Che diventi un urlo di gioia e di amore
È di un’attualità impressionante “L’urlo” il celebre dipinto del pittore norvegese Edvard Munch, realizzato nel 1893 su cartone con olio, tempera e pastello, come per altre opere munchiane è stato realizzato in più versioni.
Si presenta solo come un’opera artistica eppure “urla”.
Attraversiamo un’epoca di soprusi, di aggressioni, di sofferenza. Ieri Bruxelles, Copenaghen, Parigi. Oggi il disastro ferroviario sulla tratta Andria-Corato, la strage sulla Promenade des Anglais a Nizza, il tentato golpe in Turchia.
Si alzano forti al cielo voci felpate e silenti: paure, accuse, minacce, giudizi.
Violenze che si presentano, alla pari dell’opera di Munch, apparentemente legittime, autorizzate, giustificate.
Ogni giorno, una, due, tre, dieci, cento, mille, in una catena senza confini di spazio e di tempo.
Violenze nei confronti dei deboli, dei sofferenti, degli ultimi, nei confronti di persone alle quali non è riconosciuta un’identità e una voce: bambini, malati, anziani.
Le loro voci restano dipinte e inascoltate.
Nessuno ha tempo da dedicare agli ultimi perché si trova troppo in alto o perché è troppo potente o perché è troppo impegnato.
Violenze concatenate inconsciamente, si crea un legame virtuale tra il violentatore ed il violentato entrano in rapporto involontariamente, ognuno di loro lascia un segno ed una traccia che si espande e si propaga sino a divenire un urlo straziante.
Ogni nostro gesto quotidiano crea una scia e scava un solco.
Il bene e il male non possono rimanere celati a lungo, li si può nascondere a tempo determinato ma è questione di ore, di giorni, di mesi e poi emergono nella loro interezza.
Ciò che sfugge all’occhio umano non può sfuggire al cuore. Il sangue che scorre nelle vene non lo vediamo, è nascosto, è sottocutaneo, ma ci consente di vivere, di gioire, di soffrire, di riflettere, di agire.
La nostra salvezza non potrà mai dipendere dal fragore delle armi, dallo scorrere del sangue.
La nostra salvezza deriverà solo dall’intensità e dalla quantità di amore che saremo in grado di donare, dalla verità che avremo il coraggio di cercare e di divulgare, dalla forza che impiegheremo nel combattere le ingiustizie, dalla capacità di affrontare a viso aperto la minaccia del potere subdolo e occulto.
Quel potere che si muove alla stregua di un rullo compressore che non vede e non consente obiezioni e dialogo.
Se sapremo camminare mano nella mano, col sorriso e con lo sguardo sereno, se chiederemo e offriremo dignità e rispetto, se seguiremo il sentiero della pace e della carità in lontananza scorgeremo il giardino della felicità terrena, ove si coltivano fiori di un colore unico e inimitabile, che emettono profumi inebrianti e appaganti.
Se lo vorremo, solo se lo vorremo metteremo a tacere, o quantomeno ad attutire, quell’urlo che supera le barriere della disperazione, del dolore, dello strazio.
Quell’urlo che, se lo vogliamo, può trasformarsi in urlo di gioia e di amore.
Carmelina Rotundo
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