Quando il cuore staziona nei locali storici
Non appena entri nella Pasticceria Pirona nel centro storico di Trieste, tra i mobili liberty e l’odore di mandorle tostate senti subito il profumo del mito. Qui James Joyce scrisse il primo capitolo dell’Ulisse, qui lo scrittore irlandese sì attardò nella sera che diventava notte, insegnando il suo inglese venato di gaelico ad un maturo impiegato di banca, che firmando oscure polizze assicurative, sognava un futuro letterario senza crederci troppo.
L’aspirante narratore si chiamava Aron Hector Schmitz, fumava sigarette tedesche e puzzolenti. Tra una bevuta e l’altra, Joyce ne scoprì il talento e lo incoraggiò a scrivere.
Era il rampollo di una famiglia della piccola borghesia ebraica di Trieste e il mondo lo avrebbe conosciuto come Italo Svevo. Le proverbiali sigarette sarebbero diventate il tarlo e il tormento di Zeno Cosini, il suo personaggio più famoso.
Su questi tavoli da gusto vagamente retro, Umberto Saba ha scritto i suoi versi dedicati alla moglie e alla sua terra.
Di qui è passato anche Thomas Mann ed Ernest Hemingway, giovane soldato ferito sul fronte italiano nel 1918. Tra queste mura profumate di assenzio nacque Addio alle armi.
La pasticceria divenne ristorante ed uno dei punti di riferimento di tutta l’intellighenzia di Trieste, terra di mezzo col fascino discreto di un luogo non luogo.
Qui si riunivano gli antifascisti, ma anche i mercenari e i volontari pronti a combattere in una delle tante guerre balcaniche di sangue, di massacri e di ponti distrutti.
La storia è passata da questo locale, sospeso tra Ottocento e Novecento, dichiarato locale storico d’Italia, tra poco passerà di mano e qualcuno teme che perda l’antico fascino.
Verrà venduto, ma è inutile abbandonarsi alla nostra via, la Pasticceria Pirona è stata ed è il cuore di Trieste e rimarrà nel cuore di tutti.
Miche Pacciano
Mi è sempre piaciuto assaporare i ricordi storici che conservano i Locali Storici d’Italia, dai cui tavolini sono transitati i personaggi che hanno contribuito a costruire l’Italia e una buona porzione della cultura nazionale.
Amo affacciarmi Al Bicerin, classe 1763, in Piazza della Consolata dove il conte Camillo Benso di Cavour soleva attendere, seduto subito a sinistra, l’uscita di Re Vittorio Emanuele II dalla Basilica della Consolata.
Non posso fare a meno di ammirare, ogni qual volta sono nella capitale, gli arredi e l’irreale atmosfera che si respira all’Antico Caffè Greco, classe 1760.
Per non trascurare il Caffè di Simo di Via Fillungo a Lucca, tanto caro a Giacomo Puccini e alle sue note, su quei tavolini il “maestro” trovò ispirazione per alcune delle sue intramontabili arie.
Senza trascurare il Florian di Venezia con i suoi tre secoli di storia in Piazza San Marco. E si potrebbe continuare a lungo.
Con il Caffè Pasticceria Pirona, classe 1900, il legame oltre che affettivo e culturale è anche “professionale” in quanto l’ultimo proprietario Adriano De Marchi, scomparso ad agosto 2016, da giovanissimo aveva giocato nella Primavera della Triestina Calcio insieme al suo coetaneo Cesare Maldini. Poi resosi conto che il pallone non faceva per lui proseguì gli studi e si diplomò come tecnico poligrafico e nel 1958 entrò nella tipografia de “Il Piccolo” nella sede storica di Via Silvio Pellico in quei giorni diretto da Chino Alessi.
La permanenza nel glorioso quotidiano triestino durò sino al 1983. Venuto a sapere che la rinomata Pasticceria Pirona era in vendita
dopo un consulto familiare decise di acquistarlo e la sua giornata lavorativa si trasferì da Via Silvio Pellico a Largo Barriera Vecchia.
Rilevò l’elegante struttura da Oscar Pirona, l’ultimo erede del fondatore Alberto, e rimase immutato l’arredamento in stile liberty. Non cambiò neppure la clientela troppo affezionata alle delizie culinarie quali putizza, mandorlati, presnitz, marzapani, fave, pinza, e le torte dal sapore austroungarico come la Rigojancsi o la Sacher.
La signora Giuseppina pare abbia deciso di cedere la mano per godersi la meritata pensione e che la trattativa sia in corso con un acquirente veneziano il quale ha già anticipato che si proseguirà con l’identico arredamento e le identiche tradizioni culinarie.
Trieste lo merita. (bg)
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