Handicap e sessualità, l’ultimo tabù
In Germania, la locomotiva tedesca poggia sulle spalle e sulla testa di Wolfgang , leader della Cdu, il ministro delle Finanze è considerato un falco e per la sua durezza e intransigenza si è guadagnato il rispetto e la stima dell’Europa e del mondo. A nessuno importa più che si spinge con una carrozzina a causa di un incidente d’auto.
Perché in Italia un disabile è considerato ancora un cucciolo da accudire e da curare, o al massimo, quando va bene, un cavallo da circo da applaudire in pista, è da compatire e criticare con sufficienza dietro le quinte.
Anche il capo del Mossad, il potentissimo servizio segreto israeliano, soffre di un grave handicap fisico che lo costringe a muoversi con difficoltà su una carrozzella super accessoriata che gli mantiene anche la testa.
Purtroppo, a volte l’Italia non sa neanche copiare dagli altri Paesi del mondo, va avanti a colpi di pietismo e pressapochismo. Il solito tiriamo a campare, tanto i problemi non ci riguardano. O comunque li risolveranno sempre gli altri.
Ho scritto tanti articoli sull’handicap. E non mi stancherò mai di farlo. Ma c’è ancora un tema che viene solo sussurrato, quasi mai pronunciato apertamente, quello che riguarda disabilità, affettività e sessualità. In molti paesi, operano già i cosiddetti assistenti sessuali. Ma siamo sicuri che siano la soluzione?
Abbiamo tentato una piccola inchiesta, con l’aiuto di esperti.
Liberi di amare, di piacere e di piacersi, di avere una vita di coppia.
Ma quando si scende nel concreto, nella vita di ogni giorno, nel sentire comune gli handicappati rimangono invisibili, angeli asessuati o al massimo gente di cui aver cura. Allora la sessualità, la ricerca di piacere e di affettività diventa un’eccezione, un diritto negato e rimosso, un’aspettativa ad una corporeità consapevole, una ricerca di un piacere fisico che, diritto per ogni essere vivente, diventa invece indissolubilmente legato all’amore per una persona con handicap.
Anche la sensualità diventa motivo di emarginazione e traumi.
E se sei donna, donna con handicap, sei marginalizzata due volte. Che fare?
Non ci sono risposte univoche, ma si cercano nuovi spazi di confronto e nuove strategie di intervento. La coppia con un partner disabile, è un nucleo con un motivo in più per crescere e una difficoltà in più da superare. Come sottolinea il professor Maurizio Bossi di Milano, la donna normodotata è più facilmente disposta ad intavolare una relazione sentimentale con una persona disabile, questo per il diverso approccio maschile femminile alla sessualità, laddove nella donna è preminente l’innamoramento mentale verso il partner che trascende e si completa nel rapporto fisico.
Nella donna inoltre sussiste un desiderio materno di presa in carico e di presa in cura. Spesso invece questo non avviene quando ad essere disabile è il partner femminile della coppia. La ricerca del puro piacere sessuale da parte di persone con handicap è sempre un campo minato, al di là della sfera privata ed intima di ognuno. Su questo fronte si rileva l’ostracismo sociale, più o meno diffuso, rispetto alle coppie che comprendano una persona disabile.
La coppia disabile scoppia più delle altre?
Le difficoltà sono sicuramente maggiori, ma l’incidenza dell’handicap, se pure importante non è decisiva. La ricerca di una sessualità consapevole, come afferma la ricerca del professor Sumil Dreepak dell’Università di Bologna, passa attraverso il bisogno incondizionato di affetto e di puro piacere fisico che vi sottende.
Molto spesso c’è una differenza sostanziale tra chi ha subito l’handicap in età giovanile o avanzata, magari a causa di traumi e di incidenti stradali, e chi vi convive dalla nascita, essendo statisticamente più difficile che un handicappato dalla nascita abbia un approccio più facile e consapevole all’universo sessuale, anche perché subentrano dei meccanismi di non accettazione del proprio corpo e della propria fisicità, vissuta in contrasto con i modelli sociali dominanti, che prefigurano un’idea standard di bellezza e di efficienza.
Amare con handicap non è facile, ma diventa possibile ed anche stimolante se si accetta il rischio dell’amore che è, sempre e comunque, un rimettersi in gioco, con gli altri ma anche con se stessi. Programmare una vita di coppia con una persona con handicap significa anche soppesare i rischi e prevenire le difficoltà.
La prevenzione delle malformazioni, anche congenite, è un punto fondamentale. A questo scopo si è costituito il network italiano dell’Acido Folico che, come ha spiegato la dottoressa Domenica Taruscio dell’Istituto Superiore di Sanità, con una pillola di quattro milligrammi di A.F. e con una corretta alimentazione si possono ridurre i rischi del 70%.
La disabilità è motivo di emarginazione soprattutto se sei donna, come ribadisce il professor Federico Montero dell’OMS. Seicento milioni di handicappati vivono nella parte debole del mondo.
L’handicap è l’handicap a tutte le latitudini, ma dove si nasce è anche una fortuna. L’amore è dovunque un rischio, ma rimane sempre una partita da giocare. Anche solo per il gusto.
La sessualità tra le persone con handicap, è ancora un tabù, specie per chi ha un deficit psicomotorio, quando succede, molto spesso i più sgomenti sono i genitori: che fare, come comportarsi, come correre ai ripari, a chi rivolgersi?
In Olanda ci sono gli assistenti sessuali, non so che risultati abbiano, dipende tutto dall’accettazione di sé. E quella nessuno te la può dare se non la trovi dentro di te e nel contesto che ti circonda, ma da noi sulla sessualità delle persone con handicap, uomini e donne, si brancola ancora nel buio, prigionieri forse di una morale troppo bacchettona, di un malinteso senso religioso e di paure ataviche dure da sconfiggere. Prima o poi bisognerà pur parlarne, senza infingimenti e pregiudizi, come una cosa naturale e forse prescinde anche dall’amore, di cui peraltro è parte integrante.
L’amore è la forma più alta di comunicazione, ma tra i disabili gravi è ancora taciuto, nascosto, represso o lasciato al caso. Nessuno sembra accorgersene, tranne il mercato, che si inventa le chat ghetto.
E noi? Tutto è chiuso tra le quattro mura di una stanza, di un istituto o di una famiglia, fino a quando il fattaccio di cronaca non ci aprirà gli occhi, se non sarà troppo tardi.
Noi le persone con handicap, non siamo né angioletti, né scimmiette, siamo uomini e donne, che devono imparare a convivere con una propria sessualità, che per ognuno e viceversa. Accettando il rischio dell’amore.
Michele Pacciano
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