Francesco e i disabili
Papa Francesco, nel corso della sua visita in Polonia, in occasione della Gmg, Giornata Mondiale della Gioventù, ha visitato l’ospedale americano polacco nei pressi di Cracovia, dove ci sono i più disabili tra i disabili, quelli che una volta si chiamavano gli incurabili e che sono i disabili orfani e piccoli.
Più di tutto il protocollo, mi colpiscono le urla incontrollate di questi bambini che rischiano di rompere il silenzioso affetto del Papa che si esprime in una carezza che evidenzia tutta la forza di un uomo di preghiera.
È a questo urlo strozzato che denuncia la nostra impotenza, a questo grido di dolore che diventa pianto, a questo allarme dell’anima che dobbiamo dare una risposta che prescinde dal nostro credo religioso. Nella risposta alla sofferenza e alle povertà si misura la vera laicità di uno Stato e di un mondo.
Poco lontano da qui, ad Auschwitz Birkenau, centomila disabili furono sterminati, nel nome di un incubo di presunta purezza. Lì, il Papa è entrato da solo, a piedi, unendosi al silenzio di Dio.
Chi insegue la purezza e non inizia da sé stesso, prima di tutto uccide il dio che abita nel cuore di ogni uomo.
Quando non ce la faccio più a vivere la mia avventura quotidiana mi vengono in mente le parole di un padre costretto a legarsi di notte a letto col proprio figlio gravemente epilettico: “L’energia che sostiene la mia disperazione, la trovo solo nei suoi occhi. In lui vedo l’amore, lo sguardo di Dio che me l’ha affidato. E nella sua croce trovo la grazia”.
Non sono parole vuote, ma la testimonianza di un uomo semplice e fragile che però può affermare di aver incontrato e fatto esperienza di una fede viva chi si identifica in un uomo, morto e risorto.
Se veramente l’handicap fosse illuminato dal Vangelo, sarebbe vissuto come grazia, come momento quotidiano che riconduce all’essenzialità delle cose.
Per chi vive intorno al disabile questo non è facile, forse è impossibile, ma in ogni persona con handicap c’è una parte di noi che ti chiede aiuto e che, senza infingimenti e freni inibitori, è pronta a dare amore.
È vero, noi disabili siamo animali strani, assorbiamo tutto quasi acriticamente perché quello che ci guida,
sia che si parli di disabili fisici, sia che si parli di disabili psichici, è soprattutto l’istinto.
A volte i nostri freni inibitori sono molto labili, oppure inconsciamente e razionalmente approfittiamo della nostra condizione per costruirci nostri piccoli regni dispotici.
Come se tutto ci fosse dovuto, in rivalsa di ciò che abbiamo perso.
Quando avevo 8 anni la mia terapista tibetana, in un’America che diventava il mio mondo, mi disse: “Smettila di fare il Maharaja, nulla ti è dovuto, tutto va conquistato”.
Allora mi sembrò uno schiaffo in viso ma poi ho capito che da lì è ricominciata la mia vita e la mia autonomia.
Spesso la verità è uno schiaffo che fa male, altre volte è la carezza di un anziano Papa che riempie il silenzio che nessuna parola potrà colmare, dicendo a tutti noi che forse dovremmo fare più silenzio, svuotarci dalle cose e andare all’essenziale che un gesto può dire.
La mia terapista tibetana ammoniva i miei genitori, a fare e non dire.
Questo ha fatto a Cracovia Papa Francesco, in tacito ringraziamento a quanti ogni giorno si occupano degli ultimi.
Nella terra di Woytila, Francesco cammina nella Misericordia.
Michele Pacciano
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