Terremoto, dalle parole ai fatti con l’inverno alle porte
Quest’anno ricorre il 40° del terremoto che colpì il Friuli e causò 989 vittime e 45.000 senzatetto. Per non prenderla troppo alla larga facciamo riferimento al sisma che ha colpito la Bassa dell’Emilia il 20 maggio 2012 e giorni successivi. Vi furono 16.547 famiglie sfollate. I dati ufficiali sono quelli forniti dalla Regione in occasione del quarto anniversario. Sino a quella data circa tremila famiglie ancora non erano rientrate nelle abitazioni, 135 vivevano nei Map, Moduli abitativi provvisori, urbani e 200 in quelli di campagna. Su 9mila progetti abitativi presentati circa 7mila hanno ricevuto approvazione e contributi, mentre solo il 31% dei progetti di opere pubbliche è stato approvato, come sovente accade le pastoie burocratiche bloccano tutto. Chi ha vissuto all’interno dei Map preferisce definirle baracche. Commissario per la ricostruzione sino a luglio 2014 è stato Vasco Errani, dal 1° settembre è il commissario per le Marche, Lazio e Umbria.
A novembre 2013 l’assessore regionale Giancarlo Muzzarelli alle Attività produttive in consiglio promette che “al massimo entro due anni” le baracche sarebbero state eliminate.
Sino ad oggi non vi è stata alcuna eliminazione e si trovano allo stesso posto di allora. Era proprio necessario emettere tale proclama?
La genialità di Errani, riconosciutagli da tutti, è stata l’invenzione della “Cambiale Errani”, un finanziamento da parte della Cassa Depositi e Prestiti concesso ai terremotati per la ricostruzione di circa sei miliardi.
La nostra è una penisola che ogni quattro, cinque anni è martoriata da terremoti di media e alta densità. Lo Stato spreca miliardi per tamponare i danni subiti ed investe briciole per la prevenzione. All’indomani del sisma del 24 agosto sul territorio si recarono esperti sismici giapponesi i quali dichiararono che un evento di quella dimensione in Giappone non avrebbe rimosso neppure un quadro. Da noi vittime e crolli.
Nei prossimi giorni è atteso un notevole abbassamento delle temperature, il forte vento tra Cascia e Norcia (Perugia) si è portato via le tende predisposte per la mensa degli sfollati di Cascia ove vengono distribuiti 1.500 pasti al giorno.
Lunedì 7 sono stati ospitati alla Camera i primi cittadini dei comuni colpiti dal sisma e seppure a denti stretti e senza megafono sono state pronunciate frasi, da alcuni sindaci, che denotano una incipiente sfiducia nei confronti dei poteri forti.
Il 51enne Sergio Pirozzi è il sindaco di Amatrice dal 2009, proviene da Alleanza Nazionale, ha protestato veementemente per le vignette demenziali di Charlie Hebdo sul terremoto. Il sisma gli ha portato via anche la fascia tricolore ed in Parlamento si è presentato con una fascia senza lo
stemma di Amatrice, quella che ha indossato gliel’ha prestata un suo collega.
Utilizzando un linguaggio semplice e diretto ha pronunciato poche frasi che concedono margini ristretti alle interpretazioni: “Tornerò ad indossare la fascia con lo stemma di Amatrice quando avrò la certezza che nessuno ci abbandona. L’unica maniera per risarcire questi territori è una ‘no tax area’, per far ripartire l’economia e dare una speranza. Non dobbiamo essere bravi nei primi 10 giorni, ma bravi in 365 giorni”.
Intanto ha emesso un’ordinanza con la quale chiude a tempo “indeterminato” tutte le scuole di ogni ordine e grado di Amatrice poiché le strade di accesso alla cittadina sono talmente degradate da essere divenute insicure.
Altrettanto sconfortato è Aleandro Petrucci il sindaco di Arquata del Tronto, anche questo Comune flagellato dal sisma del 24 agosto, il quale non nasconde i malumori: “In questo periodo i fari sono puntati su Norcia e gli altri Comuni colpiti dal recente terremoto, noi non ci sentiamo abbandonati, ma leggermente trascurati sì”.
Ci ha pensato la presidente della Camera Laura Boldrini a tranquillizzare sindaci e popolazioni con uno di quei proclami che ascoltiamo da decenni: “Noi confermiamo il nostro impegno, non vi lasceremo soli e faremo di tutto per tenere viva l’attenzione generale”. Preferiremmo molti meno proclami, maggiore rispettoso silenzio e tantissimo agire.
Chissà se la presidente è a conoscenza che l’11 giugno 2013 il deputato bolognese Pd Gianluca Benamati, a seguito del sisma emiliano del maggio 2012, ha presentato una proposta di legge perché venga attuato un Piano antisismico nazionale. L’hanno sottoscritta diversi parlamentari Dem e nel testo si chiede un rapido iter parlamentare per misure che “hanno l’obiettivo di rafforzare la prevenzione e la resistenza del patrimonio residenziale, produttivo e infrastrutturale agli eventi anti-sismici”. Il testo viene assegnato alla commissione Ambiente della Camera il 25 novembre 2013, ed a distanza di tre anni ancora giace su qualche lussuosa scrivania ad impolverarsi.
Il testo tra l’altro prevede una moratoria per gli oneri fiscali e creditizi in scadenza nel periodo di adeguamento antisismico, l’introduzione di misure di compensazione per la sospensione dell’attività industriale per il periodo necessario all’adeguamento del patrimonio produttivo, un aggiornamento della classificazione sismica di tutto il territorio nazionale e il censimento delle opere che necessitano di adeguamento.
Un mese fa, il 5 ottobre, il deputato del gruppo misto Angelo D’Agostino ha presentato un testo per l’adeguamento antisismico degli immobili a valore storico artistico ma ancora non è stato assegnato alla commissione competente.
Intanto nella zona sismica cresce il numero degli sfollati che ha superato le 43mila unità, 31.700 assistiti dalla Protezione civile e dodicimila che dormono nelle auto. In Appennino i primi freddi si sono fatti sentire, la notte la temperatura è di poco superiore allo zero.
Altrettanto precaria è la situazione dell’edilizia scolastica, 100 istituti sono stati dichiarati inagibili, 20mila studenti non possono riprendere le lezioni. A Sulmona vi è stata una manifestazione di genitori e alunni con uno slogan molto chiaro: “I nostri figli li vogliamo in scuole sicure e non sotto le macerie”.
la Redazione
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