Salvatore ha pagato per incompetenze altrui
Salvatore Girone è tornato a casa. Non in maniera definitiva, però è a casa anche lui. Il fuciliere del Battaglione San Marco è atterrato sabato pomeriggio a Ciampino con il Falcon 900 dell’Aeronautica Militare alle 17,53 accolto dal ministro della Difesa Roberta Pinotti e dal ministro degli Esteri Paolo Gentiloni.
Per il primo saluto ed abbraccio sull’aereo sono saliti la moglie Giovanna ed i figli Michele e Marilina. A dare il bentornato anche il capo di Stato Maggiore Claudio Graziano e l’ammiraglio e capo di Stato Maggiore della Marina Giuseppe De Giorgi.
Un paio d’ore a Roma e poi di nuovo in volo destinazione Bari dove è arrivato alle 19,15.
Quattro anni di sofferenza e di angherie solo per aver adempiuto al proprio dovere di militare e di aver rispettato le regole d’ingaggio.
C’è voluta la decisione del Tribunale Arbitrale dell’Aja del 29 aprile scorso secondo la quale Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, l’altro marò coinvolto nell’assurda vicenda, avrebbero dovuto attendere l’esito dell’arbitrato in Italia.
Una assurda vicenda che inizia il 15 febbraio 2012 quando due pescatori indiani, Valentine Jalstine e Ajesh Binki, si avvicinano troppo alla petroliera Enrica Lexie. A bordo del mercantile si trovano i due fucilieri del Battaglione San Marco, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i quali come sempre avviene sparano in aria in segno di avvertimento, segnale che non viene accolto e rispettato dai due indiani che proseguono ad accostarsi alla Lexie.
La nave si trova al largo dello Stato del Kerala ben oltre le 12 miglia delle acque territoriali. Senza ulteriori preavvisi partono dei colpi che uccidono i due marinai indiani. In quegli anni gli episodi di pirateria marittima erano quasi all’ordine del giorno per cui le navi che transitavano da quei mari si erano dotate di sicurezza privata o, come nel caso della Lexie, di polizia militare.
Chi ha un minimo di esperienza di navigazione sa perfettamente che le leggi internazionali sono non poco ma tanto differenti da quelle nazionali.
Essendoci stata una sparatoria, essendoci stati dei feriti o dei morti, la prudenza suggerisce di rimanere in acque internazionali. Molto probabilmente il comandante del mercantile deve essersi consultato con qualche autorità la quale deve aver suggerito di rimanere tranquilli perché il problema non esiste, lo risolviamo con quattro battute, se è vero che tutto il mondo è paese. Consueta leggerezza e superficialità.
Il 19 febbraio il mercantile attracca a Kochi, i due militari vengono fatti scendere e condotti in celle di sicurezza. Per l’Alta Corte del Kerala si tratta di “atto di terrorismo”. Il caso giudiziario incrina i rapporti tra l’Italia e l’India.
In Italia capo del Governo è Mario Monti.
Il 13 maggio il sottosegretario agli Esteri, il naturalizzato italiano Staffan De Mistura, viene inviato da Monti in India per riprendere i due marò e dichiara: “Sono ottimista, non c’è alternativa alla liberazione. Non molleremo mai”.
Ovviamente De Mistura fa il turista e se ne torna a Roma col solito sorriso diplomatico.
A Natale ai nostri ragazzi viene concesso un permesso speciale per trascorrere le festività natalizie in Italia con i familiari, sbarcano il 22 e ripartono il 3 gennaio.
Il 18 gennaio 2013 la Corte Suprema indiana stabilisce che il governo di Kerala non ha competenza sul caso e lo affida ad un tribunale speciale.
Il 22 febbraio i due marò ottengono il permesso di tornare in Italia per quattro settimane in occasione delle votazioni; a Roma l’11 marzo decidono che Latorre e Girone non debbano rientrare in India poiché New Delhi ha violato il diritto internazionale.
Sale la tensione, l’India non riconosce l’immunità diplomatica del nostro ambasciatore Daniele Mancini.
Il 21 marzo Palazzo Chigi, il premier Mario Monti è sempre in carica, annuncia che i due fucilieri tornano in India dopo aver ottenuto assicurazioni che per i due non ci sarà la pena di morte.
Sembra tutto una farsa.
Massimiliano Latorre invia una mail: “Unite le forze e risolvete questa tragedia”.
Il 26 marzo si dimette il ministro degli Esteri Giulio Terzi in disaccordo con la linea di Monti sul caso dei due marò.
L’11 novembre 2013 una nuova perizia stabilisce che i colpi non sono partiti dalle armi di Latorre e Girone.
Il 2 giugno 2014 in collegamento con il Parlamento Salvatore Girone sbotta: “Abbiamo obbedito ad un ordine e mantenuto la parola. Dopo due anni siamo ancora qui”.
Il 31 agosto Latorre perde conoscenza in casa colpito da un’ischemia, lo ricoverano in ospedale a New Delhi, presenta la richiesta di rientro in Italia per cure appropriate e il 12 settembre atterra a Roma.
Il 15 gennaio 2015, a distanza di tre anni dall’episodio, il Parlamento Europeo approva una soluzione pro marò che viene giudicata dall’India “inopportuna”, meglio tardissimo che mai.
Il 21 luglio l’Italia fa ricorso al Tribunale Internazionale del Diritto del Mare di Amburgo chiedendo che Latorre rimanga in Italia e Girone torni a casa. Il Tribunale di Amburgo toglie la giurisdizione all’India ma non accoglie la richiesta di Girone in Italia e la permanenza di Latorre a casa.
Il 29 marzo 2016 si riunisce il Tribunale Arbitrale dell’Aja per decidere le sorti dei due marinai.
Il 2 maggio a L’Aja confermano il rientro di Girone ed il 28 la Corte Suprema indiana accetta di rendere immediatamente esecutivo l’ordine del Tribunale Arbitrale Internazionale dell’Aja per il rientro di Salvatore Girone a casa.
Sabato 28 maggio 2015 Salvatore Girone torna a casa e ci rimarrà sino a quando non si chiude il procedimento arbitrale.
Quattro anni e tre mesi di dolore e sofferenza solo per aver svolto il proprio lavoro ed il proprio dovere di militare a tutela di un patrimonio che non gli appartiene e che non gli potrà mai appartenere.
Hanno difeso il tricolore in acque internazionali e sono stato ripagati da leggerezze, incompetenza e superficialità da gente che percepisce lautissimi stipendi e privilegi assurdi.
Sarebbe stato sufficiente rivolgersi al Tribunale Arbitrale Internazionale dell’Aja a marzo, aprile del 2012 per evitare a Salvatore Girone e Massimiliano Latorre quattro anni e tre mesi di sofferenza incomprensibile, dolore per i due marò ma soprattutto per i loro incolpevoli parenti, a cominciare dai figli e dalle mogli.
Purtroppo i due marò del San Marco sono incappati in un disastro governativo chiamato “Mario Monti” che si è mosso con estremo ritardo e con infinita superficialità.
Chi glielo spiega a Giovanna, Michele, Marilina e a tutti quelli che vogliono bene a Salvatore che gli hanno rubato quattro anni della vita e che nessuno e niente potrà risarcirlo?
Salvatore e Massimiliano hanno solo fatto il proprio dovere.
Bruno Galante
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