Il Portogallo Campione d’Europa
Con un bellissimo gol ottenuto da Eder nel secondo tempo supplementare il Portogallo supera la favoritissima Francia e conquista l’alloro continentale. In pochi ci credevano, perché la vittoria dei portoghesi ha il profumo del mezzo miracolo. Non solo la Francia, padrona di casa, poteva contare su uno stadio stracolmo di sostenitori (in ragione di 6 a 1), ma anche sul favore dei pronostici, viste le precedenti, più che incoraggianti prestazioni.
Ma, si sa, il calcio è affascinante proprio perché imprevedibile, irraggiungibile, sfuggente nei suoi esiti quando si crede di poterlo imbrigliare in un pronostico determinato. E così è stato.
Forse il solo davvero convinto, al di là della pretattica, che la squadra avrebbe potuto farcela era il trainer dei rossoverdi, Fernando Santos, il quale aveva avvertito che la sua squadra non era soltanto Cristiano Ronaldo.
Quasi che il Fato avesse voluto prenderlo in parola, il match ha immediatamente imboccato il binario della contro prova. Non erano passati che una decina di minuti e una brutta entrata del francese Payet, nervoso e al di sotto delle solite prestazioni, atterrava proprio CR7. Un colpo violento, a metà fra il consapevole e il non voluto, fra ginocchio e coscia. Il campione stramazzava al suolo, tentava di rialzarsi, veniva bendato ma era costretto a lasciare fra le lacrime.
Se sui volti dei tifosi francesi si nascondeva un sorrisetto di compiacimento, su quello dei portoghesi scendeva lo spettro della paura.
Come fronteggiare i padroni di casa, lanciati a mille, senza l’apporto del loro campione più grande?
E qui, da questo momento, accadeva qualcosa di incredibile: un misterioso fluido di compatta solidarietà, silenzioso e segreto, prendeva ad alimentare i giocatori portoghesi.
Come d’incanto, una squadra che fino a quel momento del torneo aveva in pratica rinunciato ad essere tale, quasi schiavizzata a giocare solo in funzione del suo campionissimo, si trasformava in una squadra autentica, affiatata, legata, unita.
Paradossalmente l’uscita dal campo di Cristiano Ronaldo consentiva al resto dei suoi compagni di essere se stessi pienamente, nella totalità delle loro autentiche potenzialità.
Come sollevati dall’ossessione di dover giocare e finalizzare sempre e solo per lui, Nani e compagni si sono trasformati, meglio, liberati dalla presenza ingombrante ed esigente del loro capitano.
Un capitano, comunque, degno di tal nome, che piange a dirotto quando è si vede costretto ad abbandonare il campo e di propria mano passa la fascia allo scudiero più fido. Un capitano che sul finire di partita a bordo campo, saltellando su una sola gamba, affianca l’allenatore nel dispensare consigli e che al fischio finale, stremato come se avesse disputato l’intero incontro, si getta a terra piangendo.
Una vittoria meritata, dunque, in un match a tratti noioso (vedi il primo tempo) a tratti scontato, che si è sviluppato più per guizzi improvvisi che per continuità di gioco autentico.
Uno specchio, questa finale, di un Campionato d’Europa dai toni dimessi, senza squilli o segnato almeno da una partita che valga la pena trasmettere agli atti della storia calcistica.
La Francia, da parte sua, non potrà che leccarsi le ferite. Farsi sfuggire un’occasione così ghiotta di portare a tre i titolo continentali del suo palmares è, per lo meno, un autentico peccato.
La delusione brucia.
A fine match il volto del ct Deschamps, pallido e tirato, era l’immagine del flop.
In mezzo al campo i giocatori francesi si abbandonavano anch’essi a un immediato, silente, esame di coscienza. Quando, specie all’inizio e sull’onda emotiva dell’abbandono di Cristiano Ronaldo, avevano in pugno la partita poco hanno fatto per metterla su un binario a loro favorevole.
Dopo, quando i portoghesi, hanno riacquistato il senso di ciò che stava accadendo, si sono lasciati irretire dal loro gioco sereno e tecnicamente valido, senza più essere in grado di infastidirli seriamente.
Un Europeo, dunque, che ha chiuso i battenti sotto l’egida di quello che è stato il marchio che lo ha contraddistinto, ovvero il segno della sorpresa.
Quella di veder cadere i Campioni del mondo della Germania e quelli d’Europa della Spagna, di vedere squadre mai considerate come il Galles e l’Islanda fare molto bene, e, da ultimo, i favoriti francesi deporre le armi al cospetto del cuore pulsante dei portoghesi.
Franco Ossola
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