L’Italia del rugby continua a crescere
In Italia il fenomeno “rugby” è qualcosa che sfugge alla logica del bar dello sport.
Poco più di 100.000 tesserati circa, con il 50% tra Lombardia, Veneto e Lazio mentre in Calabria sfiorano i 900 ed in Basilicata i 400.
Sabato pomeriggio allo Stadio Olimpico della capitale vi erano sugli spalti 63.000 spettatori per assistere ad Italia-All Blacks, match amichevole privo di storia e dal risultato scontato ancora prima di scendere in campo.
È come se Germania, Brasile o Italia calcistica incontrassero Malta o Andorra. Si tratta solo di stabilire il numero di reti.
Da anni la Federazione, presieduta dal bresciano Alfredo Gavazzi con un brillante passato da rugbista prima e dirigente poi, tenta di emergere dalla seconda fascia per posizionarsi tra le big del pianeta. Impresa in salita perché per scalare le cime più ardue servono uomini e mezzi.
Con quel numero di iscritti di passi avanti se ne compiono pochini, la Figc conta su 1.400.000 tesserati, perché è dalla quantità che deriva la qualità.
Ci vogliono quattrini e la Fir, Federazione Italiana Rugby, è la 15ma Federazione a ricevere contributi dal Coni, dopo ginnastica, canottaggio, judo e tante altre discipline con ricco medagliere olimpico e mondiale.
È vero che dal 2000 siamo entrati nell’élite rugbista europea però su 17 partecipazioni abbiamo collezionato 11 cucchiai di legno, ovvero ultima posizione in 11 tornei.
Eppure è uno sport che piace molto alle giovani leve visto l’incremento registrato nell’ultimo decennio con un trend di crescita parecchio gratificante.
Servono campi di gioco ed in tanti comuni se ne trova appena uno per quattro, cinque club per cui si inizia a giocare il sabato pomeriggio e si termina la domenica sera.
Ma è soprattutto al Sud della penisola che serve una maggiore azione di marketing e di convinzione.
Per tornare alla gara dell’Olimpico va scritto che i Tutti Neri dopo appena 4’ avevano infranto la difesa italiana.
Il nuovo c.t., l’irlandese 45enne Conor O’Shea, subito dopo aver ricevuto l’incarico, marzo scorso, aveva dichiarato che “vi è la volontà e la capacità per far sì che questa squadra diventi la più forte Italia di tutti i tempi”.
In effetti dalla sfida dell’Olimpico sono pervenuti segnali incoraggianti che lasciano ben sperare per il futuro immediato a partire dalla gara di sabato 19 all’Artemio Franchi di Firenze contro il Sudafrica.
Troppa la differenza fisica e muscolare tra i neri della Nuova Zelanda e gli Azzurri tant’è che il primo tempo si chiude con un inappellabile 3-35 e con Ghiraldini che è dovuto uscire per una botta alla caviglia sinistra.
Seppur pressati, la giovane brigata azzurra non ha mai smesso di lottare e di provare.
Difatti al 27’ dopo una galoppata di 50-60 metri Tommaso Boni riaccende l’entusiasmo e dopo la trasformazione di Tommaso Allan si va sul 10-54 che scatena una serie di boati all’Olimpico.
È la 13ma meta dell’Italia negli scontri diretti con la Nuova Zelanda.
Gli All Blacks non ci stanno e non gradiscono e prima del fischio finale mettono a segno altre due mete. 10-68 e tutti a casa in attesa del prossimo appuntamento a Firenze.
Bruno Galante
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