, i piedi come uncini dolorosi in certe circostanze”.
Camin conierà per l’indomabile numero quattro il vocabolo “Furiafurinfuretto”.
Tra i suoi grandi estimatori vi è pure il presidente Giampiero Boniperti il quale lo ha sempre difeso per l’agonismo e il sudore che mostrava in ogni partita alla pari della tecnica e del senso tattico.
Non era granché stimato dagli esteti del balon, da quanti vivono il calcio in papillon e nei salotti del bel discorrere, i quali non rammentavano, oppure ignoravano, che nella suddetta disciplina sportiva si utilizzano i parastinchi ed un tempo si indossavano persino i paratesticoli, che le cliniche ortopediche sono frequentatissime dagli atleti pallonari. Ovvio che quegli esteti non tifavano Juve.
Delle tante gare alle quali ho assistito in diretta o in tv non ho mai visto il Furia tirare indietro la gamba o rifiutare una mischia, sia in presenza di sole che di pioggia o di fondo alluvionato.
Era un inno ed un simbolo per gladiatori ed incursori.
Un esempio in divisa da calciatore ed un esempio in giacca e cravatta.
Ci risentiamo dopo tanti anni, gli avevo fatto un’intervista pochi mesi prima che sdoganasse l’armadietto dello spogliatoio, mi confidò di essere stanco e di non farcela più a sostenere determinati ritmi.
Cordiale e disponibile come ieri, educato e signorile. Gli telefono giovedì pomeriggio ma è indaffarato, allora suggerisco di risentirsi all’indomani mattina. Puntuale e preciso come un vaporetto il venerdì mi concede una porzione del suo prezioso tempo.
Seguendo lo stile Juve si parte dall’alto, dal vertice aziendale, la domanda di prassi e quasi scontata è su Andrea Agnelli, figlio di Umberto e nipote di Gianni. Col suo ingresso son tornate le vittorie e i trofei.
“Andrea è una figura di riferimento importante oltre che azionista, una figura carismatica cresciuto con ottimi insegnamenti in una scuola di eccellenza, ha seguito un percorso formativo straordinario ed i risultati lo testimoniano. È una persona inserita in società senza clamori, che si dedica alla gestione con passione e dedizione”.
Beppe, ma quanto incide per un calciatore sapere di avere alle spalle una società solida, che offre garanzie non solo di natura economica ma anche di immagine e di contorno.
“È determinante per un giocatore sapere di confrontarsi con manager e proprietà all’altezza del compito che svolgono. Guardando in giro ciò che sta accadendo si comprende meglio la differenza tra la Juve e le altre società”.
Mi verrebbe voglia di chiedergli come mai tanti club di prima fascia oramai sono in mano a personaggi provenienti dalle località più disparate del globo e che di calcio forse non sono afferratissimi. Inoltre si è persa la contabilità delle decine e decine di spa calcistiche che hanno depositato i libri contabili in tribunale e di tante altre che annaspano e guardano al domani con ansia e timore.
“In Corso Galilei Ferraris si trovano dirigenti di assoluto valore ed impiegati che svolgono con assoluta professionalità le loro mansioni, lo dico con cognizione di causa”.
Qui torna in campo il numero quattro, il mediano incursore che aveva il compito di bloccare le iniziative avversarie e ripartire impostando il gioco offensivo. Primo difendere, secondo attaccare.
Ha vissuto per intero il decennio del Trap bianconero con una delle difese più arcigne che il pallone planetario abbia mai espresso: Zoff, Gentile, Cabrini, Furino, Morini, Brio, Scirea. Non ce n’era per nessuno.
A Torino si inverte l’adagio nemo propheta in patria, nella penisola ci si impossessa di tutto ciò che è in palio al di là delle Alpi solo briciole e sporadicamente. Una jattura che insegue e persegue quella maglia a strisce zebrate ma che prima o poi dovrà giungere al capolinea.
Dalle scrivanie al campo. Cinque titoli nazionali uno attaccato all’altro. Non si registrava un evento simile da oltre 60 anni, dalla tragedia di Superga.
“Dirigenti e tecnico sono stati bravi a creare un gruppo di notevole valore che ha un solo pensiero ed un unico obiettivo: cercare insieme i risultati. Per raggiungere questo scopo servono doti tecniche ed agonistiche alla pari delle qualità morali e caratteriali. Bisogna creare lo spogliatoio per sfruttare al massimo le individualità dei campioni. Oggi la Juve è tornata ai vertici europei”.
Massimiliano Allegri, accolto dalla tifoseria con scetticismo e storcendo il naso, al primo anno porta a casa uno scudetto, Coppa Italia e finale Champions, per l’ennesima volta sfuggita di mano.
