15 anni con l’euro, ombre e futuro incerto
Molti erano convinti, anch’io nel folto gruppo, che con il ritorno dell’impero europeo noi italiani avremmo tratto enormi benefici e di varia natura. Era la prima volta che gli Stati del vecchio continente aderivano liberamente ad un governo supremo.
In tanti gioivano per il fatto che finalmente i signori della politica nazionale avrebbero avuto qualcuno che li avrebbe messo in riga, che gli innumerevoli episodi di vagabondaggio parlamentare, di assenteismo totale da parte di taluni deputati e senatori, degli scandali quotidiani collegati alla classe politica e tanto altro marciume simile sarebbe giunto al capolinea.
Tedeschi e mitteleuropei avrebbero reso efficiente il nostro Parlamento e finalmente anche noi italiani saremmo diventati “normali” come gli altri Paesi del G8.
Convinti di ciò la notte di San Silvestro 2001 stappammo due bottiglie di rinomato spumante. La prima, ovvia, per l’anno nuovo che si sarebbe dovuto comportare meglio del precedente e la seconda bottiglia fu per l’arrivo dell’euro, moneta nuova di zecca che spediva in pensione la gloriosa Lira con la quale avevamo vissuto la storia dell’Unità d’Italia, il Risorgimento, le Guerre d’Indipendenza.
Il 17 marzo 1861 il Parlamento riunito a Palazzo Carignano proclamava Vittorio Emanuele II Re d’Italia e adottava la Lira come moneta unica del nuovo Regno.
Però malincuore accettammo il cambio, dal punto di vista estetico non c’era paragone tra lira ed euro.
Per ottenere 1 euro dovevamo dare 1936,27 lire, due biglietti cartacei da mille lire contro una monetina metallica.
Non gradimmo la scelta cervellotica della moneta metallica, troppo differente dal nostro sistema.
In Italia in quel periodo avevamo come presidente del Consiglio Giuliano Amato che rimase in carica dal 25 aprile 2000 all’11 giugno 2001 ed era subentrato a Massimo D’Alema, 12 ottobre 1998 – 25 aprile 2000, mentre in precedenza aveva governato Romano Prodi. In pratica per tutta la XIII Legislatura, 9 maggio 1996 – 9 marzo 2001, è al governo la sinistra.
Il marco tedesco era diviso in centesimi, pfennig, come pure il franco francese, centimes, per cui erano abituati ai conteggi con i centesimi a differenza di noi italiani.
L’impatto psicologico era tremendo perché la valuta cartacea la deponi nel portafoglio in quanto è di valore, quella metallica in tasca e servono per comprare le caramelline e i bruscolini, per cui 2 euro sono considerati degli spiccioli ma non lo sono.
Una classe politica responsabile a Bruxelles doveva farsi rispettare ed in caso di necessità battere i pugni, invece niente. Sin dal primo giorno ci tocca subire.
Una persona anziana che per una vita intera aveva maneggiato e conteggiato lire in appena 60 giorni doveva imparare ed adeguarsi al nuovo sistema che stravolgeva abitudini, tradizioni e costume decennali. La lira e l’euro hanno circolato insieme dal 1° gennaio al 28 febbraio 2002, dal 1° marzo la lira perde definitivamente corso legale. Una scempiaggine alla quale nessun politico si è opposto. Il doppio corso per abituarsi alle nuove regole doveva durare due anni, tempo necessario per memorizzare e adeguarsi.
Dopo appena una settimana iniziano le speculazioni incontrollate, una buona parte delle attività commerciali, artigianali, gli studi professionali, i locali pubblici, cambiano 1.000 lire con 1 euro. Per una pizza margherita si spendeva 4 o 5 mila lire improvvisamente raddoppia e si spende 4 o 5 euro, il caffè passa 1.000 lire ad 1 euro.
Verissimo che siamo in libero mercato ed ognuno può metterci il ricarico che vuole ma vi fosse stata una maggiore presenza e controllo ciò non sarebbe accaduto principalmente perché gli stipendi si sono attenuti al cambio ufficiale di 1936,27 per cui in pochissimo tempo il potere d’acquisto subisce una notevole frenata. Roma dorme o finge di dormire, per convenienza o per leggerezza. Trascorrono parecchi mesi prima che associazioni di categorie, media, imprenditori e consumatori si siedano attorno ad un tavolo per trovare accordi visto il malumore galoppante.
A lungo i politici hanno proclamato che con l’ingresso nell’Europa Unita avremmo goduto di benefici e vantaggi impensabili, dopo tre lustri ancora non ce ne siamo accorti.
Benefici e vantaggi sinora ne hanno tratto solo la grande industria e la grande finanza. Si è badato principalmente a costruire un’Europa economica e non politica, non sociale. Inspiegabilmente con due sedi, Bruxelles e Strasburgo, giusto per non scontentare nessuno.
Tra i pochi ad applaudire e a sorridere sono le multinazionali che hanno trovato in Europa porte e finestre aperte per non pagare tasse e balzelli in Paesi accoglienti come Olanda, Lussemburgo, Irlanda e Cipro.
Oggi ci ritroviamo la Germania divenuta leader incontrastata che fa il bello e il cattivo tempo, Germania che invece di mettersi a disposizione dell’Europa ha provveduto a farla divenire suo servitore.
La Gran Bretagna, alla quale tutti hanno consentito di rimanere con un piede in Europa e con l’altro sull’isola di Sua Maestà, ad un certo punto ha indetto il referendum ed è tornata al proprio governo. Quanti prevedevano un tracollo per Londra si son dovuti ricredere perché Oltre Manica non hanno subito nemmeno delle piccole scosse, sinora.
Ad aprile si vota in Francia ed in caso di vittoria Marine Le Pen ha già dichiarato che non farà parte dell’UE, in Germania andranno alle urne a settembre e Angela Merkel è in affanno contro una destra in crescita.
Come sarà il 2017 per l’euro? Quantomeno pieno di ansia, in attesa dei risultati di Parigi e Berlino.
Piero Vernigo
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