Dopo la battaglia, la concentrazione
Malgrado le esternazioni del c.t. Antonio Conte, era un po’ nell’aria che il match contro l’Irlanda, ultimo del trittico del Gruppo E di qualificazione, non sarebbe andato secondo previsioni, ossia vincente.
Non solo per il massiccio turn over imposto da circostanze e prudenza, ma anche da quel mettere un po’ le mani avanti: “Se perdiamo ci rompono le scatole” del c.t., frase che suonava, in effetti, già come una possibilità più che concreta di una debacle.
Se a questo aggiungiamo lo spirito mordace, aggressivo, non di rado violento, con cui gli irlandesi hanno interpretato la partita, uscirne sconfitti con una rete soltanto al passivo pare persino accettabile.
Fin troppo “cattivi” i rivali, così determinati a piombare non soltanto sul pallone ma anche sulle caviglie e sugli stinchi dei nostri giocatori.
Ad ogni buon conto, alcune risposte il c.t. le ha avute.
Ad esempio Sirigu, il portiere, fisico compatto e reattivo, ha dato segnali forti per il ricevimento di un testimone pesantissimo, quello che Buffon consegnerà, al più presto, al suo successore.
Gli attaccanti, poi, si sono battuti con ardore, anche se, nella pochezza del gioco un po’ intimidito degli azzurri, hanno avuto non solo poche palle giocabili, ma anche poco spazio per potersi mettere in mostra.
Usciti dalla battaglia, dal clima di scontro incandescente nel quale gli irlandesi hanno gettato il match, senza subire conseguenza alcuna, e di punteggio essendo già qualificati e di acciacchi gravi, ora gli Azzurri debbono cambiare registro psicologico e dalla tensione passare alla concentrazione.
La gara contro la Spagna, che cade in modo sciagurato, per via di una organizzazione dei tabelloni davvero infelice, già agli ottavi di finale, va prima visualizzata, poi ripassata, quindi assimilata e da ultimo giocata.
Si tratta di un’ottima opportunità per “vendicare”, ovviamente in senso sportivo, la severa batosta del passato europeo.
La squadra assemblata da Conte non sarà un portento, non avrà ricamatori stilistici o fuoriclasse, ma una cosa di certo la possiede: una concretezza esemplare, sorretta da un senso di appartenenza al gruppo e di profondo orgoglio che possono essere chiavi vincenti e non palliativi.
D’altra parte gli spagnoli non sembrano aver fatto grossi progressi sul piano del gioco e della loro concretezza. Il palleggio prolungato è quello di sempre, con un pizzico di inventiva e di genialità in meno
(pensiamo a Xavi), al punto quasi quasi da sembrare ormai qualcosa di superato, non più al passo di tempi che, sovente, richiedono invece velocità, profondità e sbrigliatezza d’azione.
Come a dire: arrivo in porta con due passaggi, cincischio poco e tiro sempre.
Una partita, comunque, senza dubbio ostica per i nostri, ma, viene da immaginare, non del tutto proibitiva come avrebbe potuto esserlo qualche tempo fa. Se lo spirito sfoderato contro il Belgio torna ad animare gambe e testa dei nostri, ebbene, ce la giochiamo.
Aprendo l’obiettivo sul resto del panorama, la sensazione è che la qualità non sia eccezionale, né sembra intravvedersi una squadra capace di staccarsi al di sopra delle altre.
Lotta incerta, dunque, con nuove pretendenti al titolo prima non considerate (leggi Croazia).
Qualche bella sorpresa, per la gioia composta ma goliardica delle loro tifoserie, come Galles e soprattutto Islanda; qualche incertezza in pezzi da novanta come Germania, Inghilterra, Francia e Spagna stessa. Insomma un bell’equilibrio.
Chi latita, a nostro parere, è un po’ il gioco: non se ne vede granché.
Vero è che siamo solo all’inizio e che le grandi sfide debbono ancora partire, tuttavia …
Franco Ossola
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