“Allegri non ha stravolto l’intelaiatura collaudata e vincente di Antonio Conte, segue i ragazzi per 24 ore al giorno ed è riuscito a trasmettere e far recepire i suoi messaggi e gli schemi. Ogni gara fa storia a sé e ad ogni gara una impostazione tattica differente. Ha intascato un numero incredibile di record”.
Certo, ma se disponi del miglior numero uno al mondo, di una retrovia affidabile, di un centrocampo che stronca le ripartenze avversarie, il compito è alquanto agevole se a tutto ciò aggiungi che gli avversari di oggi non sono quelli di ieri, la lettura è semplice.
“Vero, ma sino a Natale la classifica non concedeva ottimismo. È chiaro che con un Paul Pogba a livello mondiale che si è saputo imporre come leader, Paulo Dybala che si è integrato perfettamente dopo l’ovvio rodaggio iniziale, molte cose sono agevolate. Se disponi di una formazione con ottimi professionisti e puoi contare su individualità che da un momento all’altro inventano l’azione vincente, è ovvio che nessun traguardo è proibito”.
Pogba Paul il suo bigliettino da campione universalmente riconosciuto l’ha stampato oramai da diverse settimane mentre Paulo è ancora in tipografia.
“L’argentino è completo, possiede doti tecniche immense e si incastona bene nell’attuale organigramma juventino. A mio parere vi sono ancora margini di crescita tecnica, deve irrobustirsi e divenire fuoriclasse anche dal punto di vista caratteriale, però non avendo ancora compiuto 23 anni non gli si può chiedere l’impossibile. Come pure si deve tener presente che è al primo anno a Torino”.
Per diversi campionati Beppe Furino è stato il responsabile del settore giovanile, voluto e chiamato da Boniperti. Sotto il suo sguardo i ragazzi della Primavera tornarono a vincere lo scudetto ed il prestigioso Viareggio, titoli assenti dalla bacheca da decenni. A guidare quei giovanottelli tale Alessandro Del Piero da Conegliano.
Dato che qualcosa di calcio Beppe “Ottoscudetti” se ne intende, nota giochicchiare dei bimbetti e si convince che costoro da grandi saranno famosi: si chiamano Claudio Marchisio, Sebastian Giovinco e Paolo De Ceglie.
“Alex ha seguito un tracciato fantastico, una carriera luminosa, un ragazzo eccezionale in campo e fuori. I suoi numeri parlano chiaro, pochissimi altri al mondo possono vantare tale performance, se poi si tiene presente che ha subito gravi infortuni che avrebbero potuto troncargli la carriera allora si comprende meglio di che tempra è fatto”.
Ci si lamenta che in ogni formazione gli italiani sono una minoranza.
“Sono regole che andrebbero cambiate. Bisogna investire tanto sui vivai, ai ragazzi bisogna insegnare non esclusivamente le regole del calcio, se un ragazzino possiede solo doti tecniche non va da nessuna parte magari ha una partenza sensazionale ma poi si sgonfia e si siede per terra. La Juve questo particolare l’ha compreso ed oggi il suo vivaio è di primissima scelta non puramente sotto l’aspetto tecnico”.
Il numero quattro per antonomasia possiede un palmares invidiabile, unico neo la Nazionale.
“Non è andata bene con la maglia azzurra. Nel ‘78 in Argentina andarono nove juventini ma io rimasi a casa. Non vi è mai stato un grande idillio, non so perché”.
Spente le cinque candeline manca la ciliegina, un’Europa inseguita da sempre però mai raggiunta a testa alta e con 90’ da applausi.
“Con il Bayern poteva andare meglio, però secondo me abbiamo un organico non inferiore a nessuno che riesce a coniugare bene tecnica, agonismo, morale e determinazione. Gli scontri diretti a volte vengono decisi da episodi singoli e incontrollabili. Il prossimo anno andrà meglio”.
Allegri ha rinnovato il contratto.
“Massimiliano ha ricevuto un aiuto enorme dalla società, gli hanno concesso fiducia e lui ha ripagato adeguatamente. È un grande tecnico, se riesce ad ottenere qualche titolo europeo importante entrerà nel ristretto elenco degli allenatori della storia, io sostengo che ce la farà”.
Ce l’ha fatta, invece, Claudio Ranieri nella Premier League con un club sconosciuto.
“Sono contento per Claudio e gli faccio gli auguri. Evidentemente ha trovato un gruppo di calciatori che lo hanno seguito ed hanno creduto in lui ed in ciò che trasmetteva. È un orgoglio italiano”.
Lo chiamano e dobbiamo lasciarci, ci sarebbero tante domande in attesa di risposta, è una valida scusa per risentirlo.
Bruno Galante
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