I numerosi crateri che hanno collassato il Mps
Quantomeno a parole qualcosa pare si stia muovendo. Antonio Patuelli in una intervista rilasciata a Il Mattino ha suggerito di rendere pubblici i nominativi dei primi cento autori che hanno contribuito al fallimento delle cinque banche salvate dallo Stato.
Il presidente dell’Abi, Associazione tra le Banche Italiane, ritiene che si debba fare chiarezza sui debitori insolventi, su come sono stati utilizzati i prestiti, per quale ragione non sono stati restituiti, e quanti sono stati i responsabili che hanno consentito i prestiti.
È fuori di dubbio che si tratta di un bel segnale di moralizzazione al quale occorre dare un seguito concreto e non farsi avvolgere dalle solite pastoie burocratiche e parlamentari.
Anche il Governo si dichiara propenso all’iniziativa.
Da parte sua la Fiba, Federazione autonoma bancari italiani, tramite il suo segretario generale Lando Maria Sileoni è perfettamente in linea con Patuelli. “Da anni abbiamo evidenziato che il 78 percento dei prestiti trasformatisi in sofferenze sono stati deliberati dai vertici degli istituti di credito, ossia dalle direzioni generali, dai consigli di amministrazione e dai consigli di gestione. In molti casi, specie nelle banche attualmente in difficoltà, si tratta di veri e propri crediti deteriorati, frutto di prestiti agli amici degli amici,
che vengono poi scaricati, nei piani industriali, sui lavoratori in termini di recupero dei costi e di riduzione ed Abi Patuelli, il quale chiede una legge per esuberi del personale. Riteniamo di grande utilità e di grande trasparenza l’iniziativa del presidente dell’Abi Patuelli, il quale chiede una legge per rendere pubblici i nomi dei debitori insolventi delle banche oggetto di salvataggio statale”.
Sulla carta appare facile anche perché a parere di Antonello Soro, Garante della Privacy, le regole di riservatezza previste dalla legge non si applicano alle imprese.
Nella pratica la realtà è sempre leggermente diversa poiché entrano in ballo le lobby e le varie consorterie le quali provvedono con cavilli e sotterfugi tecnici all’insabbiamento e all’oblio.
Dai fascicoli di Bankitalia viene fuori che 572 soggetti hanno ricevuto finanziamenti superiori ai 25 milioni ma che non provvedono ai versamenti concordati, naturalmente non si parla di clienti a stipendio fisso medio basso, costoro hanno creato sofferenze per 22 miliardi e mezzo su un totale che sfiora i 200 miliardi.
A questo ingente bottino vanno aggiunti altri 43 miliardi di finanziamenti non restituiti da altri 5257 clienti che hanno ricevuto somme oscillanti tra i 5 e i 25 milioni di euro.
Altra patata bollente sono i lautissimi stipendi del top management.
Jean-Laurent Bonnafé ha un compenso fisso, nel 2014, di 1.250.000 euro, egli è l’amministratore delegato della BNP Paribas dal 2011, una delle banche più floride europee. L’amministratore delegato del Mps, Marco Morelli, percepisce una retribuzione di 1.500.000 euro. Il predecessore di Morelli è stato Fabrizio Viola sino al 14 settembre 2016, gli vengono riconosciuti 2.340.000 lordi, più un’indennità pari agli emolumenti che gli sarebbero spettati sino alla naturale scadenza dell’incarico ad aprile 2017 nella misura di 749.096 euro lordi.
Quattrini elargiti da una banca in default.
Tutte le organizzazioni sindacali bancarie hanno chiesto al ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, di ridurre drasticamente gli stipendi degli alti dirigenti, le regole europee stabiliscono come tetto massimo 500.000 euro. Ma di gente che supera i 500.000 euro l’anno al Mps pare che ve ne sia più di uno.
Guglielmo d’Agulto
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