La sconosciuta SSc malattia della pelle dura
Tempo fa ho conosciuto una ragazza che una sera per telefono mi dice che devo darle una mano nella divulgazione di un argomento di notevole interesse. Mi incuriosisco e mi faccio spiegare di cosa si tratta.
Mi confida di essere affetta da una malattia che conoscono in pochi e persino tra la classe medica più di qualcuno non sa cosa sia la Sclerosi Sistemica cutanea o progressiva, la SSc, impropriamente detta Sclerodermia.
Facevo parte dello stuolo di persone che oltre a non conoscere la malattia non ne avevo mai sentito parlare, a mia attenuant e devo dire che giammai mi ero occupato di argomenti medici specifici o quantomeno la sanità l’avevo trattata dal punto di vista politico e sociale, diciamo dall’esterno.
Inizio il mio consueto giro di curiosità professionale e scopro che è una delle tante malattie rare che la stragrande maggioranza degli italiani neppure ne conosce l’esistenza.
Si tratta in sostanza di una malattia che distrugge il sistema immunitario e che colpisce la pelle e alcuni organi interni, il sistema immunitario del malato attacca se stesso. Alla pari di tantissime altre malattie se si ha la ventura di bloccarla sul nascere la si riesce a controllare, altrimenti è parecchio difficile da combattere in quanto non si conosce l’origine e non si conosce la causa.
L’indurimento della cute si estende gradualmente ai muscoli e in alcuni casi anche a fegato, reni, polmoni e ghiandole endocrine. Generalmente vi è un decorso cronico anche se in parecchi casi si è riscontrato un blocco e addirittura delle regressioni parziali che diventano segnali beneauguranti.
Di solito sono le dita delle mani ad essere colpite per prima, la pelle diventa dura, tesa e le dita tendono a irrigidirsi riducendo la flessione o la semiflessione. Ad oggi non esiste una terapia definitiva, vi sono alcuni farmaci che ritardano l’evoluzione fibrotica dei tessuti. Nulla più.
La dottrina scientifica ha da percorrere ancora tanta strada prima di reperire le giuste coordinate.
Manuela Aloise è la presidente della onlus LISS, Lega Italiana Sclerosi Sistemica, una associazione che si preoccupa di sostenere i malati e di far conoscere la SSc, è fortemente convinta che se saputa individuare ai primi sintomi la si riesce ad arginare.
“Come per diverse altre malattie rare vi è tanta ignoranza da parte dei pazienti, ma anche di qualche medico, che fa fatica ad individuare in tempi rapidi i sintomi ed associarli alla SSc. Purtroppo questa specifica malattia ha dei costi di cura molto alti, vi sono delle fiale che qualora dovesse pagarle il paziente dovrebbe tirar fuori circa tremila euro. Ciò significa che il sistema sanitario nazionale a volte è disattento sull’argomento”.
È un po’ il discorso della Sclerosi Multipla, il grande pubblico si è accorto della SM quando alcuni personaggi famosi hanno dichiarato pubblicamente di esserne vittime. Un nome per tutti: Rita Levi Montalcini, ma anche Lola Falana, Antonella Ferrari, Nicoletta Mantovani e altri.
“La SSc è una malattia che colpisce maggiormente le donne, oltre due terzi dei malati sono infatti donne. Non viene tenuta nella debita considerazione probabilmente perché il numero delle persone affette non è di quelli che politicamente desta attenzione. Sono meno di 25 mila e non vi sono personaggi famosi di caratura nazionale o internazionale”.
Purtroppo Manuela Aloise ha completamente ragione. Tv, quotidiani e rotocalchi che hanno una diffusione su tutto il territorio italiano si occupano molto spesso di argomenti strettamente legati ai personaggi noti, nel bene e nel male.
Ma ad onor del vero è utile specificare che da parte delle malate si fa poco o zero perché si parli della Sclerosi Sistemica, degli effetti e delle ripercussioni, sia a livello personale che familiare oltre che sociale.
“Inutile cercare le colpe nel pagliaio, vanno individuate all’interno. È vergognoso. Ci sono tantissime donne malate che ancora non hanno capito bene che della malattia bisogna parlarne pubblicamente e non chiudersi all’interno di comitive informatiche con atteggiamenti da carbonari che poco contribuiscono a migliorare anche la qualità della vita di ciascuno. È una mentalità bigotta e comaresca. Vi sono gruppetti di sclerodermici su facebook che non consentono l’accesso a tutti, che non parlano pubblicamente dei loro problemi e delle loro difficoltà, tutto ciò è controproducente per l’intero gruppo. Si chiudono nel loro guscio e si isolano dal resto del mondo”.
È piuttosto ridicolo un atteggiamento simile, magari vi sono persone disposte ad offrire contributi professionali, sociali, ma se si sprangano dall’interno non è facile offrire suggerimenti.
Altro handicap è la mancanza di associazionismo, bisogna comprendere bene che l’unione fa la forza e la forza consente di affrontare il nemico, le associazioni aiutano a migliorare le situazioni personali ma soprattutto della categoria e senza di esse tutto diventa più difficile e più complicato.
“Da anni mi sto battendo per far conoscere la SSc, vi sono delle zone ove la nostra associazione è saldamente presente ed abbiamo ottenuto discreti risultati. Ad esempio in Puglia, in Lombardia, a Treviso la nostra massiccia presenza ha contribuito a risolvere diverse situazioni intricate. La politica difficilmente concede spazi in modo gratuito, il politico necessita di richieste continue, occorre farlo con caparbietà ed insistenza, ed in questo caso ti concede. Dobbiamo comprendere che dobbiamo uscire all’aperto, dobbiamo metterci la faccia, non dobbiamo vergognarci di essere malati, anzi deve divenire un motivo di orgoglio e di lotta per ottenere ciò che ci è dovuto. Noi non desideriamo regali da nessuno, chiediamo solo quello che ci spetta. Non abbiamo rubato nulla per cui mi riesce difficile capire la motivazione del nascondersi”.
La grinta e la caparbietà di Manuela sono del tipo “volere è potere”.
“Sono ottimista e positiva. Preferisco guardare a quelle donne che convivono con la sclerodermia da 30 e passa anni piuttosto che pregare per quante sono più sfortunate e scompaiono dopo 5 mesi dalla diagnosi. Guai a non essere ottimisti, si rischia di affondare rapidamente”.
Segnali incoraggianti pervengono da alcune ricerche d’oltreoceano, però la medicina ufficiale si muove molto lentamente e prima di mettere in commercio nuovi farmaci ha bisogno di anni.
Vi è poi la medicina alternativa, ma in quell’ambito è come navigare a vista senza radar e senza timone in una notte di nebbia londinese.
Intanto a fine giugno ci sarà una grossa manifestazione nazionale e sarà la volta buona per ribadire che servono dosi massicce di fiducia e di speranza.
Bruno Galante
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