Fiart da 56 anni cavalca le onde
Tra poche settimane compie trent’anni l’indimenticabile brano scritto da Raf, Giancarlo Bigazzi e Umberto Tozzi “Gente di mare”. Tra le note più suggestive vi è E quando ci fermiamo sulla riva, lo sguardo all’orizzonte se ne va, portandoci i pensieri alla deriva, per quell’idea di troppa libertà.
Ecco, è dall’idea di libertà che scaturisce la verve italiana che ci ha posizionato ai primi posti della graduatoria planetaria quanto a gusto, a creatività, a ingegno e a voglia di lavorare e grondare sudore. Se assembliamo questi concetti scaturisce il Made in Italy. L’eccellenza ed il lusso, è una questione prettamente italiana ma che non si riferisce esclusivamente alla moda, bensì coinvolge altri settori altrettanto importanti per il brand e l’economia nazionale.
Parenti stretti della moda sono l’agroalimentare ed i motori. Motori che rombano non solamente nelle scuderie Ferrari, Maserati, Alfa ma anche quei motori che dilettano lo sguardo e l’udito sul nostro splendido mare.
L’ennesima conferma è pervenuta in questi giorni dal 56° Salone Nautico di Genova. Le linee e la morbidezza degli scafi presenti alla manifestazione genovese hanno pochissimo da invidiare alle curve di Maranello o al Tridente di Modena.
È sufficiente passeggiare sulle banchine della darsena per rendersene conto.
Molto probabilmente se capitasse da queste parti un montanaro rimarrebbe a bocca aperta e occhi spalancati per diverso tempo.
Tra i gioielli ormeggiati vi è quello inconfondibile della Fiart, Fabbriche Italiane per l’Applicazione di Resine Termoindurenti.
La Fiart, appartenente alla famiglia partenopea di Luggo, è un’azienda storica della cantieristica nazionale da diporto, nasce nel 1960 per la passione che il capostipite Ruggiero di Luggo nutre per il mare. Laureato in ingegneria dedica il tempo libero al mare.
Siamo nell’immediato dopoguerra e la tecnologia insieme all’informatica sono di là da venire.
Nella cantieristica da diporto quasi tutto è realizzato in legno, ma un amico prospetta a Ruggiero un’idea strana. Sostituire il massello con qualcosa che conoscono in pochissimi.
Muove i primi passi un materiale costituito da un supporto di fibre vetrose che viene impregnato con una resina poliestere allo stato fluido che successivamente è sottoposto a stampaggio e quindi indurimento, stiamo parlando della vetroresina.
Ruggiero di Luggo studia e riflette ed alla fine decide di costruire lo scafo in vetroresina.
Come tutte le novità rivoluzionarie il rischio del successo è altissimo. Però il giovane ingegnere è convinto nella bontà dell’idea ed investe tempo e risparmi. Audentes fortuna iuvat, ripeteva Seneca, la fortuna aiuta gli audaci.
Nel febbraio del 1960 si svolge a Milano il Salone Internazionale della Nautica in un padiglione della Fiera Campionaria, stranamente la prima edizione si svolge nella città dei Navigli e non in una città marinara, quale migliore occasione per presentare il prodotto rivoluzionario e testare in tempi rapidi la bontà progettuale? Tra il dire ed il fare ci mette giusto il tempo di presentare la richiesta di partecipazione con relativo assegno.
Il coraggio e la lungimiranza di Ruggiero di Luggo ricevono un premio inatteso ed inaspettato. Tra i 430 espositori lo stand napoletano è probabilmente il più apprezzato dai 300.000 visitatori, il biglietto è di 250 Lire. Un successo, un boom di consensi orali e scritti.
Conchita, questo il nome della barca in omaggio ad una ballerina ispanica, di 3,60 metri rivoluziona un ambiente lento e restio ad accettare le innovazioni e le modifiche progettuali, può essere considerata la Fiat 500 del mare e diventa accessibile per portafogli meno abbienti. I mastri d’ascia storcono il naso. Eppure le commesse ci sono, gli ordini sono stati sottoscritti.
