M5S, valanga o meteora?
Pochi giorni ai ballottaggi. Ultimi fuochi di campagna elettorale. Ancora una volta la Puglia diventa un laboratorio politico. I piccoli paesi chiamati al ballottaggio il 19 giugno sono il microcosmo e il termometro di una politica che arranca a trovare se stessa. Nei momenti di crisi, trionfano gli appelli alla pancia più che alla ragione.
Mentre destra e sinistra appaiono in affanno, il Movimento 5 Stelle sembra il più grande catalizzatore del malcontento organizzato e non vale ad arginare il fenomeno, sottovalutarlo o esorcizzarlo come tentano di fare gli analisti e i politologi.
La carica degli arrabbiati, come la definiscono, troppo semplicemente gli avversari e i detrattori, deve ora confrontarsi con una vera e propria proposta politica. Che passa dai grandi comuni, dalle megalopoli e dai piccoli aggregati.
Se Roma, Bologna, e Torino sembrano la cartina di tornasole per poter sondare la valenza amministrativa del Movimento, è nei piccoli centri che si gioca la vera partita.
Al di là degli slogan, in Puglia i pentastellati arrivano al ballottaggio nei comuni di Noicattaro (Bari) e Ginosa (Taranto), gettando una seria ipoteca sul comune lucano di Pisticci (Matera). E allora scendono al Sud i leader nazionali e i riflettori si accendono sui paesini della Murgia.
C’è chi li snobba, chi vede in loro dei proto fascisti riesumando paure del Ventennio. Quel che è certo è che il Movimento di Beppe Grillo ha inaugurato un nuovo modo di fare politica, forse non una politica nuova. Succede sempre di incanalare la rabbia sociale, quando i partiti tradizionali sono allo sbando, o hanno tirato troppo la corda.
Più che agli squadristi di Mussolini, che pure avevano una forte componente anarchica e antisistema, perlomeno agli esordi, i grillini mi farebbero pensare al Movimento dell’Uomo Qualunque, fondato nel dopoguerra dal commediografo e giornalista Guglielmo Giannini, che negli anni della Ricostruzione, soffiò sul fuoco dell’antipolitica e ottenne un notevole successo nella critica ai politici di lungo corso, ponendosi come cuneo nella diarchia latente tra Dc e Pci.
I tempi sono diversi, i paragoni non contano, i pregiudizi ancora meno. Allora abbiamo provato ad osservarlo, il popolo dei Cinque Stelle, tornando in piazza. Da spettatori interessati.
Quando vedi un fiume in piena, può farti paura, o anche affascinarti, puoi tentare di guadarlo, puoi controllarlo, ma non puoi pensare di fermarlo. La rivoluzione è questo. Non so se i 5 Stelle siano una rivoluzione, a pelle non mi piacciono, ma riempiono le piazze di gente che non aveva più nessuna speranza e neanche la forza di costruirla. Dal loro popolo, sale un grido, arrabbiato, disperato confuso: onestà!
Sono il figlio ribelle della vecchia politica, che pare non cogliere il loro allarme. Il Pd di Renzi sembra aver perso lo sprint iniziale legato alle riforme e alle rottamazione. La squadra di governo non appare all’altezza del premier, di cui non ha neanche la grande capacità comunicativa. Il presidente del Consiglio sembra arroccato nel “Giglio Magico” è stretto tra i mugugni della sinistra interna e una ripresa che non decolla. Il Partito Democratico, nelle grandi città, tiene nei quartieri bene, e perde nelle periferie.
Dove è finita la trazione sociale della sinistra? Dove sta il valore del popolo dei due terzi, di cui parlava Enrico Berlinguer?
La destra, dal canto suo, orfana di un vero leader e di un progetto, vive di rendita e si disperde in mille rivoli, non riuscendo più a fare blocco sociale.
È chiaro che in questo clima, chi cavalca la protesta e propone soluzioni semplici e draconiane, come il taglio degli stipendi e dei vitalizi ai parlamentari, cominciando a ridursi personalmente gli appannaggi politici, rinunciando al finanziamento pubblico dei partiti, usando le proprie auto ed eliminando le scorte, non ha che da guadagnarci.
Ma sarà la ricetta giusta? E soprattutto, quanto durerà?
Lo ripeto, a me i giacobini di ogni tempo non sono mai piaciuti, ma la politica non cambia scena, e il futuro sono loro, comunque la si pensi.
“Dateci un’occasione – ha detto a Ginosa Alessandro Di Battista – metteteci alla prova”.
Credo che molti elettori, un’occasione gliela daranno. Per molti sono l’ultima speranza di cambiare. Spero non vada delusa. Qualunque sia il verdetto del 19 giugno, quei ragazzi del Mitup quel popolo sul Territorio, quei giovani che si riaffacciano alla politica, duri nei modi, a tratti grevi, si sono guadagnati l’attenzione di tutti.
“Non siamo più una scommessa – dicono i penta stellati – siamo una certezza. Dove governiamo, lo stiamo dimostrando”.
Li attendiamo alla prova dei fatti.
Michele Pacciano
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