Caritas ritratto di un paese impoverito
Sono sempre più giovani, i nuovi poveri. Al Sud gli italiani superano gli stranieri tra quelli che si rivolgono alla Caritas per un pasto caldo o una coperta. Gli indigenti in Italia sono quattro milioni e cinquecento novantottomila persone, sparse a macchia di leopardo lungo tutta la penisola.
Le vittime delle nuove povertà non sono più gli anziani, ma i ragazzi dai 18 ai 34 anni che non trovano lavoro e magari non lo cercano neanche più perché sfiduciati.
Chi vive al di sotto della soglia di povertà non riuscendo neanche a soddisfare i bisogni primari di cibo e medicine, con uno stipendio medio che si aggira a malapena attorno ai 400 euro al mese, sono soprattutto famiglie monogenitoriali con uno o più figli a carico, spesso frutto di separazioni, divorzi e relazioni pregresse naufragate nell’incomprensione.
È questa l’impietosa fotografia scattata dall’ultimo rapporto Caritas sulla povertà in Italia. Nelle grandi città ma pure Bari, Macerata, o anche Firenze, non è ormai raro vedere giovani che chiedono l’elemosina o uomini di mezza età che rovistano nei cassonetti cercando da mangiare.
Chi si rivolge alla Caritas, ruba dignitosamente in silenzio affollando in punta di piedi le mense per i meno abbienti.
La crisi attanaglia anche le piccole e medie imprese.
Chi può investe nel mattone.
La forbice tra ricchi e poveri si allarga sempre più e quanti perdono il lavoro spesso non trovano il coraggio di rivolgersi agli enti caritatevoli. Allora, a volte, scatta la catena di solidarietà del vicinato o degli amici, ma è un sollievo di breve durata.
L’ultima ancora di salvezza, quando c’è, è la famiglia di provenienza. Il più delle volte sono i nonni, con la rendita della pensione, o con la reversibilità, a far fronte ai bisogni primari dei nipoti.
I giovani non sanno più se l’avranno una pensione.
Quando arriveranno a prenderla, se ce la faranno avranno più di 70 anni.
In questo clima di incertezza la povertà si salda con la precarietà. L’impossibilità di costruirsi un futuro allontana una qualsiasi ipotesi di metter su famiglia e di affrancamento dalla potestà genitoriale.
Per la prima volta, sostiene il rapporto Caritas, i figli sanno di non poter stare meglio dei genitori.
La generazione dei bamboccioni, quella che il ministro del Lavoro Elsa Fornero chiamava “chosy“, in inglese, schifiltosi, perché rifiutavano lavori considerati troppo degradanti, hanno due scelte: o accumulare rabbia e frustrazione in patria, o prendere la via dell’estero.
Sono sempre più di più i ragazzi con buona scolarizzazione che migrano verso le città europee specie Inghilterra e Germania, ma non trascurate sono Svizzera e Paesi Bassi.
I lavori più richiesti, se sei italiano, sono quelli di cuoco e pizzaiolo che vengono altresì ben retribuiti.
La nave Italia va a rilento nelle secche della burocrazia, di un costo del lavoro estremamente alto e di una pressione fiscale elevatissima.
A microfoni spenti molti imprenditori confessano che devono eludere il fisco, se non evaderlo, per tenere in piedi le loro aziende e assicurare una continuità occupazionale ai loro dipendenti, lavorando sotto la spada di Damocle di un’improvvisa vertenza sindacale.
Chi può ritorna a lavorar la terra, in agricoltura si avvertono segnali di ripresa e le coltivazioni biologiche vengono apprezzate sulle tavole di tutta Europa, ma anche i coltivatori lamentano le vessazioni provenienti da Bruxelles.
Si continua a parlare di cervelli in fuga ma in realtà non esiste una seria politica che li spinga a rientrare o a restare.
Il governo si prepara a varare un decreto di contrasto alle vecchie e nuove povertà ma intanto le regioni tagliano su sanità e servizi sociali mentre i comuni tirano la cinghia su mense scolastiche e disabili.
Speriamo non giunga l’ennesimo provvedimento tampone.
Michele Pacciano
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