Pitti Uomo, segnali di ripresa lenti e contrastanti
La partenza è stata col botto, martedì 10 presentazione in grande stile a Palazzo Vecchio con il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, i vertici di Pitti Immagine e con il sindaco Dario Nardella a fare gli onori di casa.
“Va sfatato il principio per cui non c’è bisogno di investire selle cose che vanno bene. È l’opposto: è l’eccellenza che va sostenuta in un settore così competitivo”, con tale proclama il neo ministro aveva riscosso consensi e applausi ed aveva seminato entusiasmo su Pitti Uomo 91.
Ed in effetti il primo giorno è stato un continuo esplodere di iniziative e fuochi d’artificio che hanno illuminato ed arricchito la città.
I dati ufficiali diffusi parlano di 36.000 presenze con 24.300 buyer, di cui 15.500 italiani (con un calo del 3,5% di circa 500) ed 8.800 provenienti dall’estero. I visitatori, riporta il comunicato, sono stati 36.000, gli stessi numeri diffusi nella presentazione dell’evento.
Si trattava di comprendere l’atteggiamento degli americani che nei primi nove mesi del 2016 hanno fatto registrare un crollo della domanda del 10 percento seppur controbilanciata da un incremento delle vendite in Germania del 7,1 percento, del Regno Unito +7,7 percento e della Spagna +13,5 percento.
Si doveva verificare il comportamento dei russi e dei cinesi, ma soprattutto si doveva comprendere bene l’andamento del mercato interno che, secondo alcune rilevazioni eseguite dal centro studi Smi, Sistema Moda Italia, procede a rilento.
Se il 2016 ha chiuso leggermente in positivo, le proiezioni sul 2017 suggeriscono ulteriore rallentamento con fatica a confermare i dati positivi. Quasi del tutto scomparsa la partecipazione delle aziende turche per le note difficoltà politiche che sta attraversando il governo di Istanbul, come pure quei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo meridionale. L’impressione è che a parte la consueta affluenza del primo giorno per il resto non si è notato un gran che di movimento, senza contare il quarto giorno in cui sembrava d’essere i padroni dei corridoi.
Discorrendo con gli espositori non si è avvertito quell’entusiasmo contagioso degli anni passati, allorquando si sprecavano i sorrisi e le pacche sulle spalle.
Non leggendo comunicati a consuntivo emessi dagli organizzatori, abitudine oramai consolidata, ci si deve affidare ai commenti dei partecipanti e degli addetti ai lavori. Per vedere russi e cinesi occorreva dotarsi della lente di ingrandimento e quei pochi presenti sembravano più curiosi e turisti che uomini d’affari in cerca di prodotti da collocare all’interno di boutique.
Che ci sia crisi lo si nota anche dalla mancanza di testimonial che anni addietro presenziavano a getto continuo, quest’anno di volti noti del mondo dello sport, dell’attualità e della cultura sono state rarità. Meno sfarzo anche nell’allestimento degli stand, persino i brand più famosi hanno preferito la sobrietà alle coreografie hollywoodiane.
Naturalmente incidono anche i costi esorbitanti per partecipare, dove per uno stand di pochissimi metri quadri occorre preventivare da un minimo di 5.000 euro e considerando minimo due persone, quattro pernottamenti, cena e viaggio, si fa alla svelta ad arrivare a 10.000 euro. Per un desktop si spende poco più della metà.
Della crisi se ne sono accorti anche gli operatori economici fiorentini i quali per bocca del presidente regionale di Fipe, Federazione Italiana Pubblici Esercizi, Aldo Cursano hanno manifestato il loro disappunto nei confronti della manifestazione.
“Il primo giorno abbiamo visto tanta gente in città, poi d’improvviso il secondo, il terzo e il quarto giorno neppure le ombre. Siamo abbastanza preoccupati perché Pitti per Firenze è sempre stato un richiamo a livello internazionale. Mi hanno telefonato albergatori, ristoratori, tassisti esternandomi il loro disappunto e le loro preoccupazioni, tre giorni inoperosi a contar le stelle”.
Forse sarebbe meglio programmare con anticipo e coinvolgendo le varie anime imprenditoriali della città.
“Pitti è un patrimonio di tutta Firenze non solo degli organizzatori e degli addetti ai lavori. Bisogna che ci siano delle ricadute economiche per tutti. Anche noi dobbiamo essere siamo coinvolti nella programmazione degli eventi che necessariamente devono dilatati nei quattro giorni della manifestazione e non solo sul primo. Probabilmente noi abbiamo commesso degli errori e forse non siamo competitivi, ma bisogna parlarne e discuterne attorno a un tavolo. Non vorrei che siano dei primi passi per mosse che penalizzerebbero non solo Firenze ma l’intera regione. Tra i pochissimi a guadagnarci Trenitalia che ha fatto il tutto esaurito. Dobbiamo fare squadra e creare le condizioni di una crescita collettiva, gli errori di questi giorni spero non si debbano ripetere perché potrebbero avere ripercussioni non solo economiche”.
In compenso non sono mancati gli ingorghi, i rallentamenti, il traffico in tilt. Ciò era in preventivo, il resto no.
Piero Vernigo
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