L’Europa paradiso fiscale delle multinazionali
Solo un prodigio scientifico riesce a far sopravvivere l’Unione Europea. Ma è un prodigio scientifico molto ben studiato e preparato sin nei minimi particolari che viene quotidianamente oliato dai potenti e dalle lobbie del globo. Se ancora il sistema politico non è crollato è perché i grandi industriali, i principali finanzieri e le potenti lobbie riescono ancora a trarre considerevoli profitti da questa bandiera a dodici stelle. Partendo dal presupposto che i potenti della terra hanno compreso che ci si può arricchire sino alla nausea senza spargimento di sangue diventa semplice intuire il perché di talune operazioni di finanza internazionale.
La Fca, Fiat Chrysler Automobiles settimo gruppo automobilistico mondiale, ha il cuore ed il polmone a Torino, a Londra il quartier generale finanziario e ad Amsterdam la sede legale.
La multinazionale del panino Mc Donald ha la sede principale ad Oak Brook, un sobborgo di Chicago nell’Illinois, ed ha fissato la sede della filiale europea nel Lussemburgo.
Il colosso informatico statunitense Apple ha la sede a Cupertino in California ma il domicilio fiscale in Irlanda. Succede che Apple realizzava decine di miliardi di dollari di imponibile in altri Paesi ma li denunciava in Irlanda grazie ad accordi fiscali strani fissati con Dublino con aliquote bassissime oscillanti tra lo 0,005% e l’1%. In sostanza pressoché nulla.
Ora Apple dovrebbe, condizionale d’obbligo, restituire all’Irlanda circa 13 miliardi di euro di benefici fiscali illegali che rappresentano indebiti aiuti di Stato, in base alle regole Ue. Questa è la decisione adottata dall’Antitrust europeo. Margrethe Vestager, la commissaria alla concorrenza, ha precisato: “Questa non è una multa, sono tasse non pagate”.
Oxfam è una associazione internazionale che si pone come obiettivo salvare e ricostruire le vite nelle emergenze, e denunciare le cause di tali ingiustizie: disuguaglianza, discriminazione contro le donne e il cambiamento climatico, ponendo le donne al centro.
Nell’ultimo report pubblicato da Oxfam sono elencati i quindici paradisi fiscali del mondo più convenienti alle multinazionali e alle società desiderose di pagare tasse irrisorie. In questa gratificante graduatoria scopriamo che al terzo posto è posizionata l’Olanda, al quarto la Svizzera, al sesto l’Irlanda, al settimo il Lussemburgo e al decimo Cipro. È vero che al primo e secondo posto vi sono le ben note Bermuda e le Isole Cayman però tra le prime dieci metà sono europee, delle quali ben quattro dell’UE.
Si tratta di fantasia o di avversione nei confronti di questi Paesi magari per un torto subito da Oxfam?
Generalmente questi studi e queste ricerche sono eseguiti da tecnici ed esperti che meritano stima e fiducia. Diventa uno strumento di lavoro perché tutti i politici di qualsiasi colore e regione non fanno altro che ripetere di voler porre un freno alle evasioni fiscali e al contrabbando finanziario.
Se è vero che G20 e OCSE si sono posti come obiettivo prioritario e urgente la lotta all’elusione e ai paradisi fiscali sarebbe il caso che dai proclami si passasse ai fatti. Hanno più e più volte ripetuto che gli stati canaglia sono una minaccia concreta per i conti pubblici di ogni singola nazione.
Oxfam si spinge oltre e sostiene che il 90 percento delle maggiori multinazionali globali è domiciliata con una sede in almeno un paradiso fiscale.
Forse non è un caso che una parte consistente delle banche italiane possiede un ufficio o una stanza in Lussemburgo. Come pure poco opportuna è la sede nelle Isole Cayman della Kpmg, società internazionale che fornisce servizi e consulenza alle società, presente in 152 Paesi con oltre 145.000 professionisti.
Sempre più numerosi sono i professionisti e gli studi di consulenza che si sono specializzati in diritto internazionale per ben supportare società e aziende che in numero sempre maggiore decidono di aprire filiali e sedi nei Paesi del Bengodi.
Piero Vernigo
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