“La scarpa di raso” di Paul Claudel
Scommetto che pochi fra i lettori sanno chi è Paul Claudel. Scommetto che chi lo conosce ne ha letto o visto rappresentare “L’annuncio fatto a Maria” ma non ne conosce “Le Soulier de satin” il suo capolavoro di drammaturgo. In Italia si può trovare ancora la sua versione per la scena, abbreviata e annotata dall’autore e da Jean-Louis Barrault, tradotta quasi quarant’anni fa da Romeo Lucchese col titolo “La scarpina di raso” ed edita da Massimo, Milano. La prima traduzione integrale del “Soulier” è merito di Simonetta Valenti che l’ha intitolata “La Scarpetta di Raso”. Lavoro senza dubbio ambizioso quello della francesista dell’Università della Valle d’Aosta. Le Château Edizioni d’Aosta l’ha pubblicato nel 2011 col testo originale a fronte, una corposa introduzione della stessa traduttrice e note sovrabbondanti assicurate da un nutrito gruppo di collaboratori, a conclusione di ognuna delle quattro giornate in cui è divisa “l’azione spagnola” di Claudel.
È il caso di onorare i rari studiosi claudeliani che esistono in Italia opponendosi con umiltà e perizia all’esclusione inflitta a un genio che al di là di Eschilo che ha tradotto, e di Calderón e di Lope de Vega e di Shakespeare è soltanto sé stesso.
“Claudel non è né di avanguardia né di retroguardia né classico né moderno” scrive di lui Didier Alexandre nell’introduzione alla terza edizione del “Théâtre” nella imperiale “Bibliothèque de la Pléiade” di Gallimard nel 2011. Confesso che anch’io ho tradotto “Le Soulier” da almeno un quinquennio, lo trattengo nel cassetto e ne revisiono la traduzione nei giorni più liberi di ferragosto. Se penso che è l’opera più importante del “poeta ambasciatore” come lo chiamavano in Giappone dove fu massimo plenipotenziario della Francia, e il compendio della sua vita come riconosceva lui stesso, mi chiedo quale forza mi abbia cacciato in questo azzardo da “amateur” non sprovvisto di acribìa.
Qualcuno ha contato i personaggi del “Soulier” (per me “La Scarpa di raso”): sono ben 73, tutti dotati, anche quelli secondari, di una consistenza teatrale necessaria e partecipe di una screziata varietà. Qui non è mia intenzione proporre un saggio sulla “pièce”, ma soltanto gettare il lettore nel gorgo di un’opera-mondo soltanto riassunta, giornata dopo giornata, scena dopo scena. Nessuno si stupirà che la sua rappresentazione mai avvenuta in Italia esiga circa undici ore. Qualcuno ricorda che il grande regista portoghese Manuel de Oliveira nel 1984 è riuscito a condensarla in sette ore di perfetta felicità cinematografica.
Ma ecco “le résumé”.
Prima giornata
Scena I: L’Annunciatore indica sulla carta geografica un punto dell’Atlantico dove sta affondando una nave spagnola devastata dai corsari. Legato al moncone dell’albero maestro, un Gesuita prossimo alla morte prega, in particolare per il fratello Rodrigo e per la donna che ne ha incrociato il destino.
Scena II: Don Pelayo, in procinto di correre in aiuto di una cugina in fin di vita che lascia sei figlie da sistemare, affida la moglie Prouhèze al vecchio amico Don Balthazar, perché l’accompagni nel luogo dove poi la raggiungerà per tornare insieme in Africa.
Scena III: Don Camilo, cui è stata assegnata dal Re la piazzaforte di Mogador, sulla costa del Marocco, si congeda da Prouhèze che ama non riamato. Lui, comunque, l’aspetterà laggiù.
Scena IV: Doña Isabel giura eterno amore a Don Luis suo spasimante. Lo incita a rapirla nottetempo, approfittando del suo spostamento per una processione.
Scena V: Prouhèze, in partenza, confessa a Don Balthazar di aver scritto a Rodrigo che ama, perché vada a ritrovarla. Tuttavia consegna la sua scarpa di raso alla Vergine, raccomandandosi al suo cuore di madre severa.
Scena VI: Il Re di Spagna, dietro suggerimento del Cancelliere, acconsente a nominare Rodrigo Viceré delle Indie Occidentali.
Scena VII: Rodrigo e il Cinese al suo servizio disquisiscono sull’amore del primo per Prouhèze. Infine, presumendo che la statua di San Giacomo sia in pericolo, volano a soccorrerla.
Scena VIII: Jobarbara, la negra che accompagna Prouhèze, è alle prese con il Sergente napoletano con cui è fuggita Doña Musica, la giovane parente di Prouhèze che Pelayo intendeva maritare a modo suo. Il Sergente invita la negra a unirsi alla loro fuga.
