Vincono le tre di testa, perdono le inseguitrici
L’implacabile ineluttabilità delle cose.
La Juventus non si smarrisce. Registra la pausa di Marassi, ma si rimette immediatamente in carreggiata, liquidando senza ansia alcuna l’Atalanta, data da tutti come la squadra più in palla del momento. Quali deduzioni trarre? Niente di diverso da un “siamo tornati e nessuno si illuda che una sconfitta, per quanto inattesa, ci possa smontare”.
Un chiaro e limpido messaggio inviato senza ricorrere ad alcun codice o sottinteso non soltanto alle più dirette rivali (Roma e Milan), ma anche ai “cugini” granata del Torino che già fremono per scendere in campo per un battaglia autentica come, di norma, si configura un derby, smaniosi di mettersi alla prova con i più titolati bianconeri.
I venti giorni di fuoco che attendono la Juventus (in successione Dinamo Zagabria in Champions, Torino, Roma e Milan per la Supercoppa) non sembrano, almeno in apparenza, aver messo in apprensione Allegri e i suoi ragazzi. Neppure le tante assenze, gli infortuni a catena hanno creato perplessità sul fatto di sentirsi i più forti. Va da sé che uscire indenni da questo poker di gare (battendo magari, più che il Torino, la Roma allo Stadium) significherebbe non solo festeggiare con serenità il Natale, ma mettere una bella ipoteca sulla vittoria finale.
Ce la faranno Torino e Roma ad ostacolare la marcia bianconera?
I granata di Mihajlovich dopo aver toppato contro la Sampdoria hanno da concentrarsi al meglio.
I giallorossi di Spalletti, che il derby lo hanno già vittoriosamente smaltito, dovranno arrivare al confronto diretto di Torino carichi e convinti. Le qualità tecniche e tattiche ci sono tutte, serve soltanto far girare l’orologio messo a punto dal tecnico nel migliore dei modi, con i sincronismi studiati da concretizzare in campo. Perché quando la Roma azzecca la giornata giusta dimostra di saper giocare al calcio, bene e con profitto. Cosa che nel derby con la Lazio è accaduta soltanto nella seconda parte del match. Gli azzurri di Simone Inzaghi hanno tenuto fino al possibile, poi aperte le dighe, si sono fatti soverchiare dalla prepotenza fisica dei giallorossi. Strootman e Naingoolan si sono fatti alfieri dei compagni (attaccanti compresi, rimasti a secco) ed hanno chiuso la pratica con due gol di possesso. Inzaghi è uscito dal campo deluso, ma immaginiamo che anche lui non possa avere nulla da dire sulla più che legittima vittoria dei cugini romani.
Più risicata, tuttavia conquistata, la vittoria del Milan che ha faticato, fallendo per di più un calcio di rigore, e non poco a battere il Crotone. La continuità dei rossoneri sta pagando e il mantenimento nei piani altissimi della classifica è la giusta risposta. La squadra non appare, nel suo insieme, trascendentale, ma possiede il dono della concretezza, della spontaneità di gioco che le deriva dall’acume tattico di Montella e dal nutrito numero di giovani inseriti in organico. I quattro punti (come la Roma) che separano il Milan dalla vetta assoluta sono al contempo pochi e tanti, per questo il pregio di essere continui è un valore aggiunto che i rossoneri debbono tenacemente continuare a perseguire.
Il sorriso sbarazzino di Montella cozza con lo sguardo cupo di Stefano Pioli il fresco allenatore dell’Internazionale. Immaginare che cambiare trainer sia la cosa giusta da fare nel caso dei nerazzurri non sembra la panacea ai suoi mali. Troppa confusione, troppe incertezze societarie stanno accompagnando in questi mesi la squadra, se poi ci aggiungi che molti dei giocatori della rosa sembrano corpi estranei, demotivati, incapaci di dare segni di vita, capisci il perché di tante brutte figure.
I tre ceffoni che il Napoli ha stampato sul viso imbellettato di una squadra fatua, in qualunque altro ambiente toccherebbero tutti nell’orgoglio. Nel caso dell’Inter di oggi questa reazione pare non esserci. L’impressione è di un gruppo di calciatori che ogni domenica si ritrovano come per caso su un campo di calcio e debbano per la prima volta provare a giocare insieme, sottraendo all’agonismo la componente emotiva, meglio dire l’anima. Una squadra spoglia, che si offre a qualsiasi rivale con ingenuità quasi grottesche, sbadataggini da armata brancaleone, senza costrutto. Chiunque ci metta mano – ora è Pioli – dovrebbe, come si dice, mettere in riga, far sentire il vocione, per quanto non sia cosa facile in un gruppo tanto eterogeneo e in balia di un trambusto societario.
Finalmente per i suoi tifosi, il Sassuolo è tornato a vincere travolgendo un Empoli sempre più invischiato nella zona caldissima della classifica. Sorridono anche i fan della viola che scampa la figuraccia di un pari in casa con il Palermo fanalino di coda proprio all’ultimo sospiro di gara. Molto bene, infine, la Sampdoria che trita, poco alla volta, un Torino meno arrembante del solito, perdonato dal proprio allenatore Mihajlovic attento a non turbare troppo gli animi in vista derby.
Franco Ossola
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