Siamo un Paese di malati eccessivamente disuguali
Perché a distanza di sei anni dall’approvazione della Legge sulla terapia del dolore (la 38/2010) ci sono ancora così tante disparità sul territorio italiano nell’accesso ai farmaci e alle cure?
L’attuale regionalizzazione della sanità riduce o aumenta le diseguaglianze?
Perché i cittadini non sono ancora adeguatamente informati sui loro diritti in tema di cura?
Quali sono le sfide che attendono gli specialisti che si occupano del dolore?
A queste domande, e a molte altre ancora, hanno cercato di dare risposta gli oltre duecento partecipanti della sesta edizione del Workshop IMPACT proactive, che si è svolto l’1 e il 2 luglio alla Stazione Leopolda di Firenze: esperti interdisciplinari del dolore, opinion leader nazionali, rappresentanti delle Istituzioni e delle Società Scientifiche, portavoce delle Associazioni di difesa dei diritti dei cittadini, ricercatori e medici di medicina generale.
Ed è emerso un quadro desolante: quello di un Paese di disuguaglianze, in cui i cittadini con dolore (12 milioni di italiani) ancora non ricevono cure adeguate e assistenza.
Le “disparities” (questo il titolo dell’edizione 2016 di IMPACT proactive) sono ancora molte, troppe, a distanza di sei anni dall’approvazione della Legge sulla terapia del dolore.
Il punto di vista istituzionale, rappresentato dalla senatrice Emilia De Biasi (Presidente della Commissione Igiene e Sanità al Senato) è chiaro:
“È una delle sfide più grandi del nostro sistema sanitario nazionale: la Legge 38 è una buonissima legge, ma richiede di essere applicata. La disparità nasce dalle diseguaglianze tra regioni: abbiamo 21 sistemi sanitari, 21 sistemi indipendenti.
Che cosa bisogna fare?
Anzitutto, come stabilisce il Titolo V della Costituzione, le regioni devono dialogare tra loro e collaborare di più tra loro. Dobbiamo creare reti sul territorio, e incentivare la collaborazione tra medici e il personale sanitario. Abbiamo bisogno dell’ospedale, ma anche del territorio per la presa in carico del paziente: dobbiamo potenziare il ruolo dei medici di medicina generale. E poi, ricordare sempre che i cittadini devono essere assistititi: dobbiamo restituire un accesso universale al nostro sistema sanitario”.
All’interno dell’evento, un approfondimento specifico è stato dedicato al rischio di dipendenza dai farmaci oppiacei nel trattamento del dolore cronico.
“Noi riteniamo però che per quanto riguarda l’Italia questo sia un falso problema, e che la questione vada posta diversamente” dichiara Guido Fanelli, membro del Comitato Scientifico di IMPACT proactive.
“I dati più recenti presentati nel corso di IMPACT proactive ci dicono anzitutto che l’Italia è l’ultimo tra i cinque paesi top europei (Inghilterra, Spagna, Francia e Germania) per consumo di farmaci per il trattamento del dolore benigno, e che è l’ultimo Paese in Europa per valore complessivo di oppioidi, mentre è il primo Paese invece per utilizzo di FANS, i farmaci antinfiammatori non steroidei, che come sappiamo presentano molti e gravi effetti collaterali. La questione va inquadrata nella giusta prospettiva: il 17% della popolazione mondiale risiede negli Stati Uniti e in Canada, dove avviene il 92% del consumo globale di oppioidi e derivati della morfina. Il problema quindi è l’opposto: l’utilizzo dei farmaci oppiacei deve crescere in maniera appropriata e regolamentata; per motivi culturali, e per via di una legislazione diversa che permette di acquistare certi medicinali solo in farmacia, non corriamo gli stessi rischi degli Stati Uniti”.
Daniel C. Meyer
Commenti
Siamo un Paese di malati eccessivamente disuguali — Nessun commento
HTML tags allowed in your comment: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>