Le banche vanno tutte in paradiso, offshore
I primi di novembre Matteo Renzi durante un’intervista rilasciata a Giovanni Minoli in “Faccia a faccia” alla domanda sul Monte dei Paschi di Siena in piena crisi alla domanda “Il 22 gennaio lei diceva che la banca era risanata e che investire era un affare”, ribatte: “Lo penso tutt’ora e credo che se ci sia un investitore italiano o straniero che voglia investire nella banca sia un affare”.
Trascorre un mese e gli italiani con il referendum spediscono a casa Renzi, passa qualche altro giorno e poco prima di Natale il Consiglio dei ministri presieduto dal neo premier Paolo Gentiloni vara il decreto “salva risparmio” creando un fondo da 20 miliardi per le banche e salva, con i soldi di tutti gli italiani, il Mps, la banca più longeva del mondo distrutta in poco più di 20 anni da sciacalli, sanguisughe e ladroni.
Queste tre categorie sono arruolate e iscritte a partiti politici.
Per lunghe primavere il Mps è stata la cassa del Pci e della sinistra, ha sponsorizzato personaggi e campagne elettorali senza badare a spese. Ha compiuto, negli ultimi quattro, cinque lustri, operazioni finanziarie ad altissimo rischio miranti solo a depauperare un patrimonio che sembrava granitico ed indistruttibile.
La banca è fallita, alla pari delle altre quattro in default Etruria, Marche, Chieti e Ferrara, perché gli enti preposti non hanno controllato adeguatamente i bilanci perché un fallimento non si concretizza in una settimana o un mese, servono anni. Perché con i primi scricchiolii nessuno si è mosso.
Il Governo Italiano, l’Unione Europea, la Banca d’Italia e la Consob hanno chiuso tutti e due gli occhi e hanno fatto finta di dormire, pur sapendo.
Dopotutto a rimetterci sono solo i piccoli risparmiatori, artigiani, commercianti, operai, impiegati, che depositano sui libretti i risparmi di 40 anni di lavoro.
Il fallimento è avvenuto anche perché le “sofferenze (sono i crediti non onorati e che spesso vengono scritti sul ghiaccio estivo)” non sono a carico del bottegaio o dell’elettricista ma le hanno procurate i gran signori dell’industria e del business. Perché se allo sportello si presenta un povero sciagurato e chiede tremila euro prima che gli venga concesso, se gli viene concesso, deve presentare garanzie immobiliari per decine e decine di migliaia di euro. Se, al contrario, entra uno di quei signori in giacca e cravatta, tutto griffato, gli offrono the, biscottini e la cifra che desidera, eventualmente alla fine chiedono un pensiero.
Siccome vige il segreto bancario i nomi di queste persone perbene e di queste aziende oneste e corrette non vengono reclamizzati, tutto si muove nell’ombra e nel silenzio. Però oggi che Mps è diventata statale e risanata con i quattrini di tutti gli italiani, sarebbe logico e produttivo che gli elenchi conservati in cassaforte venissero resi noti. Perché sarebbe ovvio in un paese normale che i cittadini sapessero chi sono quelli che hanno contribuito a far fallire la banca più longeva del mondo, perché questi signori hanno chiesto prestiti per centinaia di migliaia di euro e non hanno restituito neppure i centesimi. Hanno fatto i comodacci loro con i soldi che gli italiani devono togliersi di tasca.
Poiché si parla di somme ingenti, queste cifre non sono state concesse dal ragioniere dello sportello o dal direttore di una filiale qualsiasi, no, sono state erogate da altri signori delle alte sfere bancarie con i quali magari si ritrovano a giocare a bridge o a golf.
Perché questi signori che hanno omaggiato le “sofferenze” sono gli stessi che tra il 2014 e il 2015 hanno chiuso due società in Irlanda ed una in Olanda, entrambi Paesi offshore insieme a Lussemburgo, Svizzera e Cipro, che pur essendo in Europa sono paradisi fiscali.
Il Mps, e quindi lo Stato, ha ancora aperte società in queste nazioni benevolenti: due in Lussemburgo, una in Irlanda, e ben otto nel Delaware (è uno Stato degli Usa dove le tasse sono quasi inesistenti, vi sono 900.000 abitanti e oltre 1.100.000 società).
I nobiluomini dell’Mps hanno incassato utili stratosferici concedendo all’erario italiano lo 0,001 percento.
Che una banca o una società abbia succursali oltre il confine è normale, diventa anormale se con 2 o 3 dipendenti i guadagni siano astronomici.
Un esempio, la Mps Preferred Capital I Llc è domiciliata fiscalmente nel Delaware e non ha neppure un dipendente, ciononostante chiude il bilancio 2015 con quasi 50 milioni di euro di utili.
Segno evidente che in quello Stato gli euro piovono dal cielo.
Dato che il malvezzo dei paradisi fiscali non contagia solo le banche e le aziende italiane bene ha fatto l’UE ad obbligare la pubblicazione del rendiconto dei principali movimenti finanziari ove costoro hanno delle attività. A parere della Commissione europea questo genere di elusione fiscale priva le finanze pubbliche da 50 a 70 miliardi di euro ogni anno.
Ora che i dati saranno pubblici ci si aspetta da parte di Gentiloni e del suo Governo delle iniziative mirate a bloccare ed eliminare simili canagliate. Magari Intesa San Paolo, Unicredit, Mediolanum e tutti gli altri istituti storceranno il muso ma in compenso milioni di italiani applaudiranno.
Raimondo Adimaro
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