Libro Aperto, una lezione e una prova d’impresa riuscita
In Europa siamo quelli che leggiamo meno, siamo quelli che comprano meno giornali e pochissimi libri, siamo il Paese che possiede più musei che librerie. In compenso abbiamo la seconda fiera del vecchio continente come numero di visitatori, 127.596 biglietti staccati alla passata edizione, e la prima come numero di espositori. Siccome siamo “di dolore ostello” avvertiamo il quasi dovere di procurarci del male, un autolesionismo che ci trasciniamo da secoli e del quale, oramai, pare non ne possiamo fare a meno.
Il Salone Internazionale del Libro di Torino, giunto alla XXX Edizione, da quest’anno avrà un agguerrito concorrente in quel di Milano. È successo che le grandi case editrici per una lunga serie di motivazioni, peraltro non tutte ingiustificate, hanno deciso di abbandonare la Mole per trasferirsi a Milano-Rho e dal 19 al 23 aprile daranno vita al 1° Tempo di Libri. Torino celebrerà la festa del libro dopo un mese esatto, dal 18 al 22 maggio.
In attesa di vedere cosa accade tra Milano e Torino anche Firenze ha voluto cimentarsi in un settore che qualche pericolo lo presenta. Per tre giorni, dal 17 al 19 febbraio, nella Fortezza da Basso si è tenuta il 1° Libro Aperto. Una manifestazione anomala e coraggiosa.
Anomala perché nessuno degli organizzatori aveva maturato esperienza nel settore fieristico e poi perché non vi è stata partecipazione alcuna di enti pubblici o associazioni legate in qualche maniera a partiti o sindacati. E si sa che nel Giardino d’Europa quasi non si muove foglia che partito non voglia.
Coraggiosa perché il tutto è stato organizzato in poche settimane e senza la presenza delle grandi case editrici nazionali che canalizzano e indirizzano il mercato, presenti solo un paio di eccezioni in quanto ubicate sul territorio.
Tra i cinque soci della Fbs, la società organizzatrice, vi è Lorenzo De Santis che si è avvicinato al mondo dell’editoria in maniera occasionale e di recente. Proviene da un ambiente nel quale i libri, in gran parte, sono messi all’indice mentre si legge parecchio i quotidiani, ma solo i tre sportivi (Gazzetta-Corriere-Tuttosport). Stiamo parlando di calcio. Lorenzo è un procuratore con licenza Fifa che cura immagine e interesse di calciatori professionisti.
Sufficientemente giovane, classe 1980, con la maturità classica in tasca si iscrive a Giurisprudenza e nel 2005 gli consegnano la corona d’alloro. Non avendo ancora imparato a leggere la palla di vetro fa pratica notarile ma si accorge presto che tale professione gli calza male per cui ritorna sui libri e si applica sul Diritto Sportivo, con successo. Nel 2007 diviene agente Fifa. Un mondo strano e chiacchierato quello del pallone che a volte si impantana in giochi melmosi. Tra i primi giocatori sotto tutela vi è tale Samon Reider Rodriguez della Primavera Juventus (suoi compagni di squadra erano Giovinco, Lanzafame, Maniero, Marchisio) dai piedi buoni ma un po’ meno con la testa. De Santis costituisce poi un gruppo di agenti con presenze e diramazioni nei cinque continenti.
Intanto un suo caro amico, Paolo Cammilli, nel 2014 pubblica un libro, Maledetta primavera, che riscuote un buon successo e nel contempo apre una casa editrice no profit con l’intento di dare una scossa ad un ambiente alquanto statico e poco colorato. Con la benzina dell’euforia nel motore Paolo tenta in tutte le maniere di coinvolgere Lorenzo nella nuova avventura e gli suggerisce di scrivere qualcosa sulle notti fiorentine invischiando personaggi e note piccanti. Dopo l’ovvio dubbioso inizio alla fine ce la fa a scrivere poco meno di duecento pagine e a metà dicembre 2015 la tipografia consegna 500 copie di “La Firenze male”. La prima edizione si eclissa in pochi giorni e si passa alla seconda, alla terza, alla quarta e alla quinta, alla fine sono diecimila le copie stampate. Un gran successo per un esordiente, refrattario.
