Tamara Gualandi, quando l’impresa è donna coraggiosa
Sono gridi d’allarme che sempre più spesso si leggono e si ascoltano. Il piccolo artigiano italiano chiude bottega oppresso e strozzato dalla burocrazia, dai balzelli. Molti giovani non hanno seguito le orme familiari per il timore del domani e delle beghe amministrative. Il sogno dell’Europa che avrebbe generato benefici e benessere principia a dissolversi. Quelle aziende che si sono accontentate della clientela nazionale e non si sono preoccupati di reperire sbocchi oltre frontiera da alcuni anni vivono con l’ansia dell’oggi e del domani. Ed è un domani a tempo indeterminato.
Chi può partecipa a fiere e manifestazioni con l’intento di incrementare il portafoglio clienti, meglio se cliente estero. Una delle colonne portanti del Made in Italy è ovviamente la moda. Sono numerose le città e i distretti italiani strettamente legati alla filiera del tessile e della pelletteria. Una di queste è Carpi, Modena. La cittadina emiliana è famosa nel mondo per il distretto che si caratterizza principalmente per la produzione nel comparto della maglieria. 4mila imprese che danno lavoro a 17mila addetti, con tre miliardi di fatturato di cui il 30 percento proveniente dall’export.
Ma anche Carpi è stata invasa dai cinesi per cui corre il rischio di perdere una parte della ricchezza di quel know-how che l’ha contraddistinta da decenni.
Tamara Gualandi è la presidente di Federmoda della Cna di Modena ed insieme a Luciana Martinelli ha creato alla fine degli anni Ottanta il brand “Donne da sogno” con l’intento di realizzare un progetto mirante alla ricerca della naturale femminilità della donna.
È un incarico che le viene affidato ad aprile del 2009, rinnovato quattro anni dopo e probabilmente ad aprile prossimo sarà riconfermata per un altro quadriennio.
Conosce perfettamente le difficoltà che attraversa il settore ma soprattutto conosce quali sono gli ostacoli che frenano la ripresa e la ripartenza.
Donna ed imprenditrice coraggiosa che definisce pane il pane e prosciutto il prosciutto. Non si nasconde dietro le ombre ed i muri di polistirolo, utilizza un linguaggio diretto e comprensibile e pur rimanendo nei termini della correttezza e della compitezza esterna il suo pensiero con estrema schiettezza anche a costo di far storcere il muso al destinatario.
Il 50 percento della produzione di Donne da sogno valica i confini e ciò significa che la sua azienda la sofferenza del mercato interno l’ha avvertita parzialmente, ed è questo il messaggio che da anni sta cercando di trasmettere a colleghi e colleghe che hanno voluto privilegiare la commercializzazione sulla penisola.
“Sono anni oramai che in Italia si vende male, perché oramai non si fanno più i numeri di qualche anno fa ma innanzitutto perché gli insoluti sono divenuti insostenibili, chi lavora solo con il nazionale ha seri problemi. È pur vero che per l’export occorre avere una organizzazione più strutturata e qualificata, ma a mio parere è l’unica strada che offre tranquillità e futuro”.
Export significa partecipare a manifestazioni oltreconfine con costi non proprio ridicoli.
“Diventa un passaggio obbligato e con pochissime alternative. Oltretutto una piccola azienda ha pochissime chances per essere ammessa alle grosse manifestazioni della moda italiana, come Pitti o le sfilate milanesi. È un investimento che ogni azienda dovrebbe prendere in considerazione”.
A questo punto vi siete inventati Moda Makers e a maggio scorso nella settecentesca Villa Ascari avviene il debutto.
“Francamente non speravamo di ottenere consensi e risultati così positivi in un momento in cui si fa fatica ad arrivare in fondo al mese. Però siamo abituati al rischio e il progetto non ci aveva spaventato più di tanto, d’altronde è nei momenti di crisi che occorre dar fondo alle energie e alle risorse. Abbiamo lavorato molto e nel migliore dei modi per cui sono rimasti contenti i compratori e gli espositori”.
Alcuni di voi partecipavano a Modaprima alla Leopolda di Firenze.
“L’idea è partita proprio dalla Leopolda di Firenze. Eravamo una ventina le aziende carpigiane che per anni abbiamo puntato su Firenze con degli investimenti non indifferenti. Lo abbiamo spiegato più volte agli organizzatori di Pitti Immagine perché tra spazio dello stand a 5mila euro, trasporto, permanenza e altro significava 8 – 9 mila euro a manifestazione, ossia 16 – 18mila l’anno. L’affluenza era modesta e non copriva per nulla i costi correnti. Avevamo chiesto il database dei buyers ma non ce lo hanno mai voluto comunicare e per noi era fondamentale. Il pernottamento a Firenze per molti di noi è proibitivo, idem per il ristorante. Abbiamo tentato in tutte le maniere di trovare un accordo con i responsabili di Pitti Immagine ma si sono irrigiditi sulle loro posizioni, alla fine abbiamo deciso di andare per conto nostro ed i risultati ci hanno dato pienamente ragione”.
Ciò sta a significare che proseguirete per la vostra strada o in futuro potrebbe esserci un riavvicinamento.
“Intanto per maggio prossimo abbiamo già programmato tutto e siamo andati oltre le aspettative. Abbiamo ricevuto numerose richieste di partecipazione dal nostro distretto come pure da altre regioni, però ci piace fare un gradino alla volta. Diciamo che per il 2017 è già tutto pianificato. Ciò che può accadere nel 2018 è prematuro intuirlo, dobbiamo capire quali risultati conseguiamo il prossimo anno. Anche i buyers preferiscono venire a Carpi perché risparmiano tantissimo, abbiamo raggiunto vantaggiosi accordi con albergatori e ristoratori e non si tratta di pochi centesimi, una nostra navetta li accoglie in aeroporto, una sera sono nostri ospiti, in pratica li trattiamo con i guanti. Inoltre con l’amministrazione comunale, con la Fondazione Cassa di Risparmio, Carpi Fashion System con altri enti locali, stiamo perfezionando intese che gratificheranno il nostro lavoro e ci proietteranno oltre i confini regionali. Con Moda Makers ci ha guadagnato tutto il territorio”.
Un lieve ottimismo dalla prossima stagione.
“Noi ci stiamo impegnando al massimo e stiamo seminando. In ogni nostra iniziativa vi è il 100 percento di entusiasmo e professionalità. Pur se la crisi non è completamente alle spalle quantomeno si può affermare che il peggio è passato. Si tratta di rimboccarsi le maniche e proseguire a lavorare privilegiando la qualità”.
Piero Vernigo
Commenti
Tamara Gualandi, quando l’impresa è donna coraggiosa — Nessun commento
HTML tags allowed in your comment: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>