Gli atleti russi l’Olimpiade di Rio de Janeiro la vedono in tv
Le previsioni sono di oltre due miliardi di telespettatori in tutto globo ad assistere all’apertura delle XXXI Olimpiadi moderne a Rio de Janeiro per vedere sfilare le bandiere di 207 nazioni e 10.500 atleti all’interno del Maracanà, l’Estadio Jornalista Mario Filho.
Numeri sensazionali che fanno rabbrividire.
Dopo decenni di assenze tornano il rugby ed il golf per cui le discipline lievitano da 40 a 42 e gli sport da 26 a 28. Le medaglie d’oro saranno 306.
Di queste 306 medaglie ben 47, poco più del 15%, sono destinate all’atletica. Disciplina sportiva che spesso e volentieri passa dalle cronache sportive a quelle giudiziarie sportive per via di pastette, pasticche e pasticci.
L’ultimo in ordine cronologico è quello russo.
La Iaaf, International Association of Athletics Federations, riceve il rapporto della Wada, World Anti Doping Agency, nel quale è specificato in maniera dettagliata in quale maniera sono stati manipolati tutti test antidoping degli atleti russi dal 2011 al 2015, ivi comprese le olimpiadi invernali disputate a Sochi in Russia nel 2014.
Scoppia il finimondo anche dal punto di vista diplomatico e politico poiché il rapporto illustra le intrusioni e gli interventi dei servizi segreti, del Cremlino, manipolazioni finalizzate ad incrementare il medagliere russo. Cinque atleti e cinque tecnici vengono radiati a vita. Mentre la federazione russa è squalificata per due anni.
Ovviamente nessuno accetta la sentenza della Iaaf e presentano ricorso al Tas, Tribunale Arbitrale dello Sport, di Losanna.
Il Tas rigetta tutte le istanze inoltrate e conferma le sentenze iniziali.
Il ricorso dei 68 atleti non è preso in considerazione e a sfilare sotto la bandiera russa nel Maracanà ci saranno solo la mezzofondista Yulia Stepanova e la saltatrice Darya Klisina.
Yulia Stepanova poiché è stata la bionda trentenne a spiattellare le magagne e gli intrallazzi dell’atletica moscovita spiegando nei dettagli i meccanismi e le modalità con le quali si muovevano dirigenti, medici e atleti per truccare e aggiudicarsi gare e record.
A Darya Klisina, invece, il permesso di partecipare a Rio è stato concesso in quanto oramai da più di tre anni vive e si allena negli Stati Uniti.
La più rammaricata della decisione svizzera è Yelena Isinbayeva la trentaquattrenne saltatrice con l’asta e vincitrice di due olimpiadi, tre mondiali, quattro mondiali indoor ed una seri di titoli europei.
Prima donna a superare l’asta dei 5 metri, detentrice di svariati record europei e mondiali, con un palmares impressionante ma soprattutto su di lei non è mai volata neppure una lettera o una virgola di coinvolgimento illecito. Allenamenti, sacrifici e pedana.
Profondamente deluso è l’entourage politico a cominciare da Dimitri Peskov, fidato portavoce di Putin. A suo parere la responsabilità collettiva non può essere accettata, gli atleti che avrebbero partecipato alle Olimpiadi nulla hanno a che fare con il doping visto che per mesi sono stati sotto i controlli delle agenzie antidoping straniere.
Particolare non troppo trascurabile è che i Mondiali di Calcio 2018 dovranno disputarsi in Russia. Potranno esserci sviluppi e legami tra gli interventi della Wada e dell’Iaaf con la Fifa, Fédération Internationale de Football Association, la potente federazione mondiale che governa il pianeta miliardario del pallone?
Nella fattispecie il dubbio non si trasforma in peccato, se corruzione e manipolazione di provette avvenivano nel mondo dell’atletica dove circolano euro e dollari ma che sono di gran lunga inferiore a quelli che ruotano attorno alla sfera di cuoio, potrebbe non essere impossibile che pure all’interno degli stadi di calcio quell’ingranaggio malavitoso fosse presente negli spogliatoi e nei gabinetti d’analisi.
Strettamente collegata alla vicenda atletica russa è quella del nostro connazionale Alex Schwazer, come leMeridie.it ha scritto nei giorni scorsi, il quale è in attesa della decisione finale se presentarsi a Rio oppure rimanere nelle sue valli altoatesine.
Molto schiettamente l’olimpionico azzurro ha ammesso di essersi dopato nel 2012 allorquando dalle analisi risultò che aveva assunto sostanze dopanti. Ha pagato per intero la condanna inflittagli, non ha chiesto sconti o riduzioni di pena, ha sempre sostenuto di aver chiuso ermeticamente la porta del passato, ha ripreso ad allenarsi con assiduità ed in silenzio sotto la guida di un tecnico che ha fatto dell’antidoping la sua bandiera. Sandro Donati ancor prima di accettare di divenire suo allenatore ha voluto parlargli a quattr’occhi guardandogli dentro, l’ex tecnico della Nazionale di Atletica Leggera ha stabilito regole e abitudini, gli ha detto che alla minima ombra di dubbio fa le valige e ritorna ai suoi hobby.
Resosi conto che il 32enne marciatore non sgarra di un millesimo ha proseguito a dirigerlo e a farlo sudare con l’auspicio di ammirarlo a Rio de Janeiro.
Non è, magari, che in questo polverone di stupefacenti qualcuno voglia levarsi qualche spina nei confronti di Sandro Donati, acerrimo nemico delle sostanze dopanti, e contemporaneamente di un atleta che ha avuto la forza ed il coraggio di allontanarsi da un ambiente governato da mafie e criminalità che impongono omertà e obbedienza?
la Redazione
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