Ancora attesa per conoscere la piena verità su Regeni
Nelle ultime ore è stato pubblicato il rapporto di Amnesty International sulle torture applicate nei vari Paesi del mondo. Giulio Regeni non è un caso isolato. In Egitto e in alcune aree nevralgiche del panorama internazionale la tortura sta diventando una pratica quotidiana. La verità dei fatti sul ricercatore friulano ucciso al Cairo è ormai nota. Non dobbiamo mai abbassare la guardia e far in modo che si arrivi al più presto all’accertamento di una verità giudiziaria, nella quale il governo egiziano collabori fino in fondo e si assuma le proprie responsabilità.
I diritti umani in alcuni Paesi vengono di continuo calpestati in particolar modo in Egitto nel continente africano, le Filippine in Asia, il Messico in America e alcuni Paesi satelliti dell’ex Unione Sovietica per la fascia euroasiatica.
Il 2016 è stato un anno orribile per le immigrazioni, l’anno peggiore dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, alimentata maggiormente dal conflitto in Siria con più della metà popolazione in fuga. Sinora i tentativi di trovare delle soluzioni pacifiche al conflitto sono stati solo interventi di facciata e infruttuosi che hanno evidenziato ulteriormente le divisioni esistenti a livello globale e locale. Molti richiedenti asilo vengono rifiutati da alcuni paesi della regione mediorientale e dell’Africa del Nord. La guerra siriana è la dimostrazione dell’inadeguata protezione dei civili a rischio, del sistematico fallimento da parte delle istituzioni a voler far rispettare il diritto internazionale.
Sino a quando il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite non adotterà iniziative sostanziali e proporzionate per porre fine ai crimini di guerra e ai crimini contro l’umanità, come pure per punire quanti ostacolano l’accertamento delle responsabilità nel momento in cui sono commessi o sono stati già commessi, nel mondo prolifereranno a lungo le guerriglie territoriali.
Nella crisi siriana si è constatato apertamente i danni provocati dall’IS, l’autoproclamato Stato Islamico (Islamic State), che ha potuto usufruire di uno scellerato commercio di armi.
E stranamente questo flagello planetario dell’inosservanza dei diritti umani si è propagato in occasione del 70° anniversario di fondazione delle Nazioni Uniti, costituite il 24 ottobre 1945, con l’intento di “risparmiare le generazioni future dal flagello della guerra” e di “riaffermare la fiducia dei popoli nei diritti umani fondamentali”, ma a distanza di oltre mezzo secolo il sistema di norme e istituzioni internazionali è all’altezza di affrontare e risolvere le sfide più urgenti dell’umanità sulla protezione dei più elementari diritti civili?
Gli strumenti oggi in possesso per la protezione non sono riusciti a impedire o a contenere le crisi umanitarie, a proteggere i migranti contro le gravi e palesi violazioni subite ma ancor meno sono stati in grado di promuovere l’accertamento delle responsabilità per le atrocità commesse.
I numerosi episodi verificatisi di recente a Beirut, a Tunisi, a Parigi e altri ancora hanno sollevato enormi dubbi circa il ruolo delle norme internazionali sui diritti umani nella lotta contro le minacce rappresentate dalla violenza dei gruppi armati.
Ciò che è successo a maggio scorso nelle isole Andamane nel Golfo del Bengala, in territorio indiano, è obbrobrioso: migliaia di rifugiati e migranti alla deriva in mare, senza acqua né cibo. O quello che accade nell’Africa del Nord e Medio Oriente a seguito della cosiddetta “Primavera araba” con repressioni quotidiane nei confronti delle opposizioni testimonia il fallimento del sistema globale e la mancanza di volontà ad invertire tendenza. In quella parte del mondo si continua a torturare, si assiste ininterrottamente a sparizioni forzate ed esecuzioni extragiudiziali, magari utilizzando espressioni linguistiche sofisticate come “tecniche d’interrogatorio rinforzate”.
Vi sono zone nelle quali la repressione è divenuta quasi una normalità e che viene fatta apparire come una necessità per garantire la sicurezza territoriale e la protezione dei valori nazionali. Le autorità di numerosi paesi hanno represso la libertà d’espressione informatica attuando, nel contempo, un vigoroso giro di vite sui dissidenti mediante l’impiego di strumenti quali arresto, detenzioni arbitrari, tortura e maltrattamenti che possono condurre anche alla morte.
Le politiche di demonizzazione il più delle volte favoriscono passi indietro nei confronti del rispetto dei diritti umani.
Le tante crisi presenti nei cinque continenti in questo 2017 potrebbero incrementare un ulteriore peggioramento anche a causa dell’assenza di leadership nel campo dei diritti umani. La politica del “noi contro loro” si sta diffondendo sempre più a macchia d’olio ovunque sostituendo al multilateralismo un ordine mondiale più aggressivo e poggiato sulla contrapposizione.
Michele Pacciano
Commenti
Ancora attesa per conoscere la piena verità su Regeni — Nessun commento
HTML tags allowed in your comment: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>