Scena IX: Don Fernand, fratello di Isabel, ringrazia Rodrigo di averli salvati da Don Luis, uccidendolo e rimediando una ferita.
Scena X: Musica incontra di nascosto Prouhèze. Con lei si intrattiene esaltata dall’amore per un vagheggiato Re di Napoli.
Scena XI: Stavolta Jobarbara ha che fare con un osso duro, il Cinese, che le ha prestato del denaro e lo rivuole. Così viene a sapere di Rodrigo ferito, e dei cavalieri alla ricerca di Musica che si apprestano ad assaltare la locanda. Il Cinese insiste che la negra convinca Prouhèze a fuggire nel trambusto e a raggiungere Rodrigo.
Scena XII: Prouhèze è già in fuga, seguita dall’Angelo Custode, che l’assiste pietosamente ma non riesce a trattenerla dal biasimevole intento.
Scena XIII: Balthazar dà disposizioni all’Alfiere per la difesa della locanda e con lui ragiona in preda a un incontrollabile senso di colpa.
Scena XIV: Balthazar costringe il Cinese a improvvisare un canto. Espostosi volontariamente agli spari degli assalitori, muore. Musica, il Sergente napoletano e Jobarbara stanno prendendo il largo su una barchetta.
Seconda giornata
Scena I: A Cadice nel laboratorio di un Maestro Drappiere, alcuni cavalieri scalpitano di partire per il Nuovo Mondo, rossovestiti e al comando di Rodrigo.
Scena II: L’Incontenibile, personaggio esterno alla vicenda, introduce Doña Honoria, che nel suo castello in Catalogna si prende cura del figlio Rodrigo morente. Prouhèze è riparata presso di lei.
Scena III: Pelayo, giunto in apparenza per punire Prouhèze, riflette con Honoria sulla fuga della moglie.
Scena IV: In realtà Pelayo è venuto per comandare Prouhèze al purgatoriale governatorato di Mogador che il Re ha deciso di affidarle. Camilo ne sarà il luogotenente.
Scena V: In piena campagna romana, il Viceré di Napoli e il suo seguito dialogano sulla Chiesa cattolica alla vigilia del Concilio di Trento, e sull’importanza e sul significato della bellezza artistica, riferendosi, in specie, alla pittura di Pietro Paolo Rubens.
Scena VI: Soliloquio di San Giacomo che veglia sui due emisferi. Dal cielo scorge le navi di Prouhèze e di Rodrigo, entrambe dirette a Mogador: non lascerà mancare a quelle due anime in pena la sua assistenza.
Scena VII: Nonostante le perplessità di Pelayo, il Re decide che Rodrigo, in rotta per il Nuovo Mondo, transiti da Mogador con lettere per consigliare a Prouhèze il rientro in Spagna.
Scena VIII: Il Capitano mostra a Rodrigo un relitto della nave su cui si era imbarcato il fratello Gesuita.
Scena IX: Prouhèze impone la sua autorità a Camilo. Dall’alto della fortezza di Mogador i due osservano l’imbarcazione ancora lontana di Rodrigo nel mare in bonaccia.
Scena X: Nella foresta di un promontorio campano, Musica, unica sopravvissuta al naufragio toccato alla sua barca, è a tu per tu con il Viceré di Napoli tanto bramato.
Scena XI: Aspro confronto fra Rodrigo e Camilo che comunica al rivale la decisione di Prouhèze di rimanere a Mogador.
Scena XII: In una foresta vergine del Nuovo Mondo, alcuni bandeirantes parlano della loro avventura: qualcuno vuole ritirarsi, altri proseguiranno a oltranza.
Scena XIII: Monologo dolente dell’Ombra Doppia in cui Prouhèze e Rodrigo si sono congiunti con un bacio repentino che la Luna ha fissato sul muro.
Scena XIV: Monologo partecipe e soave della Luna che propizia i sonni profondi e, insieme, carichi di vaneggiamenti, di Prouhèze e di Rodrigo di nuovo separati.
Terza giornata
Scena I: Dieci anni dopo, Praga, Chiesa di San Nicola. Musica, incinta del futuro Don Giovanni d’Austria, intreccia le sue preghiere per i popoli europei con i monologhi di quattro santi.
Scena II: Un professore di Salamanca, Don Leopoldo Augusto, fattosi mandare dal Re in America, ottiene da Fernando la “lettera a Rodrigo” scritta da Prouhèze che, non recapitata, ha già fatto perire numerosi latori.
Scena III: Rodrigo doma Almagro, un luogotenente ribelle, e rimette alle sue mani l’intera America del Sud.
Scena IV: Dialogo fra sentinelle sul cammino di ronda a Mogador. Si apprende che Prouhèze ha sposato Camilo.
Scena V: La spoglia di Leopoldo Augusto, ridotta a un fantoccio sprimacciato dalla Locandiera, cede la “lettera a Rodrigo”.
