Per la sinistra la cultura è il dinosauro di Samoa
Se si va a leggere sulla pagina http://www.valeriafedeli.it/chi-e-valeria-fedeli/ si scopre che il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Valeria Fedeli, classe 1949, ha saggiamente cassato il titolo di “Laureata in Servizi Sociali (attuale Laurea in Scienze Sociali)”, come riportava nel suo curriculum prima che facesse sollevare il polverone e si venisse a sapere invece che nel 1971 ha conseguito il diploma nella Scuola per Assistenti Sociali Unsas di Milano.
Diploma che il ministro ha equiparato alla laurea in Servizi Sociali.
Per il resto della vita ha frequentato le segreterie sindacali della Cgil.
In un Paese normale le avrebbero assegnato un dicastero più confacente alle sue esperienze lavorative o le avrebbero suggerito di proseguire ad occuparsi di sindacato, però dato che in Italia la “cultura” è considerata una ruota di scorta sgonfia, nel sontuoso Palazzo di Viale Trastevere il premier Paolo Gentiloni ha domiciliato una sindacalista priva di laurea.
Per insegnare alle elementari serve la laurea per fare il ministro dell’Istruzione è sufficiente un diploma da Assistente Sociale.
Sempre in un Paese normale una persona che promette di dimettersi in caso di sconfitta del SI’ referendario si sarebbe dimessa o quantomeno si sarebbe posizionata dietro le quinte, però Valeria Fedeli a volte si esprime in un modo e si comporta in un altro.
Si legge nella sua pagina “ho sempre avuto come riferimento prioritario le battaglie per i diritti, le libertà e l’autonomia delle donne e per il superamento delle disuguaglianze di genere”. Ed è per l’appunto questa parte finale delle sue battaglie che la rende nemica di tradizioni, valori e insegnamenti del nostro passato della nostra storia e della nostra cultura.
In questo caso, però, è coerente ed è la prima firmataria della legge sulla parità di genere, non paga di ciò ha firmato un emendamento nella riforma della “Buona Scuola” sull’educazione alle differenze.
Nel disegno di legge datato 18 novembre 2014, con Valeria Fedeli prima firmataria, sull’educazione di genere e della prospettiva di genere nelle attività e nei materiali didattici delle scuole e del sistema nazionale di istruzione e nelle università, si legge “ … ciò importa primariamente la decostruzione critica delle forme irrigidite e stereotipate attraverso cui le identità di genere sono culturalmente e socialmente plasmate, stimolando al contempo l’auto-apprendimento delle e nella complessità”. Di linguaggi del genere vi è abbondanza. Dopo la firma della Fedeli ne seguono altre 39.
Ma questi 39 signori senatori che hanno sottoscritto quantomeno una lettura l’hanno data a questo stravolgente disegno di legge? Ma si sono accorti che non vi è mezza riga scorrevole e decifrabile? Se una pur vaga comprensione potrebbe esserci per la senatrice Josefa Idem di nazionalità tedesca, coniugata con l’ex canoista Guglielmo Guerrini, un po’ meno lo è per gli altri 38 sottoscrittori.
Sembra che le pagine siano state scritte con l’intento di non farsi capire.
Di quanta ragione dispongono gli accademici della Crusca ogni qualvolta affermano che le leggi italiane sono un labirinto impraticabile e sabbioso di sintassi e contorsioni linguistiche.
Non vorremmo che Paolo Gentiloni abbia letto il disegno di legge del 18 novembre e se ne sia innamorato a tal punto da promuovere a titolare del dicastero dell’Istruzione la prima firmataria. È un’ipotesi da non scartare.
È talmente un chiodo fisso per Valeria Fedeli il “genere” e le “differenze” che ha caldeggiato e sponsorizzato uno spettacolo teatrale che già il titolo lascia spazi alla fantasia: Fa’afafine.
È un termine utilizzato nelle Isole Samoa e tradotto sta per “alla maniera delle donne”, gli fa’afafine sono originariamente maschi ma che incarnano i caratteri maschili e femminili. Una figura parecchio diffusa nella Polinesia e nelle isole del Pacifico meridionale.
La sinistra del transgender ne sta facendo una bandiera da sventolare e da piantare a cominciare dalla scuola. Lo spettacolo teatrale “Fa’afafine – Mi chiamo Alex e sono un dinosauro” ha iniziato a percorrere la penisola proponendosi ai vari istituti, ciò ovviamente ha significato seminare zizzania tra genitori, alunni e professori. Il malessere che ha generato è stato talmente assordante che è partita una petizione per bloccare il tour e sono state raccolte in pochi giorni decine di migliaia di firme.
L’assessore alla Scuola della Regione Veneto, Elena Donazzan, ha chiesto l’intervento del ministro Fedeli ma forse non era a conoscenza del pensiero della ex sindacalista Cgil di Treviglio.
Il Pd e lo stuolo di aggregati vuol convincere gli italiani, a partire dai bambini dell’asilo e delle elementari, che oltre a maschietti e femminucce vi sono gli fa’afafine.
A sinistra non si sono accorti che i problemi e le difficoltà degli italiani sono ben altri e ben più preoccupanti.
Raimondo Adimaro
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