Prosegue la battaglia per l’epatite C
La Gilead Sciences Int. torna sotto i riflettori. Questa volta a pigiare l’interruttore è l’Aifa, Agenzia Italiana del Farmaco. La Gilead Sciences è una delle case farmaceutiche più robuste del pianeta da quando nel 2012 ha acquistato la Pharmaset per 11,2 miliardi di dollari.
La Pharmaset aveva scoperto un farmaco, il Sovaldi, che nel 90 percento dei casi debella l’infiammazione del fegato causato dal virus HCV, ovvero l’epatite C, malattia che può divenire mortale.
In tempi rapidi si divulga la notizia degli ottimi risultati e inizia la corsa all’acquisto del Sovaldi, solo in Italia si calcola che gli affetti da epatite C siano dai 200 ai 300 mila, e sin dal primo anno la Gilead incassa da questo farmaco 20 milioni di dollari al giorno.
Nel 2014 fattura per quella pillola 12 miliardi che diventano 19 l’anno successivo stabilendo un record difficilmente superabile.
È l’azienda che si è arricchita più di qualsiasi altra al mondo nella storia della farmaceutica per vendita di un suo farmaco nei primi anni di commercializzazione. Roba da brividi.
Brividi talmente pericolosi che prontamente il Senato degli Usa avvia un’indagine conoscitiva e alla fine della quale si scopre che per la ricerca e lo sviluppo del farmaco il costo totale degli investimenti aziendali è stato di 62,4 milioni di dollari.
Praticamente in tre giorni ha ammortizzato il tutto. Dal quarto giorno guadagni e ricavi sono da capogiro.
In Italia per una confezione di 400 mg di 28 compresse bisogna staccare un assegno di 45.000 euro. Si parla di un farmaco “generico” anti epatite C.
Il costo di produzione aziendale accertato per una confezione è di circa 300 dollari, qualcosa come 270 euro.
In Egitto la cura viene a costare 700 euro, la stessa cifra la si paga in India, euro più euro meno.
A questo punto i malati si sono consultati ed hanno iniziato ad organizzare i viaggi del farmaco e con 3 o 4 mila euro si comprano la salute. E quanti non posseggono i 4.000 euro? Diventa un problema serio.
Negli Usa si sta commercializzando un farmaco che assicura di prolungare l’aspettativa di vita di 5 anni a quanti sono affetti da tumore al polmone: il costo della cura è di 300.000 dollari.
Ecco il motivo per cui si stanno muovendo i governi contro taluni avvoltoi farmaceutici che lucrano sulle sofferenze e sul dolore altrui.
Intanto si studiano soluzioni alternative, come quella di consigliare i centri specialistici di fare ricorso ad altri farmaci di identica efficacia che combattono principalmente i ceppi del virus I e IV, che risultano essere i più diffusi.
Ma la soluzione che pare stiano prendendo in serio esame al ministero è quella di produrre negli stabilimenti farmaceutici militari di Firenze le pillole adducendo come motivazione lo stato di emergenza di salute pubblica, aggirando in tale maniera l’ostacolo del brevetto.
Naturalmente vi sono leggi e leggine internazionali che vanno rispettate ma di fronte all’estrema necessità di salute pubblica la legge attuale può essere aggirata qualora lo si desidera.
Non si può lasciar morire una persona solo perché il suo conto in banca è privo del danaro necessario ad acquistare farmaci costosissimi, né lo si può costringere a vendere la casa pagata col sacrificio di una vita lavorativa.
L’Hcv è una malattia infettiva e lo si può debellare estirpando totalmente i focolai anche sui pazienti meno gravi, se non si interviene a tabula rasa il virus prosegue imperterrito la sua corsa.
E l’Italia è uno dei Paesi con più alta presenza di epatite C.
Piero Vernigo
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