Scena VI: Isabel, che gode di una certa entratura presso Rodrigo, spinge il marito Don Ramiro ad ambire alla carica di Viceré, ricorrendo alla famigerata lettera di cui è in possesso.
Scena VII: Camilo riporta a Prouhèze dormente un grano smarrito del suo rosario.
Scena VIII: Prouhèze nel sonno, in un lungo colloquio con l’Angelo Custode, comprende il senso dell’amore assente-presente fra lei e Rodrigo, e, perché questo si realizzi, accetta di morire.
Scena IX: Alla degradata corte di Panama, Isabel tesse la sua trama con chitarra e canto galeotti: Rodrigo riceve, alla fine, la lettera di Prouhèze.
Scena X: Partita dialettica fra Prouhèze e Camilo: s’intuisce il tragico e, tuttavia, provvido destino cui vanno incontro.
Scena XI: Riti di congedo per Rodrigo che lascia l’ America per tornare in Spagna. Ramiro gli sottentra.
Scena XII: Due mesi dopo, bloccato da una bonaccia sotto Mogador, Rodrigo con il suo Capitano vede Camilo sfangarsela con i Mori assedianti. Una barca con una donna e una bambina viene dalla fortezza.
Scena XIII: Davanti agli Ufficiali, Rodrigo si misura con Prouhèze presentatasi a parlamentare per conto di Camilo. Prouhèze persuade il Viceré a rinunciare al loro amore nel mondo. Gli affida la figlia avuta da Camilo. Tornerà a Mogador. Nella notte salterà in aria con Camilo nell’esplosione che distruggerà la piazzaforte.
Quarta giornata
Scena I: Nelle acque delle Baleari, impresa e discorsi di quattro pescatori bizzarri. Il passaggio dell’imbarcazione di Rodrigo offre loro l’occasione di fare il punto sulle vicende dell’ex-Viceré. Che, reduce dalla sconfitta e dalla prigionia in Giappone, perduta una gamba, in disgrazia, sbarca il lunario su una bagnarola, smerciando immagini di Santi che crea con la collaborazione di un Giapponese.
Scena II: Rodrigo e il Giapponese intesi al lavoro e, nello stesso tempo, a solenni riflessioni. Beffe a danno di Don Méndez Leal, inviato del nuovo Re di Spagna.
Scena III: Mentre rema, Doña Sette Spade, la figlia di Camilo e di Prouhèze affidata a Rodrigo, confessa all’amica Macellaia di aver conosciuto Don Giovanni d’Austria e d’esserne innamorata.
Scena IV: Il Re, nel palazzo in mare, riceve la falsa notizia che l’Invencible Armada ha sbaragliato gli Inglesi. Chiede all’Attrice di avvicinare Rodrigo, fingendosi Maria Stuarda evasa dalla prigione della sanguinaria Elisabetta, per spingerlo ad accettare il governatorato dell’Inghilterra.
Scena V: I pescatori della Scena I alla testa di due squadre, rispettivamente al soldo di due professori bizzarri quanto loro, tali Bidince e Hinnulus, gareggiano in una sorta di tiro alla fune per riportare a galla qualcosa di controversa identità: una strana grossa bottiglia o una non meno strana pescia (sic!).
Scena VI: L’Attrice s’impegna a sondare e a tentare Rodrigo. Si può dubitare che riesca a piegarlo del tutto.
Scena VII: Un conquistador fallito, Diego Rodríguez, di ritorno a Maiorca, scopre di essere atteso da una fedelissima Austregésila che, per di più, ne ha moltiplicato le sostanze.
Scena VIII: Rodrigo non si lascia persuadere da Sette Spade a scendere in campo contro i Mori.
Scena IX: L’Armada è colata a picco. Rodrigo è vittima di un grandioso scherzo giocatogli dal Re davanti all’intera Corte di Spagna. Ignaro, non si trattiene dall’esporre la più smaccata delle utopie. Il Re lo congeda. Ai presenti è chiaro che Rodrigo è caduto ancor più in disgrazia.
Scena X: Sette Spade e la Macellaia a nuoto si dirigono verso la nave di Don Giovanni d’Austria. La Macellaia annega.
Scena XI: Nella stessa notte, su un’imbarcazione, due soldati portano Rodrigo incatenato al mercato degli schiavi di Maiorca. Sopraggiunge una religiosa cenciaiuola che, dopo aver comprato degli scarti, lo accetta per soprammercato, pretendendo per giunta un contentino. Per Rodrigo, assistito da Frate Leone, nonostante tutto, è una notte di mare e di stelle, di pensieri rivolti a Prouhèze e di purificazione e di qualche timore per la sorte di Sette Spade. Che invece, guadagnata la nave di Don Giovanni d’Austria, e fa tirare il colpo di cannone promesso al padre per segnalargli l’obiettivo raggiunto. È annuncio di liberazione.
Explicit opus mirandum.
Basilio Gavazzeni
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