La tredicesima non porta bene alla Roma
Come in un copione già scritto e, soprattutto, già a tutti noto.
La Juventus viaggia serena, immune da crisi o attacchi di sorta. Quasi si ha la sensazione che quand’anche Allegri schierasse la Primavera, ebbene il risultato arriverebbe lo stesso. La tranquillità con cui la capolista macina partite e tritura avversari risulta a tratti disarmante.
Mai uno scivolone, mai un tentennamento, anche se in campo, per preservarli dalla fatica in vista della Champions, scende sì e no metà della squadra titolare. Una leggerezza che impressiona, ma che si fa forte e sempre più si solidifica dalla constatazione di quanto poco valide siano le concorrenti, le inseguitrici.
La prima a essere chiamata in causa non può che essere la Roma. Preda di vuoti di memoria e di gioco, di svuotamenti di carattere a dir poco preoccupanti. Vedere il tecnico Spalletti che si aggrotta sempre di più arrampicarsi sui vetri di giustificazioni insostenibili, lui stesso incredulo per quello che la squadra gli combina, è sovente quasi patetico.
Non sa darsene una ragione, ma parrebbe evidente come i giallorossi siano quest’anno una squadra fantasma, nel senso che quando compare può davvero fare paura come tutti i fantasmi che si rispettino, ma quando decide, chissà perché, di non farsi vedere è vuota, impalpabile, senza carattere.
Quello che, in poche parole, già era successo in altre trasferte (viene in mente la batosta rimediata col Torino) e che si è puntualmente ripetuto a Bergamo. Dopo un primo tempo accettabile, sostenuto in un campo difficile e contro una squadra in palla, la Roma è sparita, si è dematerializzata come i bollettini postali.
La foga e lo slancio dei bergamaschi han fatto il resto, ovvero confezionato una vittoria che fa male, molto male ai capitolini.
Ogni volta che non si deve perdere il passo o che, addirittura si potrebbe rosicchiare qualche punticino alla capo classifica, stai certo che la squadra di Spalletti manca l’impegno.
Sconsolato il tecnico non accusa nessuno ma, molto correttamente, punta il dito su se stesso: forse non sono loro che non vanno, ma sono io che sbaglio, che non so cambiare la mentalità del gruppo.
Chi ha centrato invece questa non facile impresa è Gasperini il coach dell’Atalanta che con la vittoria di ieri si è portata in zona coppe. Partita col freno a mano e con qualche confusione, appena si è sistemata sul piano tattico la squadra è diventata una impietosa castigatrice di grandi e piccole.
Poco importa contro chi è chiamata a giocare, l’animus è sempre lo stesso, quello che tende in modo inesorabile alla vittoria e quel che è più bello ancora, un successo da cogliere non in modo improvvisato o estemporaneo, ma attraverso un gioco gagliardo, pieno di energia. Corrono, corrono tanto e giocano bene i ragazzi di Gasperini, esaltando una scuola di calcio, quella atalantina, che in Italia ha fatto e fa scuola da sempre. Che bella sorpresa!
Di pari passo (non per nulla stanno appaiate in classifica) avanza ferrigna e leggera al tempo stesso la bella Lazio assemblata da Simone Inzaghi. Sbarazzarsi del Genoa con tanta perentorietà non è impresa che riuscirà altrettanto facilmente ad altri. La fantasia al potere del tridente d’attacco dei laziali è garanzia di squilli di alta classe e di giocate imprevedibili, e siamo d’accordo, ma è anche il resto della squadra che sta dando
segnali forti di compattezza e lucidità e tutto questo dopo aver perso un giocatore di peso come Candreva.
Vedere Napoli e Fiorentina decisamente arretrate rispetto al vertice sorprende un poco. Vero che i viola stanno crescendo (con un Bernardeschi in spolvero) e devono recuperare un match, ma non era certo nei piani della dirigenza immaginare che a un terzo del torneo la viola stesse ancora un po’ arrancando.
Discorso che assai di più vale per il Napoli, sfortunato per i tanti problemi che l’assillano, tuttavia lontano dalle lusinghe di un inizio campionato che lo vedeva addirittura nei panni del più strenuo assalitore dei bianconeri. Nel calcio tutto può accadere, ma il distacco dalla Juve è ormai intenso e al di là di un decoroso torneo null’altro viene da accreditare ai pur bravi azzurri.
Chi continua a fare bene è il Torino di Mihajlovic che sbanca Crotone con qualche polemica.
Con un Belotti così il popolo granata sogna e intanto si gode belle partite e alimenta dolci speranze. Le stesse che sembrano agitare le due milanesi affrontatesi in un derby faraonico per coreografie e pienone di pubblico.
Le emozioni non sono mancate, anche se è stato il gioco, quello vero, bello e intenso, che ha dato in parte forfait.
I limiti delle due compagini sono evidenti a tutti. Il Milan li maschera meglio, grazie a un impianto di gioco più concreto e saldo; l’Inter sta ancora cercandosi, a maggior ragione in questi giorni con il cambio di allenatore che, come si sa, fino a situazione consolidata, porta sempre con sé oltre che cambiamenti anche ulteriori incertezze.
Franco Ossola
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