La burocrazia borbonica agevola la fuga di cervelli
Italia terra di santi, di poeti e di naviganti. I santi sono diminuiti, i poeti pressoché scomparsi i naviganti compensano le perdite precedenti. Vi è una differenza sostanziale tra il passato ed il presente, i naviganti dei secoli scorsi erano per lo più semianalfabeti e con le bisacce semivuote, oggi sono laureati e con discreti conti correnti.
Tra ricercatori italiani che vanno all’estero e ricercatori stranieri che vengono in Italia vi è un saldo negativo del 13 per cento. Vi è, inoltre, l’aggravante che i ricercatori conterranei che valicano i confini quasi i due terzi, il 63 per cento, non intende fare il biglietto di ritorno.
Ciò procura per la collettività un duplice danno: molti giovani con enormi potenzialità decidono di mettere al servizio della concorrenza le loro menti ma soprattutto le nostre scuole e le università investono quattrini, tempo e risorse umane su di loro per poi ritrovarsi con un pugno di mosche tra le dita. Ovvio che gran parte delle colpe sono da ricercarsi tra la burocrazia borbonica della pubblica amministrazione che gambizza gran parte delle iniziative, tra le baronie universitarie che favoriscono il parentado e penalizzano la meritocrazia, lo scollegamento insostenibile tra il mondo del lavoro ed il mondo della scuola, come pure tra le difficoltà occupazionali alle quali vanno incontro ragazzi e ragazze freschi di laurea.
Uno degli esempi più agghiaccianti del cataclisma obbrobrioso è quanto verificatosi ad Empoli, Firenze, poche ore prima dell’inizio dell’anno accademico. L’ex Ospedale San Giuseppe, situato nel centro storico empolese, ospita i corsi di laurea Urbanistica (triennale e magistrale) della facoltà di Architettura dell’Università di Firenze ed anche il corso di Laurea in Chimica, facente parte di Scienze matematiche, fisiche e naturali.
L’ex Ospedale non è stato costruito ieri e neppure ier l’altro, è una struttura secolare.
Improvvisamente si sono accorti che non sono stati effettuati i lavori di adeguamento alle normative in materia di sicurezza antincendio e accessibilità ai soggetti con difficoltà motoria. È un problema che esiste come minimo da mezzo secolo e ad Empoli se ne accorgono poche ore prima che suoni la campanella di ingresso dell’anno accademico.
Si tratta di burla o di che?
Il numero degli studenti interessati al disagio improvviso ed inatteso è di circa seicento unità, questi incolpevoli ragazzi devono trovarsi una sistemazione ma nessuno è in grado di indicare l’alternativa al San Giuseppe. Se magari per un residente nel territorio le difficoltà sono marginali e superabili per i fuori sede i problemi non sono pochi e neppure marginali.
Leggerezza, superficialità, scarsa conoscenza della materia e tanto altro ancora.
Salvo poi leggere tra qualche mese che quei pubblici dirigenti amministrativi hanno percepito lautissimi bonus per aver assolto con merito e capacità al proprio compito e dovere. Manca solo la fanfara.
Roba che nei paesi civilizzati e alfabetizzati nemmeno riescono a comprendere, da noi è una scrollata di spalle. “Ma cosa vuoi che sia?”.
Sono ancora in tanti a non aver voglia di rendersi conto che la burocrazia e una percentuale consistente della pubblica amministrazione funge da zavorra alla crescita collettiva. Godono e gioiscono in pochissimi, degli altri chi se ne importa?
Ma come sempre accade vi è il rovescio della medaglia. Uno dei fiori all’occhiello della pubblica amministrazione è il Consiglio Nazionale delle Ricerche, Cnr.
Al suo interno l’Istituto di Scienza e Tecnologie dell’Informazione, l’Isti, persegue l’eccellenza nella ricerca scientifica e svolge un ruolo attivo nel trasferimento tecnologico. Il settore di competenza copre la Scienza dell’Informazione, le tecnologie correlate e una vasta gamma di applicazioni. L’attività è rivolta ad accrescere le conoscenze, sviluppare e sperimentare nuove idee e ad ampliare i campi di applicazione. L’Istituto svolge attività di ricerca, di trasferimento tecnologico e di formazione nelle principali aree tematiche delle Tecnologie dell’Informazione. L’Istituto attribuisce grande importanza anche all’attività di formazione, coinvolgendo gli allievi di dottorato e gli studenti post-dottorato nelle attività di ricerca collaborando ai corsi di laurea dell’università di Pisa e di altre università.
Ciò è quanto si legge nella cartella di presentazione dell’Isti.
Fabio Paternò è il research director dell’Isti. Lavora con il Cnr da un trentennio per cui ha potuto assistere alle belle giornate e ai temporali che il mondo della ricerca ha vissuto negli ultimi lustri.
Di continuo si legge e si ascolta che il governo investe poco sulla ricerca e quel poco è scarsamente controllato.
“Non è facile essere i primi al mondo se si investe poco nella ricerca, specie nell’epoca attuale. Ciò significa che in talune graduatorie occupiamo le ultime posizioni sappiamo ove individuare le cause. Ogni governo al momento dell’insediamento garantisce somme e risorse destinate alla ricerca ma il passaggio dal dire al fare è sempre molto spinoso”.
Siamo tra gli ultimi in Europa anche perché vi sono troppi giri di uffici e di scrivanie.
“Oramai dappertutto sono a conoscenza del nostro problema burocratico e della lentezza esecutiva, prima di divenire operativi passano mesi e prima che i finanziamenti giungano a destinazione a volte si supera i dodici mesi. Negli altri paesi occidentali ciò non esiste”.
Eppure le nostre risorse umane sono di altissimo livello.
“I nostri studiosi e i nostri ricercatori all’estero godono di ottima stima e reputazione, segno che sono preparati e dotati di professionalità e correttezza, poi l’altra realtà è quella che è”.
Una delle accuse che viene rivolta al mondo universitario è la scarsa collaborazione con il mondo del lavoro, ognuno segue un proprio tracciato.
“In effetti è difficile che un’impresa privata entri nell’universo della scuola ma ciò è dovuto anche al fatto che in Italia non abbiamo aziende di notevoli dimensioni, la grande industria non è nel nostro dna. Sono molto poche le società con migliaia di dipendenti, il nostro tessuto manifatturiero è di piccola o media dimensione a differenza di Francia, Germania, Gran Bretagna, Stati Uniti, Giappone. Finanziare un progetto di ricerca richiede notevoli investimenti”.
Altro buco nero è la mancanza di controlli sui finanziamenti statali per la ricerca, spesso sono finanziati progetti ridicoli che nessuno controlla per cui diventano rigagnoli che si disperdono e svaniscono nel nulla.
“Le leggi per i controlli ci sono, come pure ci sono gli enti che dovrebbero effettuare i dovuti controlli dei finanziamenti, se poi ciò non si verifica non significa che la legge va cambiata. Sono i controlli che bisogna effettuare, noi come Cnr e come Isti siamo per la trasparenza”.
Per l’appunto, sarebbe sufficiente pubblicare e pubblicizzare importi e finalità da parte degli erogatori e lo stesso dovrebbe fare il destinatario. Se non lo si fa è perché spesso non si sa a quali progetti i fondi sono destinati. È difficile?
la Redazione
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