La riforma del terzo settore è legge
Nuovi scenari si aprono per il welfare e nella disabilità. La legge delega si muove in un quadro europeo in una prospettiva di sviluppo Servizi alla Persona scala interpersonale e mondiale favorendo la cooperazione nei paesi in via di sviluppo in partnership con l’Unione Europea.
Una persona su dieci nel mondo ha una disabilità. Le stime delle Nazioni Unite segnalano infatti la presenza, in tutto il globo, di circa 650 milioni di persone disabili. Circa l’80% di loro vive nei paesi in via di sviluppo, dove un terzo dei bambini in età scolare è affetto da disabilità. Ulteriore prova che sviluppo e disabilità sono legati: dove sono alti analfabetismo, malnutrizione, disoccupazione, sottoccupazione, lì nascono più disabili. Con l’invecchiamento della popolazione a livello mondiale, il numero delle persone disabili è destinato ad aumentare.
Nell’Unione Europea la percentuale delle persone disabili è valutata dal Forum europeo della disabilità fra il 10 e il 15%, per un totale di almeno 50 milioni di persone.
Quanto all’Italia, uno studio della Commissione Europea, dati diffusi tramite Istat, riferisce che la popolazione disabile in Italia è di circa 2,6 milioni di persone, ovvero circa il 4,8% del totale. Una cifra che si basa su una definizione “stretta” di disabilità (ovvero mancanza totale di autonomia in uno o più aspetti della vita quotidiana).
Allargando il filtro, la percentuale arriva al 13% circa, ovvero in linea con quella degli altri paesi industrializzati, con un picco del 18,7% per gli over 65.
Di questi, 178mila vivono in residenze comunitarie (304 ogni 100mila abitanti), mentre circa 153mila (262 su 100mila abitanti) sono gli istituzionalizzati (secondo altre stime sono 182mila).
Più di un quinto degli europei (circa 100 milioni) partecipa abitualmente ad attività di volontariato o di beneficenza. Il dato è contenuto nella ricerca “Participation in volunteering and unpaid work” resa pubblica da Eurofound, l’agenzia dell’Unione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro.
Questo il profilo medio della persona coinvolta in attività di volontariato: di mezza età, ben istruita, con reddito elevato.
I più alti tassi di partecipazione si registrano in Danimarca, Finlandia, Svezia, Austria e Paesi Bassi, dove in media oltre il 40 per cento delle persone di età superiore a 18 anni partecipano abitualmente ad attività di volontariato o beneficenza. Grecia, Regno Unito, Francia, Slovenia e Belgio registrano un tasso di partecipazione che superano il 30 per cento. Le più basse percentuali di partecipazione in Romania, Bulgaria e Polonia, come anche in Portogallo e Spagna, dove la percentuale di persone che si dedicano abitualmente ad attività di volontariato o beneficienza è inferiore al 15 per cento. L’Italia si situa al 14° posto della classifica, e quindi attorno alla media europea: il 23 per cento.
L’identikit del volontario europeo: adulto, istruito, benestante. Le persone con un elevato livello di istruzione hanno maggiori probabilità di essere volontari nel corso della loro vita. In termini di età, i volontari più assidui hanno tra i 45 e i 50 anni, mentre poco rilevanti appaiono le differenze di genere. Forte in genere è anche il legame con le istituzioni religiose. Le persone che partecipano regolarmente alle funzioni sono infatti più propense a partecipare frequentemente ad attività di volontariato e beneficenza. Coloro che partecipano ad attività di volontariato e di beneficenza vi dedicano in media 6,5 ore la settimana.
E nei Paesi con livelli relativamente più bassi di partecipazione le persone che comunque svolgono attività di volontariato e beneficienza tendono a dedicarvi più tempo, come a compensare il minore impegno dei loro concittadini. Le persone con alti livelli di istruzione e reddito dedicano al volontariato, in media, un’ora e mezza in più a settimana rispetto alle persone con bassi redditi. Gli uomini dedicano, mediamente, circa un’ora in più a settimana rispetto alle donne.
Rispetto a questo quadro di riferimento il volontariato si trova ora con la nuova legge sul terzo settore ad un bivio tra continuità e cambiamento. La normalità favorisce l’aggregazione e la progettualità congiunta. In una logica di rete interconnessa individuano molte possibilità di sviluppo per tutti quei servizi alla persona che possono favorire una crescita integrata della collettività ma sono in gioco i principi stessi del non profit. Dov’è finita la gratuita?
Michele Pacciano
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