Gli avvoltoi e le cassandre del referendum
Un’alta percentuale della politica internazionale che guida il timone planetario e dell’alta finanza si è schierata apertamente a favore del Sì.
Sembra di rivedere le giornate ansiose del voto statunitense allorquando la identica percentuale emetteva proclami a favore di Illary Clinton e simili a novelle cassandre ipotizzavano uno sfracello terrestre in caso di vittoria dello yankee Donald Trump. In questi venti giorni i disastri ancora non ne abbiamo registrati. I sondagisti nordamericani han dovuto presentare le scuse per non aver azzeccato la vittoria sfacciata della ex first lady.
Avessero girato un po’ di più nelle periferie, negli ingressi delle fabbriche, nei supermercati, ed avessero trascurato le 5th Avenue, le boutique delle griffe, i ristoranti stellati, fossero rimasti qualche ora in più tra la gente comune per ascoltare commenti e lamenti forse avrebbero fotografato meglio la realtà.
Piaccia o non piaccia Donald Trump è il 45 presidente degli Usa.
Conosco, come gran parte degli europei, le vicende a stelle e strisce, da quelle scarse e pilotate notizie che giornali e tv ci presentano. Però il malcontento generale lo si annusava specie negli stati del Sud al confine con il Mexico per le ondate di migranti che quotidianamente si riversano al nord. È stata una ribellione generale al perbenismo e al benessere esagerato delle classi forti. Un rifiuto della globalizzazione incontrollata che colpisce i più deboli, della gente che deve fare gli straordinari per arrivare indenne al fine mese. I media si sono soffermati sul gossip, sul pettegolezzo, sul passato remoto, senza andare a leggersi e ad approfondire il programma elettorale, stralciavano una o due frasi di un discorso di oltre un’ora e le sbattevano in prima pagina.
Si sono sentiti i depositari della verità e della precisione, immuni da errori e da cantonate, mentre si trovavano parecchio distanti dalla realtà. Intanto il neo eletto potrà contare sull’appoggio di Camera e Senato, e dell’Alta Corte. Valutare l’operato di Trump dalla campagna elettorale e dal suo operato sarebbe da ingenui. Ha presentato un programma per i primi cento giorni, ma forse è prematuro esprimere un parere dopo un trimestre e sarebbe più concreto aspettare almeno un semestre. Sul finire della primavera prossima si potrà misurare con maggiore concretezza il suo operato.
E la campagna elettorale del referendum evidenzia numerose affinità con quella presidenziale americana, a partire dallo schieramento amico. I politici e finanzieri europei tutti a preoccuparsi delle nostre vicende e a fornire suggerimenti, o meglio avvertimenti e moniti, al voto.
Perché tutti si fidano, oggi, di Matteo Renzi e tutti sono convinti del suo governare. Purtroppo lor signori viaggiano in auto blu con tanto di autista e scorta e non sono a conoscenza di quanto costa un chilo di arance e neppure sanno cosa significa pagare un canone di affitto mensile o una scadenza di mutuo.
È gente che vive distante anni luce dalla quotidianità e dalle problematiche di chi deve vivere, o sopravvivere, con 700 o 750 euro al mese.
Politici e catastrofisti avevano annunciato una sorta di disastro anglosassone per l’uscita dall’Europa. A prescindere dal fatto che questi signori giammai erano intervenuti a spiegare e raccontare che la Gran Bretagna stava con un piede in due scarpe e che quando trovava convenienza si schierava a favore dell’EU se invece notava un pelino bianco tornava di là della Manica.
Fa l’idea che a sollecitare la vittoria del Sì ci siano i signori di Bilderberg, i quali vogliono un mondo più equo. Questa élite planetaria tende a favorire il dialogo Usa-Ue senza troppo rumore e clamore, perché il business va definito in silenzio e lontano da occhi indiscreti.
Forse i politici di Bruxelles e i grandi finanzieri temono che in caso di vittoria del No Matteo Renzi potrebbe dimettersi, a breve o a medio breve termine, e l’Italia rifletterebbe maggiormente se rimanere o meno alle dipendenze dei politici franco-tedeschi. Troppo a lungo le decisioni concernente la crescita e lo sviluppo italiano sono state adottate lungo la rotta Parigi-Berlino e solo nelle ultime settimane da Roma si è levato qualche timido lamento.
D’altronde sono questioni che riguardano noi italiani e lasciate che ce la sbrighiamo da soli. Lo abbiamo fatto tante volte in passato, a volte con successo altre volte con meno fortuna, ce la faremo anche questa volta. Però ci piace non avere suggeritori invadenti, i quali forse l’idioma del Sommo Poeta, come pure pregi e virtù, neppure lo conoscono.
Anselmo Faidit
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