Se il latte diventa una miniera
C’era una volta la Parmalat, la Galbani (con l’indimenticabile “Galbani vuol dire fiducia”), Invernizzi, tanto per citare quei marchi che tutti abbiamo ascoltato, visto e letto ovunque, ma un bel giorno da quella splendida regione della Gallia, che si chiama Paesi della Loira (Pays de la Loire), si presenta in Italia un gruppetto di distinti e ben vestiti signori i quali fanno man bassa di molte delizie provenienti dalle stalle italiche.
Questi distinti signori appartengono al Gruppo Lactalis che ha sede a Laval, nel dipartimento di Mayenne. Il primo acquisto lo effettuano nel 2006, la Galbani, e col trascorrere dei giorni tutto il resto. Sulla cartella stampa si legge che Lactalis, si chiama così dal 1999, risulta essere il numero uno nel mondo come gruppo lattiero-caseario, numero uno in Europa quale produttore di latticini e formaggi. In sostanza è il gruppo con maggior potere decisionale e operativo su gran parte della terra, in Europa di sicuro.
Qualcosa di simile alla Fiat in Italia.
Ovviamente, alla pari di tutte le grandi società hanno diversificato gli investimenti e la produzione e sono presenti, e ottimamente posizionati, nel mercato dei salumi. Commercializzano oltre 300 prodotti e sono presenti in oltre 100 paesi del pianeta. Un colosso che circola con oltre 1.100 furgoncini sulla nostra penisola per servire quotidianamente 60.000 clienti. Cifre da capogiro.
Gli eredi di André Besnier, il fondatore del colosso alimentare che il primo giorno di lavoro nel 1933 raccolse 17 litri di latte e produsse 35 camembert, sono quei signori che fanno incavolare terribilmente gli allevatori nostrani poiché sono gli acquirenti che pagano nelle stalle un prezzo inferiore a tutti: meno di 30 centesimi a litro.
Si torna al solito discorso della filiera agroalimentare, un chilo di frutta viene pagato al contadino 15, 20 centesimi e sui banchi lo si acquista da 1 euro in su sino ad arrivare a 8 e persino 10 euro al chilo. Siamo in libero mercato, ma questo sembra libertinaggio di marketing, un sistema anarcoide o di giungla selvaggia ove il piccolo sovente è destinato a soccombere.
Si diceva del latte, ancora una volta è intervenuta la Coldiretti con un comunicato chiaro e semplice dopo che in Francia la Lactalis ha chiuso un accordo con i produttori di aumentare di 3 centesimi al litro. Durante la fase di trattativa in tutta la Francia sono spuntati come funghi cartelli con la scritta “Lactalis voleur (Lactalis ladra)”, i produttori entravano nei supermercati e sui prodotti del gruppo attaccavano adesivi con la scritta
“Questo prodotto crea disoccupazione (Ce produit laitier crée du chômage)”.
Giorgio Apostoli, responsabile settoriale della Coldiretti ha dichiarato che “la Lactalis è il peggiore pagatore del paese”.
Nel comunicato emesso dalla Coldiretti si specifica che gli italiani pagano il latte oltre il 30 per cento in più dei tedeschi ed oltre il 20 per cento in più dei francesi. Facendo un raffronto con il passato fanno notare che nel 1984, quando vi era la beata e cara Lira, il latte veniva pagato agli allevatori 0,245 euro al litro ed il consumatore lo pagava 0,40 euro (tradotto: 780 lire) con un ricarico del 63 per cento nel tragitto dalla stalla alla tavola. Appena entra l’euro gli allevatori ricevono 0,32 euro a litro e i consumatori lo pagano un euro, ossia il ricarico si impenna e schizza al 213 per cento, oggi la condizione, per il consumatore, è peggiorata ulteriormente con il prezzo medio in stalla a 0,33 euro al litro mentre sugli scaffali il costo di un litro di alta qualità è di 1,5 euro al litro.
La bagarre del latte è cominciata dal 31 marzo 1984 allorquando l’Unione Europea assegna ad ogni Stato la quota nazionale di latte da produrre, naturalmente come quasi sempre accade, tedeschi e francesi, ma soprattutto i francesi sulle questioni agroalimentari, stabiliscono date e numeri.
Il nostro governo traballante è guidato da Amintore Fanfani con il sostegno della Dc, Psi, Pli, Psdi, ministro dell’Agricoltura e Foreste è Calogero Mannino.
A Bruxelles contiamo poco più del due di briscola tant’è che all’Italia assegnano una quota molto inferiore a quello che è il consumo interno di latte. Ovvero, dobbiamo per forza comprare il latte da francesi e tedeschi. È qualcosa di assurdo e nel contempo ridicolo.
Da Bruxelles piovono multe per i produttori di latte che mettono in crisi la stragrande maggioranza dei 36.000 allevatori italiani. Lentamente vengono apportati correttivi e solo di recente, con la legge 33 del 2009, si è quasi tornati alla normalità. C’è voluto un quarto di secolo.
André Besnier scompare nel 1955, e pochissimi sono a conoscenza dove è sepolto, gli succede il figlio Michel, deceduto nel 2000, ed oggi siamo alla terza generazione con i tre fratelli Emmanuel, Jean-Michel e la sorella Marie. Un alone di mistero circonda Lactalis e la famiglia Besnier. La proprietà è saldamente nelle mani dei tre fratelli, continuano a vivere a Laval, il maggiore dei tre risulta essere il tredicesimo francese più ricco, nessuno li vede circolare per le vie della cittadina come pure nessuno degli allevatori francesi ha mai dialogato con loro.
Nonostante sia un colosso economico e finanziario presente ovunque, che nel 2015 ha fatturato oltre 17 miliardi di euro, con 75.000 dipendenti, 230 impianti industriali sparsi su tutto il globo, non è quotato in borsa e solo pochi intimi è capitata la ventura di leggere conti e bilanci.
“Nella forbice tra produzione e consumi ci sono margini da recuperare per garantire un prezzo giusto e onesto, che tenga conto dei costi di produzione agli allevatori e agevolare gli acquisti ai consumatori, tenendo presente che il latte è un prodotto indispensabile per la salute”. Così ha dichiarato Roberto Moncalvo, presidente della Coldiretti.
Il principe Antonio de Curtis nel suo incantevole “Miseria e nobiltà” ci ha tramandato una deliziosa battuta: A casa nostra, nel caffelatte non ci mettiamo niente: né il caffè e né il latte.
la Redazione
Commenti
Se il latte diventa una miniera — Nessun commento
HTML tags allowed in your comment: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>