La battaglia delle arance a Ivrea è più di un Carnevale
Le arance non contengono solo vitamina C, perché se si è eporediese, sono gli abitanti di Ivrea che preferiscono fare riferimento al vetusto nome romano della città Eporedia, rappresentano allegria, gioventù e spensieratezza.
Nel mentre a Venezia, a Viareggio, a Putignano, ad Acireale, a Cento e altrove il Carnevale implica un abito, una maschera e quintali di coriandoli, ad Ivrea nel Canavese (tra Torino e Valle d’Aosta) ci si diverte con le arance. Ma le arance ai piedi delle Alpi Graie, del Gran Paradiso e dei ghiacciai secolari cosa ci fanno? Fa parte della metamorfosi della storia e della creatività italiana, in effetti le arance con Ivrea hanno pochissimo in comune.
La storia, la leggenda e la tradizione ci riportano in un passato remoto medioevale allorquando vigeva lo jus primae noctis. Violetta, la figlia del mugnaio, si ribella alle voglie del marchese Raineri di Briandate e dopo una cruenta lotta lo fa secco, liberando la città e se stessa dalle grinfie del tiranno.
Altra leggenda riferisce che nella notte dei tempi i signorotti usavano, nelle grandi ricorrenze, donare al popolino una manciata di fagioli nel tentativo di arginare la fame e la crescita. I sofferenti punti nell’orgoglio e nell’amor proprio la manciata di fagioli la ricusavano e la versavano per strada. La ricorrenza, così, inizia a tramandarsi di generazione in generazione subendo modifiche e aggiustamenti. Si giunge alle fine del Settecento e alla Rivoluzione Francese.
In città piombano i soldati napoleonici che vengono salutati come liberatori e portatori di benessere, dopo qualche mese se ne tornano di là dalle Alpi ma ad Ivrea il loro ricordo si radica. Sino all’avvento delle brigate napoleoniche ogni quartiere viveva il proprio carnevale in maniera autonoma e spesso tra rioni e rioni avvenivano degli scontri anche aspri.
Nel 1808 le autorità eporediesi per porre un argine alle discussioni istituiscono un regolamento cittadino, per farlo rispettare incaricano un “generale” che debba godere della fiducia e del rispetto di tutti. Ottengono dai francesi l’autorizzazione a far indossare l’uniforme da generale dell’esercito napoleonico e gli concedono il permesso di circondarsi di persone fidate, una specie di stato maggiore, che coadiuvi con lui nello svolgimento dei compiti.
Viene nominato il 6 gennaio 1808 ed il giovedì grasso riceve dal sindaco la fascia del comando, simbolico, per esercitare il potere. Oltre allo stato maggiore dispone di vivandiere per i compiti domestici. Il primo generale è Antonio Pezzatti nel 1808 mentre per la prima mugnaia bisogna aspettare mezzo secolo, nel 1858 viene eletta Giuseppina Gamacchio Fumel.
In riconoscimento alla Rivoluzione Francese tutta la popolazione e i forestieri nel periodo carnevalesco da allora indossa il berretto frigio, è il copricapo utilizzato dai rivoltosi nel periodo della guerra civile. Torniamo ad Ivrea e al secolo passato. Sino alla Seconda Guerra Mondiale dai balconi vengono lanciati i fagioli e qualche arancia sui carri allegorici che sfilano. Dal 1945 i fagioli vengono destinati alla cottura e si introducono delle nuove regole che sono rimaste pressoché identiche a quelle attuali. Le arance sostituiscono i fagioli, si formano le prime squadre di lanciatori a piedi, i cosiddetti aranceri che simboleggiano il popolo ribelle, e i primi carri da getto, sui quali prendono posto i militi del tiranno.
La battaglia si svolge nelle cinque piazze più importanti di Ivrea (di Città, Ottinetti, del Rondolino, Fraguglia e Borghetto).
Col trascorrere degli anni gli aranceri a piedi hanno formato squadre di tiratori che si allenano e si esercitano al bersaglio con millimetrica precisione. Le nove squadre (Scacchi, Arduini, Picche, Morte, Turchini, Mercenari, Diavoli, Pantere e Credendari) danno l’assalto ai 54 carri trainati da pariglie e tiri a quattro, 230 cavalli impegnati in tutto. Gli aranceri sono 10.000, forse anche più. Vengono lanciati 9.000 quintali di arance tra domenica, lunedì e martedì, ogni carro dispone di 30 quintali.
Quest’anno la mugnaia Violetta è la direttrice di banca Domenica Venditti, moglie di Marco Della Bonzana un arancere della squadra Scacchi, il generale è Claudio Ferrero.
A riprendere le scene ad ogni manifestazione sono presenti telecamere provenienti dai cinque continenti per godersi queesto spettacolo unico al mondo. Ivrea conta poco meno di 25.000 abitanti ed in città giungono oltre 100.000 turisti, anch’essi costretti ad indossare il berretto friso in testa per non essere bersagliati da arance e sberleffi.
Ogni anno la stessa domanda: ma tutte quelle camionate di arance non possono essere destinate ai bisognosi e agli indigenti? No, perché non sono commestibili. Gli organizzatori pagano tra 32 e 35 centesimi al chilo per un importo di 310.000, 320.000 euro, considerando che ciascun turista consuma quantomeno 5 euro a testa i costi si azzerano e rimane qualche spicciolo in cassa.
Per gli eporediesi il Carnevale è talmente importante che è stata costituita la Fondazione dello Storico Carnevale la quale gestisce l’immagine e le iniziative collegate alla manifestazione invernale.
Se capitate da quelle parti in questi giorni e notate un eporediese con qualche bernoccolo o livido non fategli capire che lo commiserate. Per lui, ma anche per lei, sono medaglie conquistate sul campo, fotografie da incorniciare in supporti d’argento. Per gli eporediesi il Carnevale non è solo passione e divertimento, significa tradizione, storia, cultura che principia la mattina del mercoledì delle ceneri e si esaurisce la sera del martedì grasso.
Salvarico Malleone
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