Nonostante tutto, sventolando legalità
“Accenditi per la notte bianca della legalità”, mi viene detto dall’amico che sarà anche lui della compagnia. Lui stringe fra le mani una brochure approntata con totale dedizione: servirà come un punto di partenza?
Ci dovrebbe attendere un premuroso giornalista per compattare la varietà degli interventi. La sera sabbatica, caduto finalmente il vento gelido che ci ha afflitto per alcuni giorni, seduce la gente nel suo cerchio magico. Eccoci davanti al Conservatorio da cui procederà la festa educativa, dentro un piccolo tumulto di adolescenti ora risalenti ora discendenti per la scala che collega la piazzetta al ventre sprofondato dell’edificio.
Siamo convocati come testimonial di qualcosa che altri, con l’aria più verde e più credente, sono determinati a sventolare di fronte a una platea di studenti assordata, dal suo stesso strepito, e distratta. Siamo qui a rappresentare il neonato Sportello della Legalità della Camera di Commercio.
Su, un grano di humour e di follia, lasciamoci trascinare nella confusione, troviamo un pretesto su cui impiantare alcune riflessioni!
Il nostro giornalista risolve il problema dell’auditorium ancora mezzo vuoto e della propria scoperta improvvisazione adoperandomi come rompighiaccio. Sono abituato al pubblico, non ho problema a estrovertirmi attraverso impeti felici e persino prepotenti.
Sul palco, tra pianoforte, tamburi, pianola, chitarre e piatti, non do nemmeno retta a una scontata domanda del giornalista. Confesso subito di essere un portatore “insano” di legalità, visto che il manifesto dell’iniziativa esalta quello “sano” (chissà che cosa vuol dire?).
Per il vero la legalità non mi incute una meravigliosa allegria. Penso che, come la morte secondo Ungaretti, si sconti vivendo.
Anni fa ne ho patito una improvvida iniziativa grazie a qualche suo talebano rimasto nel buio.
Tardi, troppo tardi, la Giustizia buona, fatto il suo prolungato corso, mi ha prosciolto riconoscendo la mia piena innocenza.
Nonostante quell’amaro trascorso, la persistente responsabilità in una Fondazione Antiusura, fra le prime a sorgere, mi costringe all’apostolato dell’idea rispettosa, seppure un po’ delusa, della legalità, che senza etica, preciso, tende sempre a evaporare.
Nel mio Meridione, Istituzioni, Prefettura, Procura, Forze dell’Ordine, sono bramose di denunce.
Uno spettro di parametri convergenti tendono a confermare che il racket dell’estorsione e dell’usura vi incarnano ribaldamente i loro affari.
Non siamo certo Campania, Sicilia, Puglia, Lombardia, Lazio, le Regioni che forniscono il 60% delle denunce, dimostrando che il fenomeno della criminalità non è soltanto meridionale.
Al mio uditorio ricordo quel che Sancho Panza diceva a don Quijote de la Mancha che si apprestava al più scapato dei suoi combattimenti: “Mire vuestra merced que aquellos que allí se parecen no son gigantes, sino molinos de viento…”.
Ragazzi, conciono, non sono giganti ma mulini a vento, i protagonisti della nostra realtà nera.
Tuttavia, anche i mulini a vento fanno male, come don Chisciotte ha sperimentato, e, perciò, alla larga!
Più temibili forse sono i nani della malavita, i mostri e i pidocchi della malavita e dell’usura, i praticanti infaticabili della corruzione, quelli, ancor più, che rotti al ginepraio delle norme e delle leggi tessono insidie ai disinformati e agli sprovveduti.
Giusto un momento fa, confido all’assemblea, davanti a due fusti di cannone con le bandiere francesi e una tribuna preparati per inscenare un’ombra di Rivoluzione francese, una signora mi ha raccontato di incontrollabili creditori che l’hanno appena intercettata, placcando il suo progetto di liberarsi dai debiti.
Inevitabile evocare l’immagine di Gulliver che si ridesta tutto inceppato da una moltitudine di Lillipuziani.
Il mio giornalista mi spinge a concludere. Allora, ragazzi, c’è gente che fa dell’accumulazione illegale il proprio mestiere.
Non chiedetemi statistiche di qui, perché non ce ne sono.
Vi risparmio l’interpretazione del fenomeno.
Ricordate che tante sono le forme dell’estorsione, ma, di sicuro, prevale quella del pizzo, cioè della tangente.
Vedete di non assoggettarvi e di non cadere in assuefazione.
Chi cede anche una sola volta è perduto.
Il contrasto del racket non spetta soltanto a Magistratura, Forze dell’Ordine e specifiche Associazioni. Nessuno può esonerarsi dalla lotta per il bene comune.
Se vogliamo uno spazio sociale sereno e decente bisogna sapersi opporre.
Presidiamo il diritto alla sicurezza che è la condizione fondamentale per l’esercizio sia della libertà economica sia degli altri diritti civili e sociali.
Le mie sono semplificazioni, pazienza, riassunte con franchezza e mobilità a un pubblico che arde nell’aspettativa di esplosioni musicali e canore.
Meglio dire, nonostante tutto, che rimanere taciti, sussurro poi al mio amico che, urtato dalla disorganizzazione e dalla goliardia tracimanti, preferisce non prendere la parola e aderisce “toto corde” a quel che mi sono sforzato di comunicare.
Basilio Gavazzeni
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