Appena rientrato all’ombra del Vesuvio modifica l’assetto aziendale ed oltre al fasciame e al massello si provvede all’acquisto della vetroresina.
Il primo anno vengono consegnati circa 150 esemplari di Conchita. Tutte le riviste specializzate scrivono e raccontano di Conchita, si scomoda persino la Rai.
Se al fato gli chiudi la porta se ne va indispettito e difficilmente ritorna, se lo fai accomodare e lo tratti coi guanti e la posateria d’argento ricambia con gli interessi.
Poiché Ruggiero non è stupido né tantomeno sprovveduto sale sul treno e principia a viaggiare. Organizza nel migliore dei modi il cantiere, si circonda di collaboratori onesti e capaci, lavora 18 ore al giorno e alla fine posiziona la Fiart tra le aziende più rispettabili della cantieristica da diporto nazionale.
In oltre mezzo secolo di storia ha prodotto 140 modelli di natanti tra i quali emerge Helios 45 un mega yacht di 45 piedi, messo in acqua nel 1978 le cui dimensioni magari oggi fanno pronunciare un semplice “sì, insomma” ma quattro decenni addietro faceva scappare un “ohibò”. Lungo 13,7 metri e largo 4,8 dotato di 2 motori da 400 hp per una velocità di 24 nodi, con 10 posti letto più il marinaio. Rimane in produzione sino al 1981 ed una di queste chicche finisce tra i beni mobili dello sceicco del Bahrein. Comunque Ruggiero non si preoccupa solo del profitto societario, è tra i primi cantieri della penisola a progettare e realizzare natanti senza barriere architettoniche per i dis-abili.
Di acqua ne è passata sotto queste barche ed oggi ai vertici societari risiedono gli eredi Giancarlo e Annalaura, Ruggiero ha passato il testimone.
Gli scafi della Fiart sono presenti nei cinque continenti ma principalmente nelle regioni che si affacciano sul Mediterraneo con particolare attenzione al mercato francese che è stato il più importante sin dal primo giorno. Leggendo il diagramma dell’industria italiana ci accorgiamo che il periodo di platino 2000-2008 è solo un ricordo, poi è seguita una flessione ma da qualche stagione la ripresa è in atto.
Nella veloce chiacchierata scambiata con Annalaura in uno dei rari momenti di relax al 56° Salone le rivelo di aver notato tra gli stand e i visitatori un clima disteso, incoraggiante e di cauto ottimismo.
“Oramai la crisi è alle spalle, le giornate di pioggia e di burrasca le abbiamo superate. Sono del parere che le crisi è giusto che ci vengano perché servono a pulire e a rottamare quelle idee, quei progetti, e anche quelle persone e quelle società superflue e prive di contenuti.
Come sempre accade resistono e sopravvivono le imprese solide, strutturate e sane, anzi ne escono ancora più rafforzate e più grintose di prima. Noi superato l’ovvio sbandamento iniziale abbiamo fatto quadrato, ci siamo preoccupati di rafforzare gli ormeggi e ci abbiamo badato solo a lavorare con maggiore lena ed entusiasmo”.
Dopo anni di sguardi in cagnesco finalmente la classe politica guarda al settore della nautica da diporto come soggetto da apprezzare e non come un nemico da processare e sabotare.
“Ci sono segnali distensivi da parte di una determinata classe politica. Per lungo tempo gli armatori sono stati additati come pericolo pubblico, come tra i principali evasori fiscali, come tra i nemici del bene collettivo. Si sono dimenticati che diamo lavoro a migliaia di persone, che abbiamo contribuito a rafforzare il Made in Italy, che il nostro comparto incide in maniera notevole sul pil, che quasi tutti noi produciamo maggiormente per l’estero, e che a seguito di numerosi controlli effettuati si sono resi conto che le accuse poggiavano sulla sabbia”.
A Genova si sono rivisti buyer importanti che fanno ben sperare.
