Marco Stabile, chef della crescita nella tradizione
Alcune idee di Marco sono paragonabili alla scoperta dell’acqua calda o al classico uovo di Colombo. Eppure sono state anche queste idee ad ampliare il suo alone di notorietà, insieme ad una pregevole professionalità. Marco Stabile, classe 1973, fa parte della nuova generazione dell’eccellenza italiana tra i fornelli.
Eccellenza che ha consentito alla Guida Michelin di stellare 334 ristoranti lungo la penisola e le due isole, ponendoci in questa invidiata graduatoria al secondo posto alle spalle dei cugini d’oltralpe, precedendo inglesi, spagnoli e il resto dei due emisferi. Nel 2016 e in questo inizio 2017 i nostri chef sono premiati in tutto il globo, insegnano ovunque le raffinate tecniche della ristorazione e sono ottimi ambasciatori dei nostri prodotti agroalimentari e della nostra superba produzione enologica.
Firenze in quanto a cultura, a storia, ad arte e tradizione culinaria è nella primissima fascia con un ristorante tre stelle, Enoteca Pichiorri,
e ben sei stellati in attesa che, prima o poi, consegnino la doppia stella. In rapporto alla dimensione urbana supera, come ristorazione elitaria, sia Roma che Milano e Napoli.
Marco Stabile, alla pari di tanti suoi colleghi, si affeziona e riceve i primi insegnamenti tra le mura domestiche dove la madre gli trasmette principalmente amore e passione per la cucina. Da bimbetto invece che trastullarsi con i coetanei nelle viuzze di Pontedera (Pisa) studia e assiste la mamma nella preparazione per il desinare. Si rende conto quale sarà il suo domani e si iscrive all’alberghiero di Firenze che diventa la sua seconda dimora. Conquistato il pezzo di carta in tasca fa esperienza con Guido Sabatini, Marcello Crini e infine Gaetano Trovato. Apprende e conserva. Sarà Gaetano, insieme al fratello Giovanni titolari del due stelle Arnolfo, a trasmettergli l’impronta da chef.
Il giorno in cui comprende che il mestiere l’ha imparato decide di lavorare per se stesso ed il 5 settembre 2005 taglia il nastro a Ora d’Aria in fondo a Via Ghibellina, dalle parti delle vetuste Murate. È una zona cuscinetto, né centro e nemmeno periferia. Distante dal caos turistico e lontano dall’ambiente borghese. Poche volte fa il “completo” però intanto comincia il tamtam tra gli intenditori raffinati e agiati.
È contento ma non troppo e così non appena viene a conoscenza che in Via dei Georgofili, situata tra Ponte Vecchio, Piazza della Signoria e Galleria degli Uffizi, vi sono dei locali disponibili non ci riflette molto e si trasferisce. Il 10 giugno 2010 taglia il secondo nastro. Tanti applausi e tanti abbracci. Otto tavoli con vista cucina, poi un’accurata e comoda scalinata conducono al piano inferiore dove trovano posto sei tavoli con vista cantina, oltre al tavolo dello chef per chi desidera godere di ulteriore riservatezza.
Marco pare il simbolo della pacatezza e della tenacia.
“Via Ghibellina mi ha fatto comprendere che si poteva crescere ed ambire a qualcosa di più importante. Sin dal primo giorno abbiamo puntato ad una clientela selezionata non tanto dal punto di vista economico quanto per il gusto e la competenza. A mio parere negli ultimi lustri vi è stata un’ammirevole crescita sia di cuochi che di intenditori a tavola, ovviamente ciò diventa uno stimolo per noi. Oggi abbiamo una clientela più variegata, a differenza di ieri che erano quasi solo italiani, Via dei Georgofili è il cuore di Firenze e gli stranieri sono sempre numerosi e gaudenti”.
Alain Ducasse, il principe della ristorazione intercontinentale, tempo fa ha dichiarato che quando gli italiani scopriranno l’eccellenza dei loro prodotti agricoli nessuno potrà ostacolare la loro leadership.
“Il nostro non è solo il giardino d’Europa ma lo è del pianeta, ciò che producono i nostri terreni in nessun altro Paese lo si trova. Finalmente ci stiamo accorgendo di questa ricchezza e nella maniera in cui utilizzarla. Ovvio che in cucina serve bravura e professionalità ma se ti manca la materia prima adeguata le potenzialità di crescita si riducono abbastanza. Abbiamo riscoperto e rivalutato tante ricette del passato aggiungendoci un pizzico di fantasia e creatività senza discostarci dagli antichi sapori”.
Altra innovazione è il chilometro zero.
“Ogni regione possiede delle peculiarità gastronomiche che devono essere sfruttate ed evidenziate in cucina, come facevano le nostre nonne. In simil modo si può controllare direttamente il prodotto durante le varie fasi di maturazione e di raccolta. Ciò diventa una garanzia di freschezza e di genuinità per chi siede a tavola, oltre ad allacciare un rapporto più stretto con il proprio territorio”.
In giro si racconta un tuo aneddoto sul tartufo.
“Sì, è successo qualche mese fa. A luglio scorso un pomeriggio ricevo una telefonata per conto di clienti di alto rango che avrebbero gradito un primo al tartufo, senza badare a spese. Siccome utilizzo esclusivamente prodotti freschi ho spiegato che il tartufo bianco lo si trova da ottobre a dicembre, in altro periodo dell’anno può essere di indubbia provenienza. La persona che mi ha telefonato ha provato ad insistere ma poi ha compreso che per me la correttezza e la professionalità non si barattano neppure con cifre importanti. Da me non hanno cenato, mi è dispiaciuto però non sono avvezzo alle mistificazioni”.
A novembre 2011 Michelin ti ha premiato con la stella, Firenze è priva di un due stelle.
“L’obiettivo che mi sono sempre posto è quello crescere in qualità. I premi e i riconoscimenti non possono non piacere, diventano una gratifica per lo chef e per il suo staff, però non devono divenire un chiodo fisso o un’esibizione. Gli ispettori della Michelin sono persone preparate e corrette, svolgono il loro compito in maniera ammirevole”.
Un ristorante stellato è pressoché proibito a chi dispone di un portafoglio denutrito, però tu ti sei inventato le tapas, una specie di scoperta dell’acqua calda o dell’uovo di Colombo (le tapas sono piccoli spuntini nati in Andalusia nell’Ottocento, si mettevano in un bicchiere che veniva coperto da un tappo – tapa – per tenere a distanza le mosche).
“Ho preso spunto dalle usanze spagnole infatti, le portate possono essere di doppia scelta: un piatto normale al prezzo del menù e in alternativa offriamo le tapas, ovvero una dimensione ridotta con un prezzo quasi dimezzato. A volte ci si siede a tavola per un assaggino, per una degustazione o per scoprire un nuovo sapore o magari per qualcuno che vuol godere la raffinata atmosfera dell’Ora d’Aria”.
Ci troviamo a due passi da Palazzo Vecchio il cui precedente inquilino è un tuo estimatore.
“Matteo Renzi nel suo periodo di governo cittadino spesso lo abbiamo avuto gradito ospite, parecchio meno quando è divenuto capo del governo. Il suo primo preferito erano i maccheroni del Martelli con olio, parmigiano e pepe, per secondo la tartara di manzo. Due piatti incantevoli che allietano il palato e ravvivano il piatto di colori e aromi”.
Con l’acquolina in bocca, da parte mia, ci sorridiamo con la promessa di rivederci tra non molto, magari per festeggiare qualcosa.
bruno galante
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