Il valzer delle armi dall’Italia all’Isis & co.
Oramai da lustri il guadagno più veloce e più lucroso lo si ottiene traendo utili sulla sofferenza altrui: droga, armi e la tratta dei migranti. Se mentre sulla droga e sulla tratta dei migranti tutto avviene al buio e in silenzio con il commercio delle armi il sistema è leggermente diverso per una ragione semplicissima: le armi non vengono fabbricate in silenzio e al buio. Le fabbriche di materiale bellico sono tutte legalmente autorizzate ed ogni grammo di polvere che varca la soglia dello stabilimento è accompagnato da valida documentazione di trasporto e di destinazione. Le manfrine cominciano dopo che hanno lasciato la fabbrica. A volte l’acquirente finale è un boss, o una combriccola di boss, che non potrebbe in alcuna maniera venirne in possesso non fosse altro perché l’utilizzo delle fiamme di morte, a volte, è proprio contro l’Autorità che ha rilasciato l’autorizzazione al fabbricante.
L’esempio più semplice sono i seminatori di morte dell’Isis. Molti i Paesi del globo hanno disposto l’embargo nei confronti dei macellai con la bandiera nera per cui le loro battaglie dovrebbero farle con i forconi e con i badili. Invece dispongono di un buon armamentario in grado di fronteggiare eserciti ben equipaggiati.
Se è vero che il danaro è un ottimo lubrificante è altrettanto vero che “Parigi val bene una messa” ed allora gli ideali e le fedi possono essere celati e accantonati di fronte a montagne di dollari e sterline.
Nei giorni scorsi sono state fermate tre persone con l’accusa di esportare materiale bellico verso quei paesi colpiti dall’embargo. E dalle carte viene fuori che il trio della combriccola brigantesca era in stretto contatto con professionisti del crimine, come i componenti della mala del Brenta, con personaggi legati al mondo della politica o con gentiluomini che occupavano prestigiosi incarichi istituzionali. Si scopre che individui per amore del vil metallo si convertono ad un luccicante credo religioso capace di aprire i rubinetti del benessere effimero e terreno.
La Procura di Napoli accusa quattro persone di traffico internazionale di armi. Del quartetto fanno parte Andrea Pardi, amministratore delegato della Società Italiana Elicotteri di Roma; Mario Di Leva convertito all’Islam il quale per opportunità caduche ha mutato il nome di battesimo ed
ora si fa chiamare Jaafar e di sua moglie Annamaria Fontana (con esperienza politica come assessore del Psdi nella sua città natale e varie volte candidata alle amministrative con partiti del centro sinistra), entrambi di San Giorgio a Cremano, Napoli; il quarto uomo è un libico dissoltosi nel nulla.
Andrea Pardi è coinvolto in un’altra inchiesta su un presunto traffico di armi e reclutamento di mercenari tra Italia e Somalia.
I coniugi Di Leva, possessori di numerosi e cospicui conti bancari in Paesi stranieri, si recavano spesso in Medio Oriente e Nord Africa. Durante la perquisizione sono state trovate parecchie foto dei due con personalità mediorientali tra cui Mahmud Ahmadinejad, il collerico ex premier dell’Iran, e Hamed Margani, combattente islamico il quale faceva parte dei commandos ribelli che destituirono il colonnello Gheddafi nella guerra civile libica del 2011. Le foto con l’ex premier iraniano risalgono al giugno 2008 periodo in cui Ahmadinejad ricopriva la carica di primo ministro.
Non si parla di pochi spiccioli nell’inchiesta partenopea, sono in ballo affari a mezza dozzina di zeri di affari conclusi e quietanzati, come pure di affari a mezza dozzina di zeri in sospeso e momentaneamente bloccati. In Procura annotano che ci sono accordi con la Libia per la fornitura, non andata in porto, di 13.950 fucili d’assalto M14, una eliambulanza convertibile (una di quelle che con irrilevanti modifiche si trasforma i elicottero da combattimento), elicotteri di assalto russi MI-17, tre elicotteri Mangusta (è classificato tra i 5 migliori elicotteri militari al mondo, prodotto interamente in Europa, può essere dotato di otto missili, di razzi non guidati e di un cannone anteriore M197, esce dagli stabilimenti della Leonardo-Finmeccanica) e infine, come se si trattasse di bruscolini, missili di vario genere.
Se le succitate operazioni sono in stand-by, altre vendite vengono effettuate e regolarmente incassate come una serie di armamenti di produzione russa, tra cui missili anticarro e terra-aria, l’esportazione in Iran di pezzi di ricambio per elicotteri per 757.500 euro utilizzando una società panamense. Dati gli ottimi rapporti con l’Iran chiudono con successo anche l’introduzione di materiali per la produzione di munizioni.
L’indagine inizia nel 2011 allorquando la Procura di Napoli stava seguendo un esponente del clan dei Casalesi che era in stretto contatto con un appartenente alla “mala del Brenta” che trafficava in armi e in mercenari.
I pm scrivono che per rendere il business più serafico assumono Cerone Maria Grazia, con un passato da segretaria del senatore Marcello Dell’Utri; instaurano un rapporto di collaborazione con Riccardo Migliori, deputato nel periodo 2008-2013 con il Popolo della Libertà ed ex presidente dell’Organization for Security and Co-Operation in Europe (l’Ocse); e si avvalgono della collaborazione anche dell’ex alto ufficiale dell’Aeronautica Militare Walter Pilati.
Il mosaico prende forma e credibilità, seppur mancante ancora di tasselli importanti in quanto per commercializzare armamento fabbricato in Ucraina e farlo arrivare in Medio Oriente necessitano coperture di livello superiore. Come pure servono importi prestigiosi per oliare taluni ingranaggi. Anche a questo abbisognano le spiagge offshore.
Anselmo Faidit
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