Referendum la vittoria dei tartassati e dei bistrattati
Molti i punti in comune con la campagna elettorale statunitense quella sul referendum. Giornali e tv nazionali quasi tutti schierati dalla parte di chi veniva considerato vincente, i pronostici che venivano pubblicati erano parecchio mimetizzati e addolciti, la politica internazionale a tifare per Hillary Clinton e Matteo Renzi poiché nel caso avessero perso sarebbe potuto accadere un cataclisma.
Sarà mica che una certa fascia di potenti non ci azzecca e magari porta anche scalogna?
Il 25 aprile scorso ad Hannover si sono riuniti i 5 “grandi” della terra: Barack Obama, François Hollande, David Cameron, Matteo Renzi e Angela Merkel. È appena trascorso un semestre e sono andati tutti a casa tranne la cancelliera che deve attendere settembre per conoscere se rimane in carica
oppure anche a lei toccherà tornare alle faccende domestiche.
Gli esperti e gli analisti di politica internazionale si stanno scervellando per individuare le cause della debacle collettiva. Stanno scavando a fondo nel tentativo di trovare la quadra alle congetture. Spesso si cercano soluzioni strategiche e scientifiche mentre è sufficiente farsi una passeggiata in metropolitana, sui bus, nei supermercati, all’ingresso delle fabbriche, impiegare un paio d’ore al giorno su facebook o twitter per annusare che aria tira. Per leggere e intuire la realtà è indispensabile il contatto diretto della strada, la scrivania ed il salotto servono per analizzare il risultato.
Il guaio è che il baratro che divide la classe politica, e tutto ciò che la circonda, dalla base si allarga sempre più. Perché chi viaggia in auto blu e corazzata non consoce e non può conoscere quanto costa un etto di grana, quanto costa
un biglietto del tram, quanto costa mezzo chilo di pane. La classe politica non conosce la dimensione della realtà quotidiana perché con 15 o 20.000 euro al mese la cinghia non si tira e i pantaloni non si rammendano.
Perché quando viene presentata una proposta di legge per ridimensionare i lautissimi stipendi e infiniti bonus che godono i signori parlamentari invece di discutere e approvare in Camera e Senato preferiscono spedire i fascicoli nelle commissioni ad ammuffire ed impolverarsi.
Perché quando un pensionato che ha lavorato per decenni si vede recapitare dall’Inps una pensione di 600 o 700 euro un tantino si incavola se pensa che un parlamentare, nazionale o regionale che sia, dopo appena un quinquennio ha diritto a 3 o 4.000 euro.
Perché quel pensionato si incavola anche nell’apprendere che un giovanotto palestrato, e con un paio di cellulari ultima generazione in tasca, solo perché ha fatto un paio di ore in gommone nel Mediterraneo, ha diritto a 35 euro al giorno che fanno 1.000 e passa euro al mese.
Renzi ed il suo staff hanno perso perché non hanno letto i dati dell’Istat secondo i quali in Italia vi sono 4.500.000 di persone in assoluta povertà. Perché pochi giorni orsono Save the Children, al di sopra di ogni sospetto, insieme alla Treccani ha pubblicato l’Atlante dell’Infanzia dal quale risulta che in Italia un bambino su tre è a rischio povertà ed esclusione sociale. Significa che tre milioni e mezzo di bambini ritengono che il futuro sia buio e nebbioso. Sull’Atlante è scritto che 4 bambini su 10 soffrono il freddo in quanto le loro case sono umide e prive di riscaldamento. È scritto che questi bambini vanno poco a scuola e sono costretti ad abbandonare le aule per cercare un lavoro e contribuire al sostegno familiare, di conseguenza si ammalano e lo sport lo guardano in tv.
Naturalmente in Europa non siamo gli ultimi poiché precediamo Romania e Grecia.
Lo Stato essendo impegnato a sostenere le spese militari e a pagare il leasing del nuovo Airbus presidenziale, una cifra prossima a 175 milioni di euro, non può stornare somme per tutti quei bambini.
Perché la forbice tra chi se la spassa e chi soffre si allarga sempre più.
Forse va cercata in quella direzione la causa della batosta del premier fiorentino.
Va comunque dato atto a Matteo Renzi di essersi comportato con coerenza, ha mantenuto l’impegno delle dimissioni in caso di sconfitta, stando alle sue dichiarazioni. Fosse stato un politico della passata generazione sulla poltrona ci sarebbe rimasto incollato sino a quando non lo avrebbero tolto con la forza.
Gli è stato rimproverato a lungo, e non ne ha tenuto in debito conto, che lui quell’incarico non avrebbe dovuto assumerlo perché a Palazzo Chigi ce lo ha messo non l’elettore ma Napolitano. E Napolitano non è stato un Presidente amatissimo dagli italiani.
Renzi non è stato eletto e votato da nessuno, quindi è abusivo, e perciò doveva muoversi in punta di piedi e senza fanfara.
Gli è stato detto e ripetuto a lungo che in Europa l’Italia deve rimanerci con dignità e con la schiena ritta, che il cannibalismo tedesco doveva essere contrastato, perché è la Germania che deve rispettare l’Europa e non viceversa. Perché l’Italia non è la Burgundia da razziare e da mungere.
Eppure avrebbe dovuto capirlo dopo il referendum britannico, che è il popolo a decidere non il politico di turno, non i media, non la massoneria o le lobby.
Il risultato è stato schiacciante che non concede margini di discussione, perché se non si tiene conto delle due regioni rosse da sempre e comunque, Toscana ed Emilia Romagna, la percentuale del NO è da votazione bulgara, si raggiungerebbe il 66% ossia due italiani su tre.
La stilografica ora è passata nelle mani del Presidente Mattarella, tocca a lui scrivere le pagine del futuro prossimo. La nostra speranza è che non scriva pagine lette e rilette già tante volte in passato.
la Redazione
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