I deliziosi crostini nonostante l’alluvione
50 anni fa l’alluvione a Firenze, celebrazioni, commemorazioni, documentari. Ognuno con la sua memoria, ognuno con la sua storia. Ho partecipato a una passeggiata lungo l’Arno della tragedia accompagnata dalla lettura di brani sull’alluvione. È stato bello e coinvolgente e ha riportato a galla i miei ricordi, la mia esperienza, bella, oso dire, perché vissuta con gli occhi dei miei 5 anni, felice di vivere il “nuovo e emozionante gioco”.
I bambini vivono con leggerezza e spensieratezza anche tragici eventi come questo. In quel magico momento della nostra vita si pensa di essere immortali e che niente ci possa capitare, tutto scorre davanti a noi come un film e così è stata l’alluvione.
E io, alla finestra del secondo piano di Via de’ Serragli, guardavo instancabile quel fiume giallo striato dal nero della nafta e ascoltavo la cantilena di una voce che non si stancava di dire di non buttare cicche di sigarette accese dalla finestra per il pericolo di esplosioni o incendi.
Ero contenta di non andare all’asilo l’indomani così non avrei rivisto quella SS della signorina Fania sicuramente discepola di Hitler, battevo le mani per il divertimento….ma diverso era l’umore dei miei familiari.
I nonni e il babbo erano dall’altra parte della città a lavorare al bar, che, nonostante il giorno di festa, restava aperto per mezza giornata.
Senza telefono e senza la possibilità di raggiungerli, non sapevamo niente di loro e nemmeno cosa pensare o fare. Non eravamo preoccupati per la casa o il lavoro ma per i nostri cari.
Nonostante questo e la pioggia incessante e il freddo in casa e la mancanza di acqua e luce, era un giorno di festa e come tutti i giorni di festa che si rispettino, il menù cominciava con i crostini. Anche quella volta alla debole luce di un giorno senza sole in una casa dell’Oltrarno e nel silenzio intriso di preoccupazione e di tristezza, si consumavano i crostini …. questo è il mio ricordo vivo di quel famigerato 4 novembre del 1966.
E qui si capisce l’importanza della salsa di fegatini di pollo per un fiorentino. Ma qual’è la ricetta vera? Impossibile saperlo.
Che tipo di soffritto quali erbe, quale vino? Ognuno ha la sua, seguendo la tradizione di famiglia o il gusto personale.
Non c’è ingrediente più sensibile alla mano di chi lo lavora come il fegato. Impercettibili variazioni di tempi di cottura, di metodo di mescolamento o di scelta della padella così come di intensità di calore, cambiano il risultato.
Così a casa riuscivamo a capire se quella tal volta l’impasto dei crostini l’avesse preparato la nonna o la zia, seppur fatto con la stessa precisa ricetta. Questo paté di fegato si distingue dalla più famosa versione francese o francesizzante grazie al geniale abbinamento degli ingredienti.
Qui il dolce-amaro del fegato viene stravolto e corretto dai capperi sott’aceto e dall’acciuga salata. L’aggiunta dell’acciuga nei piatti di carne è una reminiscenza della cucina degli antichi romani che con un salsa di pesciolini salati e aromatizzati, il Garum, insaporivano i loro piatti alla stregua della salsa di pesce o ostriche tipica di alcune cucine asiatiche.
Si crea così l’Umami, il famoso quinto gusto che troviamo anche nel parmigiano e nella salsa di soia.
Qui di seguito la mia versione, quella messa a punto in tanti anni che poi è quella ufficiale della mia scuola …. ma attenzione, il risultato finale dipende da voi.
Per circa 20 crostini di “frusta”:
1 cipolla media bionda o rossa tritata fine,
3 cucchiai di olio evo,
1 ciuffetto di salvia,
1 piccola foglia di alloro o un pezzetto,
300 g di fegatini di pollo con i cuori, puliti da grasso e vasi e tenuti separati,
100 ml d vino bianco secco o vin santo.
° ° ° ° °
Tritare i cuori e lasciare i fegatini a pezzi grossi.
In una padella di acciaio piuttosto piccola scaldare l’olio e rosolarvi la cipolla con i cuori a fuoco medio.
Dopo circa 5 minuti alzare la fiamma e mettere i fegatini.
Rosolare girando il meno possibile in modo che si formi una crosticina saporita e non cuocino nel loro sangue.
Scaldare il vino scelto e dopo circa 10 min. sfumare.
Lasciar cuocere ancora 5 minuti e se dovesse asciugare troppo mettere qualche cucchiaio di brodo.
A fine cottura passare al passaverdura o tritare al coltello o, per i più pigri, frullare e aggiungere:
2 cucchiai di capperi sott’aceto tritati,
2 acciughe salate e pulite,
30 g di burro, se si desidera,
pepe nero abbondante, comunque a piacere,
sale se l’acciuga non è sufficiente.
Se si riscalda per servire stare attenti a non bruciarlo altrimenti il gusto cambia.
Spalmarlo sulle fette di frusta tostate e croccanti oppure bagnate con del buon brodo.
Visto che siamo in stagione qualche lamella di tartufo di San Miniato può arricchire degnamente i nostri crostini.
Gabriella Mari
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