Erdogan e l’Europa sempre più lontani e stizzosi
Alla fine anche i buonisti forse si saranno accorti che accogliere nell’Unione Europea il signor Recep Tayyip Erdogan e gli ottanta milioni di turchi sarebbe stato un mastodontico errore di portata storica. Gli episodi accaduti nelle ultime ore testimoniamo e rafforzano la convinzione che questa gente è preferibile che rimanga di là dal Bosforo perché ci dividono secoli di storia, di cultura, di tradizioni. Tralasciando la questione religiosa dalla quale ci separano guerre, stermini e rancori mai sopiti, sono le controversie routinarie che impediscono il dialogo e la convivenza.
Quello che è accaduto negli ultimi giorni in Olanda testimonia che Erdogan ed il suo governo sono distanti anni luce dal mondo occidentale. Definire gli olandesi “residui nazisti e fascisti” significa ignorare completamente il passato recente e dimostra che nessun governante turco ha mai messo piede nel Paese dei tulipani.
Rammentiamo i passaggi più significativi del suo profilo.
Recep Tayyip Erdogan nasce a Rize, nel nord-est della Turchia, il 26 febbraio 1954, sceglie la vita da calciatore e disputa alcuni campionati in club semi professionisti. Nel 1978 si sposa con Ermine dalla cui unione nascono due ragazze e due ragazzi. Si candida come sindaco di Istanbul nel 1994 e viene eletto. Tre anni dopo legge pubblicamente una poesia ottomana del poeta islamista Ziya Gokalp e ciò gli costa una condanna a 10 mesi per incitamento all’odio religioso. Il 2001 è l’anno della fondazione del Partito della Giustizia e dello Sviluppo, l’AKP.
Dal 2002 al 2014 ricopre l’incarico di primo ministro e nel 2014 viene eletto presidente con il 52 percento dei voti. Il 15 luglio 2016 il primo ministro Binali Yildirim annuncia che è in atto un colpo di stato da parte dei vertici delle Forze Armate, Erdogan, che in quei giorni si trova in vacanza, incita la gente a scendere in piazza contro l’esercito.
La Turchia non è nuova a simili gesti visto che il primo colpo di stato lo si ebbe il 27 maggio 1960, il secondo il 12 marzo 1971, il terzo il 12 settembre 1980 mentre il quarto, il 22 febbraio 1997, fu un velato golpe in quanto i militari chiesero ed ottennero le dimissioni del primo ministro Necmettin Erbakan.
La storia ci dirà se quello del 15 luglio 2016 è stato un colpo di stato oppure un tentativo, molto ben riuscito, da parte di Erdogan di sbarazzarsi delle opposizioni e di quei personaggi che ostacolavano la sua volontà di impossessarsi del potere e di concentrare nelle sue mani ed in quelle dei suoi fidatissimi lacchè le leve del comando totale. Tant’è che il 20 gennaio scorso il parlamento dopo tre settimane di dibattiti approva un pacchetto di 18 articoli di emendamenti alla costituzione che trasformeranno la Turchia in una robusta repubblica presidenziale così come vuole ed auspica Erdogan.
Ma perché ciò diventi esecutivo serve un referendum popolare che è stato fissato per il prossimo 16 aprile.
Non potendo contare su una maggioranza schiacciante e visto che anche all’interno del suo stesso partito sono sorti malumori e indecisioni, ha sguinzagliato ministri e vice ministri per il vecchio continente ove si concentrano massicce presenze di emigranti turchi. A partire dalla Germania ove vi sono oltre 2.600.000 turchi, e a Berlino sono più di 260.000. Il tour sarebbe dovuto iniziare dal Paese di Angela Merkel.
Il ministro turco della Giustizia , Bekir Bozdag, programma un comizio a Gaggenau, nel Baden-Wuerttenberg, ed il ministro dell’Economia, Nihat Zeybeckci, decide di parlare a Colonia. Dai sindaci delle due città giunge un secco no ad incontri con la comunità turca e nessuna autorizzazione ad esibirsi in pubblico.
La reazione di Erdogan è rabbiosa, convoca l’ambasciatore tedesco e nella conferenza stampa successiva dichiara: “Germania, tu non hai niente a che fare con la democrazia. Queste vostre pratiche odierne non sono affatto differenti da quelle del nazismo del passato. Pensavamo fossero finite, ma ci sbagliavamo”.
Non avendo compreso che aria tira in Europa Erdogan spedisce sul vecchio continente il ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu, a Rotterdam in Olanda. Questi prima di salire in aereo annuncia alla tv turca: “Se il il mio atterraggio sarà negato, le sanzioni contro l’Olanda saranno dure”. Le autorità olandesi prima ancora che Cavusoghu salga sull’aereo esprimono parere contrario al suo atterraggio.
Da l’Aja il consenso non arriva e l’aereo fa dietrofront.
Così commenta Erdogan: “Gli olandesi sono dei residui nazisti e fascisti”. Non meno morbido è il premier Binali Yildirim: “Ora non si può più considerare l’Olanda come un alleato”.
Dopo il terzo rifiuto chiunque avrebbe desistito. Invece il ministro della Famiglia, Fatma Betul Sayan Kaya, a Rotterdam ci arriva in auto dopo che anche a lei era stato comunicato di essere persona “indesiderata”. Nei suoi programmi vi è un comizio ma prima decide di recarsi al consolato turco.
Le viene proibito di entrare nella sede diplomatica e le viene intimato di uscire dal territorio olandese.
Fatma Betul Sayan Kaya rifiuta e, secondo gli spacci d’agenzia olandese, interviene un carro attrezzi che carica l’auto e la porta a Nimega a pochi chilometri dal confine con la Germania. Qui noleggia un jet privato e se ne torna in Turchia.
Erdogan fa chiudere le sedi diplomatiche olandesi di Ankara e Istanbul.
Intanto il premier danese, Lars Lokke Rasmussen, rimanda la visita con il suo omologo turco Yildirim ed emette un comunicato ove si legge “un simile incontro non potrebbe tenersi facendo astrazioni degli attuali attacchi portati dalla Turchia ai Paesi Bassi”.
Erdogan riceve miliardi di euro l’anno per non far passare migliaia di rifugiati che vorrebbero entrare in Europa. La sua minaccia è quella di aprire le frontiere e lasciarli andare. In previsione di giornate torbide si mette sotto braccio a Vladimir Putin. Ed il 16 aprile si avvicina.
Anselmo Faidit
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