Made in Italy è passione, creatività e voglia di lavorare
Due storie come tante sviluppatesi grazie alla passione, alla creatività, alla voglia di rimboccarsi le maniche e pedalare, mettendo da parte il piagnisteo e l’italica tendenza di guardare al passato.
Essere presenti a Pitti Uomo è già sinonimo di prima fascia e di eccellenza. Alla Fortezza da Basso di Firenze si accede a rilento e solo con le spalle robuste. Per i quattro giorni di Pitti Uomo tra stand, logistica e permanenza bisogna mettere a preventivo diverse migliaia di euro per uno spazio ristrettissimo. Per un desktop il costo è altrettanto caro ragion per cui il turnover delle presenze è notevole. Brand che si affacciano poche stagioni magari convinti di scavare due metri e trovare il petrolio salvo poi accorgersi che non vi è neppure un rigagnolo d’acqua.
Silvio Fiorello è un’azienda che produce cravatte e accessori di altissimo pregio con prodotti e lavorazione tutta italiana, un Made in Italy che segue rigorosamente le procedure del protocollo artigianale nazionale.
Nasce un trentennio fa nel cuore della Sicilia grazie all’intraprendenza di Silvio e di sua moglie Carmela a Gagliano Castelferrato, Enna. Oggi la direzione commerciale della Fiorello è nelle mani della figlia Nancy.
“Sono oramai quattro anni che partecipiamo a Pitti Uomo, questa è l’ottava edizione. Per noi è una vetrina indispensabile in quanto produciamo solo per l’estero e curiamo tutto direttamente. La nostra regola è lavorare con le mani, con la testa e con il cuore per garantire il massimo della qualità, la nostra diventa una produzione maniacale ed artistica allo stesso tempo, i cui risultati ci premiano e ci gratificano”.
Nancy ha le idee chiare e dalla scuola paterna ha appreso che il cliente va trattato con i guanti bianchi specie se onora gli impegni assunti.
“I nostri mercati di riferimento sono l’Europa ed il Nord America oltre al Giappone. Una cospicua percentuale della produzione è destinata al Kazakistan dove abbiamo una clientela selezionata e affezionata oramai da diversi anni. Altrettanto importante per noi è il Giappone, la nostra non è una grandissima azienda per cui non possiamo consentirci passi falsi necessitiamo di buyer corretti e concreti ed i giapponesi sono persone di estrema fiducia. Esportiamo bene anche in Gran Bretagna dove non si è notata crisi o difficoltà dovute all’uscita dalla zona euro”.
Il Made in Italy della moda si contraddistingue per la qualità e la fantasia, chi ha perseguito queste finalità la crisi l’ha avvertita in minima parte.
“Sulla questione non transigiamo. Dal filo alla scatola è tutto realizzato in Italia. D’altronde non vale la pena scalfire l’immagine aziendale solo per risparmiare pochissimi centesimi. Ci piace lavorare in prospettiva non badando semplicemente al guadagno immediato. In questi giorni abbiamo notato la presenza di parecchi produttori di tessuti con i quali ci siamo intrattenuti a chiacchierare, anche la loro tendenza è di badare maggiormente alla qualità più che al prezzo come accadeva in passato”.
Ciò induce a guardare al domani con maggiore tranquillità.
“Sono fiduciosa in questo 2017, noi e tante altre aziende abbiamo saputo seminare, da qui scaturisce il mio ottimismo per i prossimi mesi”.
Alessandro Cerutti, invece, si è accostato al pianeta moda in maniera più casuale. Nella tarda primavera del 2012 per seguire il cuore abbandona un ristorante, il Bianca nel centro di Milano, ed un’agenzia di eventi e si trasferisce in Messico.
Si porta dietro la passione per gli orologi ed in uno di quei mercatini a bon marché scova un vecchio orologio carino e conservato bene. È privo del cinturino. Lo acquista ad un prezzo ragionevolissimo e a casa crea un cinturino in pelle.
La sera incontra gli amici e la prima domanda che gli pongono è “dove hai comprato questo bel orologio”. Domanda che gli viene posta da quasi tutti.
Intuisce che l’idea può avere un seguito. Effettua delle ricerche e raggiunge un accordo con un produttore veneziano, ordina cento pezzi per una prova. Nasce Boca e ad agosto partecipa ad una fiera settoriale a Las Vegas. I risultati lo incoraggiano, i primi clienti sono a stelle e strisce oltre che coreani.
Con 5.000 euro di investimento iniziale scopre un filone che gli offrirà non poche soddisfazioni. Tenta il gran salto e a gennaio 2013 è presente a Pitti Uomo con un discreto e variegato numero di pezzi concentrati su tre modelli.
“Sin dal primo giorno della manifestazione si sono fermati parecchi curiosi ma anche compratori. Tra i tanti curiosi ci fu Jim Moore, creative director della rivista americana GQ. Con le vendite, con gli ordini ed i contatti il bilancio si chiude in positivo. Rientro in Messico e dopo qualche giorno mi telefona un redattore della GQ per chiedermi di spedirgli qualche orologio poiché devono fare un servizio ad hoc. Ad aprile pubblicano l’articolo ed inseriscono il mio prodotto tra i primi sei orologi al mondo quale migliori al di sotto dei 400 dollari nel rapporto qualità-prezzo”.
Colpo di fulmine, fortuna o jolly?
“Probabilmente una miscela con diversi ingredienti. Mi piacerebbe aggiungere anche una percentuale di coraggio imprenditoriale insieme ad un pizzico di bravura da parte mia. Fatto sta che quell’articolo mi proietta immediatamente in alto e gli ordini piovono copiosi e abbondanti. Una manna nel vero senso del termine. Il prosieguo diviene in discesa e fortemente agevolato, oltre che inaspettato, però non mi fermo e non vivo sugli allori.
Partecipo ad altre fiere con esiti altalenanti per cui mi rendo conto che bisogna sudare. Nel contempo apro un sito e commercializzo la produzione anche tramite internet, il primo impatto è positivo e da allora il trend è in continua crescita nonostante la crisi”.
In sostanza partecipando alle manifestazioni in prima persona hai eliminato gli agenti e contenuto il prezzo all’acquirente finale.
“In pratica sì. Ho sperimentato la commercializzazione tramite gli agenti ma l’esito è stato negativo. Oggi ho un distributore in Giappone ed il resto avviene tramite internet e le manifestazioni alle quali partecipo che non sono quelle specialistiche ma prevalentemente di moda. Il nostro non è un orologio di prima fascia che richiede un meccanismo perfetto, è un oggetto che fa la sua bella figura al polso ed attira lo sguardo. È un orologio che piace e nel rapporto qualità prezzo di sicuro siamo nelle primissime posizioni al mondo”.
Ora un meritato riposo e qualche giorno a gustarsi l’affetto della mamma e le leccornie della nonna e poi di nuovo in pista.
Bruno Galante
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