I buonisti e le conseguenze sempre più spesso letali
Si continua a non adottare decisioni logiche e concrete con gli immigrati.
Un paese che non è in grado di risolvere le proprie difficoltà come può credere di risolvere i problemi altrui? Con una disoccupazione giovanile al 40 percento, con decine di migliaia di giovani che ogni anno valicano le frontiere per cercare delle risposte serie al loro futuro lavorativo, in quale maniera si può pensare di reperire soluzioni ai problemi di altri giovanotti colored provenienti da non si sa dove ed in cerca di fortuna allegra e spensierata? Ma a questi giovani palestrati e con doppio cellulare qualcuno glielo dice che in Italia due giovani su cinque sono alla ricerca di un’occupazione, che molti di loro sono costretti a rivolgersi al salvadanaio familiare, che una percentuale altissima nella busta paga trova 600 o 700 euro e che ce la fanno a vivere solo perché non pagano vitto e alloggio?
Ma i signori politici che consentono l’ingresso a migliaia di immigrati, 181.000 nel 2016, si preoccupano di distribuire volantini in cui si spiega per bene la precaria situazione nazionale? Glielo hanno riferito che oltre 4 milioni di italiani sono sotto la soglia della povertà assoluta?
Fuggire da un Paese ove infuria la guerra potrebbe avere un senso sino ad un certo punto ma chi, e sono la stragrande maggioranza, fugge da un Paese ove le condizioni economiche non sono simili a quelle dei paesi occidentali che giustificazione può ottenere, se scappa perché abbagliato da un eldorado di polistirolo? Perché bisogna anche chiedersi chi deve combattere contro i regimi dittatoriali, politici e religiosi, se la gioventù maschile preferisce dileguarsi e non risolvere i problemi della propria terra? La libertà, la democrazia, non la si può esportare né tantomeno comprarla sugli scaffali dei supermercati, è un bene che va conquistato con i sacrifici, con le lotte e se serve anche col sangue.
Gli scempi compiuti dall’amministrazione Obama nel Mediterraneo sono un disastro, e le conseguenze le vediamo e le leggiamo tutti i giorni.
Le nostre pagine di storia recente e remota sono colme di giovani che hanno combattuto contro l’invasore e contro le dittature. I nostri padri, i nostri nonni, non sono scappati, non hanno preferito il vagabondaggio o l’accattonaggio in un altro Paese, sono rimasti nella penisola a lottare e combattere per loro e per noi.
Questo buonismo e questa ipocrisia ha generato che diffusi focolai di rancore e di avversione, ha invogliato tantissima gente non ideologizzata e non politicizzata di erigere muri contro i migrantes. Oramai è palpabile tra i cittadini comuni il solco che si allarga giorno dopo giorno. Non siamo giunti ancora alla paura del “diverso” ma siamo sulla strada giusta. Gli episodi di queste ultime ore lo confermano.
A Fano non appena è giunta la notizia dell’arrivo di 32 stranieri minorenni nella piccola frazione Ponte Sasso si è costituito un comitato civico ed insieme ad alcune associazioni di categoria hanno avviato una serie di iniziative pubbliche di protesta. In una lettera inviata agli organi di informazione parlano di “minaccia alla sicurezza pubblica ed economica visti i recenti episodi di cronaca che leggiamo tutti i giorni”. Per gli esercenti pubblici la presenza di questi minori mette a repentaglio la prossima stagione turistica perché si sa quando entrano nella struttura ma non si sa quando usciranno.
L’etiope di 42 anni deceduto nel rogo del capannone di Sesto Fiorentino non si sa da quanto tempo si trovava in quello scatolone metallico privo di luce, di acqua, dei più elementari servizi igienici, tra stracci, cartoni, immondizia. Nessuno è a conoscenza da quanti mesi o anni l’etiope ed altri 100, immigrati non si sa da dove, si trovavano all’interno del capannone che un tempo apparteneva ad Aiazzone, il famoso mobilificio che negli anni Ottanta “provare per credere”.
Immediatamente dopo la morte hanno organizzato una manifestazione di protesta sfociata nell’occupazione del cortile di Palazzo Strozzi ove è in corso la mostra, titolata “Libero”, del dissidente Ai Weiwei, l’artista cinese divenuto ricco e famoso, che ha appeso venti gommoni sulla facciata del palazzo. Non paghi dell’effetto comunicativo il giorno successivo si sono presentati davanti alla Prefettura con fare minaccioso e si sono scontrati con le forze dell’ordine in tenuta antisommossa. Chiedevano una vita dignitosa e una casa. Ma qualcuno glielo ha spiegato a questi 100, provenienti da non si sa dove, che un italiano per comprarsi una casa deve lavorare una vita ed entrare a capo chino in una banca?
Perché gli ipocriti e i buonisti non spiegano ai 60 milioni di italiani questa gente per quanto tempo deve rimanere nella penisola? E successivamente cosa devono fare? Si tratta di emergenza o di situazioni a tempo indeterminato? Perché un conto è accoglierli e sostenerli per 12 o 18 mesi diverso è foraggiarli per 12 o 18 anni. Dignità e rispetto, però, bisogna che ci sia anche nei confronti di chi li accoglie perché per essere rispettati è necessario ed indispensabile portare rispetto per la nostra storia, la nostra cultura, la nostra tradizione. Se costoro ipotizzano di essere accolti a casa nostra e quando sono dentro pensano di salire sui divani e sui tavoli e calpestare i nostri sacrifici e il nostro passato allora non hanno capito nulla loro ed i buonisti e gli ipocriti che li sponsorizzano facendone lautissimi ricavi.
Anselmo Faidit
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