Papaveri e bambini
Il bilancio di 15 anni di guerra in Afghanistan è a dir poco incerto: i talebani controllano ancora alcune aree del paese e colpiscono con la guerriglia, l’ISIS si sta infiltrando, il presidente Ashraf Ghani (come il suo predecessore Karzai) viene ironicamente chiamato “sindaco di Kabul” perché il suo controllo non si estende molto oltre.
Ma una guerra non si giudica solo con i risultati militari, lo stato della società nel suo complesso va valutato attentamente. Il futuro di un popolo è rappresentato dai bambini, ed il modo migliore per negare un florido futuro ad una nazione è quello di drogarli e negar loro l’istruzione. Le responsabilità sono da attribuirsi a tutti gli attori in scena: l’integralismo talebano che impone con violenza idee medievali, le tradizioni tribali della popolazione e le loro necessità economiche, il disinteresse o la complicità delle forze di occupazione occidentali.
OPPIO ED EROINA
La produzione di oppio dal 2000 al 2016 è raddoppiata, il paese produce il 90% dell’oppio mondiale e il suo commercio rappresenta il 50% del PIL del paese. Questo fa ben capire quali siano gli interessi in gioco.
Dall’oppio si estrae l’eroina, che causa da sola l’80% delle morti per droghe illegali (se si escludono ovviamente alcol e farmaci). Tutte le organizzazioni criminali del pianeta che trafficano in droga (dalla mafia italiana a quella russa, dai narcos del centro-sud America alla yakuza giapponese) devono direttamente o indirettamente rifornirsi dall’Afghanistan, passando dai paesi confinanti i cui controlli equivalgono ad un colabrodo.
Ma da un punto di vista politico e militare non si capisce come lo spiegamento di forze occidentale presente sul campo da ormai 15 anni non sia stato in grado, o non abbia voluto, combattere efficacemente questa estesissima piaga. I campi di oppio sono estesi e ben riconoscibili. I contadini coltivano l’oppio perché è più redditizio del grano, della frutta o di qualsiasi altra coltivazione che creerebbe sopravvivenza per il paese, invece che morte e disperazione per tutto il pianeta.
Ricordiamo anche che dall’oppio si sintetizzano anche i famigerati “painkillers”, ovvero i legalissimi ma altrettanto letali medicinali antidolorifici di cui si fa un largo abuso e che causano quasi 100.000 morti per overdose ogni anno nel mondo: Morfina, Ossicodone, Vicodin, Fentanil, e molti altri. Sebbene il loro uso sia indispensabile nella terapia del dolore (dolori post-operatori, malati terminali, ecc.) si tratta di sostanze del tutto simili all’eroina che – se usate senza uno stretto controllo medico – causano dipendenza, intossicazione e morte.
BAMBINI TOSSICODIPENDENTI
Tornando all’Afghanistan, le cifre che riguardano la dipendenza dall’oppio sono impressionanti: 2-3 milioni di consumatori di oppio (circa il 10% della popolazione), trai quali si stima che 300.000 siano bambini. La maggior parte di questi inizia l’assunzione di oppio in famiglia, spesso incoraggiata dai genitori. Ma cosa spinge un padre o una madre a drogare un figlio? Innanzitutto l’ignoranza e la povertà. Nelle famiglie in cui entrambi i genitori lavorano dalla prima mattina a tarda sera, l’oppio viene spesso somministrato ai bambini, a volte fin dalla nascita, per tenerli tranquilli.
Interessante la testimonianza di una madre afgana, riportata dagli attivisti per i diritti umani dell’IRIN (Integrated Regional Information Networks): “quando i miei figli non dormono e piangono, io non posso lavorare tranquilla. Quando gli do un po’ di oppio diventano calmi e si addormentano, e ci permettono di lavorare.” Non si rendono conto che drogando i loro figli non solo li uccidono piano piano, ma negano anche loro la possibilità di un’educazione, dato che a scuola il rendimento di un bambino semi addormentato sotto l’effetto dell’oppio è praticamente nullo.
Un’altra madre, dopo anni di dipendenza dall’oppio che le aveva causato 6 parti con bambini nati morti, dichiara: “l’oppio alleviava il dolore del mio corpo e mi consentiva di lavorare meglio”. Abbandonata la tossicodipendenza, è stata in grado di portare a termine una gravidanza con successo.
DAI VELENI AL CIBO
Chi coltiva l’oppio? I contadini per motivi economici, ma data la redditività della coltivazione, è naturale che le famiglie preferiscano far lavorare i bambini nei capi di oppio piuttosto che mandarli a scuola. Una fonte di reddito se coltivano droga, un onere per la famiglia se vanno a scuola. Una strategia familiare molto miope, ma comprensibile in assenza di politiche governative e internazionali che incentivino la conversione delle coltivazioni. Non ci sarà nessun futuro per l’Afghanistan a se il governo e i contadini non capiranno che la sopravvivenza del paese viene dal cibo, non dai veleni.
ANALFABETISMO
Veniamo all’istruzione, le cui statistiche sono altrettanto sconfortanti: il 64% degli uomini e l’82% delle donne è tuttora analfabeta. In alcune province remote, l’analfabetismo femminile sale addirittura oltre il 90%. Se a questo si aggiunge che il 60% delle ragazze si sposano prima dei 16 anni, si può facilmente capire come la discriminazione nei confronti delle donne sia ancora fortissima. Va detto che grazie all’azione del governo e delle organizzazioni umanitarie internazionali la situazione sta lentamente migliorando, e che all’epoca dei talebani andava decisamente peggio: la scuola era proibita alle femmine e le ragazze che desideravano un’educazione dovevano riceverla nelle scuole clandestine, rischiando la vita.
IL FUTURO
Quale sarà il futuro di questa nazione se i bambini crescono tossicodipendenti e analfabeti? È ancora credibile l’impegno militare occidentale se dopo 15 anni dalla cacciata dei talebani i campi di papaveri sono in veloce espansione e l’analfabetismo è ancora una piaga endemica? Le nazioni occidentali, la NATO e in primo luogo gli USA, dovrebbero ripensare il concetto di “esportazione della democrazia”. Come è ormai ampiamente dimostrato, il rovesciare una dittatura non crea una nazione civile e democratica, anzi spesso destabilizza ulteriormente l’area e getta le basi per guerre civili e fondamentalismi.
Giovanni Trambusti