Il successo dal cartaceo si propaga all’informatico e così la presenza su facebook, twitter diventa un boom.
Paolo Cammilli, il lusingatore, con tatto e con un timbro di voce melliflua gli manifesta il desiderio di metter su un festival editoriale.
“Eravamo a maggio 2016 e con Paolo ci vedevamo e ci sentivamo spesso. La vendita del mio volume scivolava bene e una mattina mi prospetta la tentazione di realizzare un qualcosa che Firenze non possiede ma che, essendo una delle capitali planetarie della cultura, non può fare a meno di possedere, visto il suo sterminato patrimonio letterario: un evento fieristico strettamente collegato all’editoria. Mi lancia l’idea e ci rifletto e ci rimugino su. Il mio ego imprenditoriale decide di accettare la sfida e di mettersi in gioco. Il primo passo che compiamo è quello di costituire la società. Insieme a Paolo e altri tre amici creiamo Fbs Eventi, a luglio siamo nello studio notarile per sottoscrivere gli atti”.
Incoscienza imprenditoriale, però audentes fortuna iuvat (la fortuna aiuta gli audaci). Sotto un sole torrido si studia, si progetta e si principia ad organizzare.
“Oramai non ci si poteva più tirare indietro per cui abbiamo raddoppiato gli sforzi e gli impegni. Ad agosto dietro le scrivanie e al telefono. Mettiamo a preventivo che sarà un percorso in salita e tortuoso, non ci illudiamo su niente. Difatti, dopo aver tracciato un programma di massima e da verificare, arriviamo a settembre per i primi approcci con le più importanti case editrici presenti su tutto il territorio nazionale. Siamo a conoscenza di quanto avvenuto tra Torino e Milano e che i grandi editori si sono allontanati dalla capitale piemontese per organizzare una manifestazione tutta loro a Milano Rho. Si sentono leggermente scavalcati e, a loro parere, avremmo dovuto interpellarli ancor prima di decidere. Quasi che abbiamo pestato i piedi a qualcuno. La loro astensione ci procura maggiori stimoli a reperire soluzioni differenti e ci inventiamo delle alternative. In compenso Giunti ci assicura la presenza e chiede uno spazio adeguato. I riconoscimenti pervengono dagli editori di periferia e di media-piccola dimensione”.
Trascurano un secondo particolare: la politica. I signori governanti, centrali e periferici, desiderano essere interpellati ed incensati ogni qualvolta si fa qualcosa per la collettività. Dopo tutto gli incentivi ed i contributi li elargiscono i signori delle poltrone pubbliche per cui bisogna contattarli.
“Probabilmente siamo gli unici o tra i pochissimi che in Italia hanno organizzato una fiera senza ricevere un centesimo di contributo. E ci sono mancati anche gli sponsor fatta eccezione per un paio di aziende amiche a livello personale”.
Discorrendo con gli espositori si respirava appagamento e soddisfazione.
“Abbiamo staccato 23.478 biglietti. Le scolaresche non pagavano, come pure gli under 11. Uno spazio di 2×2 mq costava 290 euro oltre Iva, 3×2 invece 490 euro e il più capiente 4×3 ad una cifra allettante 590 euro. Gli editori hanno lavorato, coperto le spese e messo qualche soldo in tasca, sono rimasti talmente contenti che in gran parte hanno manifestato l’intenzione di aderire alla seconda edizione di Libro Aperto. Anche noi ci riteniamo appagati perché su un giro di 230.000 euro siamo riusciti a chiudere in pareggio. Considerando la nostra inesperienza, il pochissimo tempo a disposizione, l’inadeguatezza delle pubbliche relazioni e le tante sbavature dovute a nostre lacune iniziali, possiamo tranquillamente sostenere che il pubblico e gli espositori ci hanno premiato. Ciò è di stimolo e di sprono per una seconda edizione in crescita come quantità ma soprattutto come qualità”.
Firenze lo merita.
Bruno Galante
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