Pensioni milionarie per caste e lobby
La pensione è un argomento che superati 15 anni di attività lavorativa e contributiva viene affrontato e discusso almeno una volta alla settimana. L’Inps a scadenza programmata interviene per ricordare agli italiani che il banco soffre e che il futuro remoto è colorato di buio.
Se è vero che siamo tutti italiani e quindi una grande famiglia, è altrettanto vero che se sulla tavola non vi è prosciutto non ve n’è per chi è biondo con occhi azzurri e per chi è moro e occhi scuri. In una famiglia, che venga riconosciuta come tale, è talmente scontato che quando vi è carenza di alimenti i buchi della cinghia vengono abbassati per tutti, il buon esempio lo danno il capofamiglia e quanti hanno problemi in eccesso di bilancia.
Chiedere a chi è sottopeso di privarsi di pane e cipolla è da stolti oltre che infruttuoso. Tempo fa è venuta a galla una sconcezza che ha fatto discutere per qualche ora, poi è tornata nel silenzio e nell’ombra.
Grazie ad una legge di rattoppo, torniamo indietro al 1974, ideata e portata a compimento dal deputato socialista Giovanni Mosca, cresciuto nella Fiom e divenuto segretario aggiunto della Cgil, un esercito di sindacalisti gode di privilegi che tanti plebei e proletari neppure immaginano. Presenta una proposta di legge a favore di qualche decina di sindacalisti che nell’immediato dopoguerra avevano lavorato a nero nei partiti e nei sindacati, i cosiddetti “lacchè”, in pratica partiti e sindacati non avevano versato contributi ai propri dipendenti. Gran bell’esempio.
La legge, naturalmente, viene approvata e diventa esecutiva. Basta la dichiarazione di un rappresentante nazionale e si riscattano decenni di attività, in cambio di una grassa pensione si devono versare pochi spiccioli di contributi figurativi.
È un giochino semplice, semplice e pochissimo costoso.
Lo sfruttano oltre 40 mila difensori dei diritti di operai, impiegati e lavoratori, la legge a tutela dei deboli e dei bisognosi viene utilizzata tra gli altri da Armando Cossutta, Achille Occhetto, Giorgio Napolitano, Ottaviano Del Turco, Franco Marini, Sergio D’Antoni, la defunta Nilde Iotti. Migliaia di euro in più al mese senza soffrire e reclamare.
Ad utilizzare maggiormente la sanatoria sono stati la Cgil e lo scomparso Pci. Alla greppia, come sovente accade, si avvicinano pure gli ingordi e addirittura alcuni dichiarano di aver cominciato a lavorare nel sindacato all’età di 5 anni oppure quando ancora sindacato e partiti neppure esistevano.
Partiti e sindacati chiudono gli occhi e si tappano naso e orecchie.
Non paghi di quanto incassato, nel 1996 Tiziano Treu, ministro con Dini, Prodi e D’Alema, prepara un’altra legge che permette ai sindacalisti di raddoppiare i contributi pensionistici ed ottenere una doppia pensione, ossia a favore di quei sindacalisti che sono distaccati e percepiscono lo stipendio aziendale ma che lavorano esclusivamente per il sindacato, con quest’altra leggina anche i sindacati possono versare i contributi.
Ma ciò che fa ulteriormente sorridere è che per le sigle sindacali non si applica l’obbligo di reintegro previsto dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. In sostanza i sindacati, a differenza di tutti gli altri datori di lavoro italiani, possono licenziare senza correre il rischio che qualche giudice contesti l’allontanamento.
Chi viene licenziato deve starsene zitto e accucciato. In passato vi è stato qualche blando tentativo di correggere questa stortura ma i sindacati hanno mostrato l’artiglieria pensante. Intoccabili.
Uno dei pochissimi ad avere coraggio e a denunciare i soprusi di quanti dovrebbero tutelare e salvaguardare gli interessi dei lavoratori, è stato il sindacalista veronese Fausto Scandola, deceduto a marzo scorso, il quale rende pubblico un dossier denuncia molto circostanziato con nomi, date e importi dal quale si comprende appieno il marciume nel quale sguazzano i signori delle varie confederazioni e sigle.
Non appena le notizie si diffondono a casa di Scandola giunge la raccomandata di licenziamento da parte della segretaria generale nazionale della Cisl Annamaria Furlan, i panni sporchi avrebbe dovuto lavarli all’interno, sostiene la Furlan.
Dal dossier di Fausto Scandola risulta che Antonino Sorgi, presidente nazionale Inas Cisl, nel 2014 ha intascato 256mila euro lordi; Valeriano Canepari, ex presidente Caf Cisl, nel 2013 ha incassato 289.241 euro lordi; Ermenegildo Bonfanti, segretario generale nazionale Fnp Cisl, ha ricevuto nello stesso periodo 225mila euro lordi; Pierangelo Raineri, capo della Fisascat Cisl, 237mila euro oltre alla moglie e al figlio assunti in enti strettamente collegati alla Csil.
Per comprendere meglio l’importanza lavorativa di questi signori è sufficiente sapere che Barack Obama riceve uno stipendio loro annuo di 400mila dollari, Angela Merkel 234mila, il primo ministro inglese David Cameron 214mila, Shinzo Abe primo ministro giapponese 202mila, François Hollande presidente della Francia 194 mila, Vladimir Putin 136mila, Matteo Renzi 124mila. Il cambio euro dollari di questi giorni ci rammenta che 100 dollari valgono circa 90 euro per cui non è difficilissimo calcolare quanto questi signori sindacalisti percepiscono.
In una recente intervista rilasciata ad un importante quotidiano economico nazionale, Nino Baseotto, responsabile delle politiche organizzative della Cgil, ha dichiarato che Susanna Camusso, segretaria generale nazionale Cgil, percepisce uno stipendio netto di 3.850 euro netti al mese ed un componente della segreteria nazionale poco più di 2.800 euro netti mensile, e che dal 2008 non hanno ricevuto un centesimo di aumento.
Ma perché tutti questi signori che sostengono di tutelarci e di coltivare i nostri interessi, non pubblicano annualmente gli importi che vengono accreditati sul loro conto corrente?
La Redazione
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