Legge Cirinnà e le influenti lobby bipartisan
Dopo l’approvazione in Parlamento della legge Cirinnà che istituisce le unioni civili per le coppie di persone dello stesso sesso e regolamenta la vita delle coppie di fatto, molti si sono lasciati andare ai festeggiamenti.
È stato però interessante notare che gli stessi in piazza a fare baldoria e a colorare di “arcobaleno” i monumenti, siano esattamente gli stessi che solo poche settimane fa consideravano inaccettabile lo stralcio della stepchild adoption dal testo originale presentato al Senato.
La stessa Cirinnà era stata spinta a paventare le dimissioni, a giurare e spergiurare che avrebbe concluso la sua carriera politica immediatamente, se si fosse snaturata la sua “creatura”, scardinando quello che era l’ormai famoso articolo 5.
Uno straccio di vesti incomprensibile se guardiamo al testo della legge nella sua complessità e interezza, poiché in questo articolo era semplicemente esplicitato qualcosa che di fatto già avviene (ed era comunque sottinteso dal vecchio articolo 3, oggi divenuto il punto 20 a causa del maxiemendamento Renzi-Alfano), cioè che ai figli di conviventi omosessuali già adesso, il tribunale dei minori assegna la coppia come tutrice per garantire, dicono, la continuità relazionale e affettiva che verrebbe a mancare in caso di ulteriore disgrazia.
Dico “ulteriore” disgrazia perché questi bambini già devono essere orfani di uno dei due genitori naturali (o ad esso deve essere stata tolta la patria potestà), altrimenti non è possibile alcun “subentro” neanche con l’intervento del giudice.
Questo punto della legge, come del resto quasi tutto il testo, non è altro che un palloncino con i colori dell’arcobaleno che all’interno non contiene praticamente niente e sta gonfio grazie a tutte le norme che nel codice civile regolamentano il matrimonio.
Averla dichiarata come una legge che trae il suo fondamento dagli articoli della Costituzione che sanciscono i diritti dei singoli individui, è estremamente controverso, quando poi di fatto ieri un milione e mezzo di coppie si sono svegliate con lo stato che gli ha messo il naso in casa, nella loro convivenza, nella loro famiglia.
Sì perché questa legge, oltre ad istituire di fatto il matrimonio per gli omosessuali, regolamenta anche le convivenze, cioè quelle unioni che lo stato non prendeva in considerazione, ma che da oggi, grazie ad una banale ispezione anagrafica, vengono classificate come convivenze solo per il fatto che esiste una coabitazione e un vincolo di legame affettivo, che è sostanzialmente indimostrabile.
Il riferimento all’articolo 29 e al diritto di famiglia è assolutamente innegabile, tanto che al punto 65 sono perfino stabiliti gli alimenti alla cessazione della convivenza, per un periodo proporzionale alla durata della convivenza stessa.
Presto il legislatore dovrà fare i conti con dei decreti attuativi che dovranno porre rimedio alle molteplici incongruenze e paradossi che popolano il testo, uno fra tutti la possibilità di sposarsi con una persona ed essere uniti civilmente con un’altra, diventando di fatto bigami e penalmente perseguibili. Cosa che non fa altro che avvicinare ancora di più le unioni civili al contraddittorio in termini, matrimonio omosessuale.
Quello che però può essere interessante analizzare è il futuro a cui questa legge apre. Un futuro che in molti, a partire dalla Senatrice Cirinnà, si auspicano e che prevede il completo smantellamento della legge 40 sulla procreazione artificiale e la modifica della legge 184 che regolamenta l’adozione dei minori in stato di abbandono.
Avendo nei fatti introdotto il matrimonio omosessuale, anche secondo le parole della senatrice Pd Francesca Puglisi, che ha rilasciato interviste in tal senso, si sono equiparati due istituti che sulla carta mantengono due denominazioni diverse e pochissime differenze che però presto saranno dichiarate come discriminanti tra un tipo di famiglia e un altro.
La prima tappa è già stata incardinata alla Camera, dove presto approderà il testo modificato della legge sulle adozioni per concedere l’accesso al decreto di idoneità anche ai single, alle coppie di fatto ed agli uniti civilmente. L’altro passo, quello forse più lungo, ma non meno voluto, è l’abolizione del divieto della pratica dell’utero in affitto.
L’ultima parte della legge 40 infatti attualmente sancisce il divieto di questa pratica di filiazione, ma una volta abbattuto il muro delle adozioni, sarebbe discriminante se alle coppie sterili, come naturalmente sterili sono le coppie omosessuali, non vi fosse concesso l’accesso.
Con la piccola, ma non trascurabile, differenza che stavolta per il sistema sanitario nazionale non si tratterà solo di procurare gameti per eseguire inseminazioni artificiali eterologhe, ma si tratterà di fare in modo che siano presenti sul territorio nazionale oppure all’estero con convenzione, uteri da affittare per garantire la produzione di bambini per le coppie di uomini.
Al prezzo del ticket, cioè pagate dai contribuenti.
Filippo Fiani
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