“Di natura sono ottimista, ma questa importante manifestazione internazionale è servita a fugare gli ultimi dubbi sulla crisi. Tanti acquirenti stranieri significa che hanno fiducia in noi e nei nostri cantieri, le nostre barche da diporto, non da oggi, sono le più affidabili e le più ammirate su tutti i mari. Il nostro gusto, la nostra tecnica, la ricerca di particolari insieme alle più sofisticate metodologie informatiche delle quali sono dotate tutte le barche, dalle più maestose alle più semplici, ci inorgogliscono e ci gratificano. La passione e la professionalità che mettiamo noi italiani non ha eguali al mondo”.
Le esportazioni sono in netta ripresa.
“Possiamo affermare che la crisi è alle spalle. Per noi anche il mercato interno è importante e sta andando bene. A parte la Turchia dove noi stavamo investendo, il resto evidenzia segnali positivi. D’altronde nel momento in cui in una nazione avvengono episodi sconvolgenti bisogna avere la pazienza di attendere che superino la crisi, però siamo riusciti a tamponare quelle perdite con l’acquisizione di nuove commesse”.
I cinesi stanno acquistando di tutto e ovunque.
“Sono venuti anche da noi. Evidentemente hanno tanta di quella liquidità che non sanno come e dove investire. Mi chiedo come farebbero a gestire uno stabilimento ove non sanno distinguere la prua dalla poppa ed un’ancora da un timone. Non riescono a comprendere cosa significhi attaccamento al lavoro, il sacrificio che è stato compiuto per generazioni, la dignità, l’orgoglio. Ovvio che nella loro filosofia e nella loro mentalità esiste esclusivamente il danaro e che con questo tutto si possa risolvere e comprare. Dopo pochi secondi li ho sollecitati a rivolgersi altrove”.
Ci fosse meno burocrazia da parte della pubblica amministrazione e creassero meno ostacoli ci guadagneremmo tutti, anche loro.
“Mi pare scontato, perché se io apro un altro capannone significa che devo assumere nuovo personale e quindi più contributi e tasse, meno disoccupazione e meno malcontento.
Poco tempo fa si sono presentati nel cantiere una ventina di persone inviate dal Comune di Napoli per effettuare dei controlli alle condotte delle acque nere. Quanto è costata ai napoletani una simile iniziativa? Non sarebbe preferibile impiegare personale e tempo in operazioni più concrete e produttive? A volte papà rimpiange di non aver trasferito il cantiere all’estero come hanno fatto numerosi imprenditori. Noi non chiediamo che ci mettano i tappeti rossi ma che non ci creino problemi di continuo questo sì, invece di incentivare la creazione di nuovi posti di lavoro escogitano sistemi e ostacoli superflui e incomprensibili”.
Visto che in Italia si è bersagliati da tasse tempo fa molti hanno preferito immatricolare in Francia.
“Quando la Francia offrì lo strumento del leasing con l’IVA ridotta sui canoni locazione, l’Italia perse le immatricolazioni e per ovviare a ciò propose anch’essa lo strumento del leasing.
Il problema fu che il leasing fu concesso con grande leggerezza ai clienti senza un’approfondita indagine patrimoniale. La conseguenza è stata che molti leasing non sono stati saldati e questi natanti, divenuti di proprietà delle società di leasing, sono stati immessi nel mercato dell’usato a prezzi di gran lunga inferiori alle quotazioni ufficiali generando parecchia confusione. Inoltre bisogna aggiungere la persecuzione fiscale alla quale sono stati soggetti gli armatori che non ha agevolato la scelta di acquistare un’imbarcazione. Comunque, oggi pare ci sia una certa distensione e da parte delle istituzioni sembra ci sia la volontà di supportare la ripresa del comparto nautico”.
Difatti le recenti iniziative vanno incontro a talune richieste sollecitate dalle associazioni della cantieristica da diporto.
“Lo verificheremo nei prossimi mesi”.
Ma il bicchiere com’è?
“Sempre mezzo pieno”.
Se all’entusiasmo, alla volontà ci aggiungi l’ottimismo la montagna la puoi scalare.
Bruno Galante
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