L’Europa che vorremmo
Fabio è un ragazzone di un metro e ottanta con il sogno di fare il medico senza frontiere.
Dopo la laurea in medicina ha vinto un master in professioni sanitarie nei paesi emergenti in una prestigiosa università tedesca.
Poi è andato a Bangalore, India dall’altra parte del mondo scoprendo la passione per le antiche pratiche ayurvediche, pratiche che ha sposato insieme alla medicina occidentale. Oggi tutti lo chiamano il medico dei poveri.
Sua sorella, dopo la laurea in lettere, sta facendo un dottorato a Poitiers, città dove nel 732 Carlo Martello sconfisse i musulmani.
Il nonno Alberto sostiene che i suoi nipoti sono due marziani, ma loro tirano dritto, e avvisano solo che il loro orizzonte è il mondo.
In un’Europa che stenta a ritrovare se stessa questi due ragazzi sono solo due esempi della generazione Erasmus, non è totalmente vero che i giovani siano tutti abulici e vivano con la mente frastornata da Google 24 ore su 24.
Non so se Fabio e Ludovica conoscano Il Manifesto di Ventotene per un’Europa libera e unita, scritto nel 1941 da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, insieme ad Eugenio Colorni ed Ursula Hirschmann, ma so che entrambi l’Europa la percorrono ogni giorno ed è questa idea di paese comune, aldilà dei burocrati di Bruxelles, che tutti noi vorremmo coltivare.
Salendo sulla portaerei Garibaldi, Matteo Renzi, Angela Merkel e François Hollande hanno posto le basi per un vero esercito europeo che sia di contrasto al terrorismo internazionale e di supporto all’immigrazione e all’accoglienza.
L’Europa sarà anche figlia di molti fallimenti, di interessi incrociati e di continui compromessi verso il basso. I fondi europei sembrano difficili da raggiungere e vengono acquisiti da società che fanno sempre capo agli amici degli amici.
A ben guardare però, se ben indirizzati costituiscono una possibilità di reale sviluppo verso un futuro possibile per il riscatto del Mezzogiorno. Sul piatto della bilancia pesano la crescita zero e la disoccupazione a livelli allarmanti.
Andando oltre ogni pessimismo, comunque, i giovani si muovono in Europa come se fossero a casa propria, meraviglioso esempio sono gli istituti alberghieri italiani ove si formano i migliori cuochi e chef che si fanno apprezzare nei ristoranti di mezzo mondo, a Tokyo come a Londra e Sidney.
Anche dopo la temuta Brexit questa Europa ha saputo reagire senza subire forti contraccolpi.
È a questo modello che vorremmo si ispirassero i nostri capi di governo.
Sono questi giovani che portano impressa la speranza nei loro occhi a fare grande ed attuale il sogno di Ventotene.
Il terrorismo verrà sconfitto da un esercito comune e da comuni strategie di intelligence.
Il colpo di grazia lo daranno certamente coloro che non avranno paura di muoversi e di lavorare ovunque in Europa, perché la migliore alleata dei seminatori di morte è la paura che la gente non esca più di casa, che tutti si viva chiusi entro quattro mura e rattrappiti su noi stessi senza avere un orizzonte a cui guardare.
Il cielo di Ventotene era plumbeo nel settembre del 1941 e le armate naziste del generale von Paulus si apprestavano a invadere l’Unione Sovietica.
Tuttavia, tre uomini soli e incarcerati su un’isola sperduta progettarono un sogno che sembrava irrealizzabile. Oggi quel sogno si è dovuto scontrare con una sofferente realtà, più volte si è dovuto inchinare ai colpi mancini di una polverosa burocrazia.
Però il suo spirito cammina ancora negli occhi di quanti pensano che i recinti non vadano abbattuti, ma sempre superati.
Michele Pacciano
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